Vent’anni fa è stato il primo. A far conoscere in città i ramen. Ora divenuti un cibo cult. Sì, fu proprio Naoko Aoki ad aver l’illuminata idea di aprire a Milano, nel lontano 1999, un ristorante capace di proporre la celebre zuppa orientale. Proprio lei che di zuppe poco s’intendeva, occupandosi di moda. Figlia di insegnanti e con in tasca una laurea in lingua francese presa in Giappone, era presto entrata a far parte del mondo del fashion, zigzagando fra Tokyo, Milano e Parigi. Dove nota il grande successo dei ramen. Così, incoraggiata dal patron del Ristorante Osaka della Ville Lumière, decide di inaugurare il “suo” Osaka nel capoluogo lombardo. Inizialmente col socio nippo-parigino. Per poi rilevare tutte le quote nel 2009.
“Rispetto agli esordi la nostra clientela si è evoluta. All’inizio i nostri clienti erano soprattutto giapponesi. Il ramen non era molto popolare fra gli italiani. Del resto, in Italia la cultura della pasta ha radici molto profonde. Ma oggi, grazie al boom globale della cultura giapponese e a una maggiore propensione verso nuove esperienze della tavola, l’80% dei clienti sono italiani. Molti giovani e giovanissimi, ma anche persone adulte che hanno imparato a conoscere e apprezzare sia il pesce crudo sia la cucina giapponese tradizionale - ramen, onigiri, tempura, curry rice - e sono anche molto più coscienti e in grado di distinguere la qualità degli ingredienti e dei piatti”, spiega Naoko. Che per le celebrazioni del ventennale ha orgogliosamente indossato il kimono.
Un traguardo importante. Raggiunto con passione, determinazione e con la volontà di creare uno spazio su misura per far vivere al commensale una profonda esperienza giapponese. Fatta di gesti sapienti, di pietanze autentiche e di quell’armonia dell’assaporare che il Sol Levante definisce con la parola - formata da due kanji - washoku. Un luogo inondato dalla calma, da geometrici arredi in legno e da una zona “alta” ancor più riservata e ovattata.
In cucina? Chef Ikeda, al ristorante Osaka da ben diciotto anni. Affiancato dal sous-chef Takimoto, che invece ha imparato a cucinare proprio nella città di Osaka. Risultato? Un proposta senza compromessi, eccezion fatta per qualche concessione alla sperimentazione. Tant’è che sushi e sashimi rimangono i capisaldi dell’insegna, ma poi si avvicendano le takoyaki (le tipiche polpette di polpo), lo shiokara (calamaro a fettine marinato nel sale e nella crema del suo fegato), l'unagi kabayaki (anguilla italiana grigliata in stile kabayaki) e la kamayaki, guancia di pesce alla griglia. Da scegliere fra salmone, orata, branzino, ricciola.
E ancora il gyokay tempura, un tempura misto di pesce (gamberi, capesante, seppie e pesce bianco) e verdure, nonché la tagliata di filetto di wagyu beef, proveniente da Kagoshima. Wagyu proposto anche in versione sukiyaki, cotto direttamente a tavola, su un fornello. Il bello? Terminate carne e verdure, nella pentola che le conteneva vengono cotti gli udon. Per un rituale completo.
E i ramen? Eccoli, rigorosamente fatti in casa, impastando farina di grano tenero, uova e acqua. Per poi essere serviti in brodo di carne con salsa di soia, in brodo di carne con pesto di soia e miso, in brodo bianco di carne di maiale e anche senza brodo: con pancetta di maiale, uovo crudo, olio di sesamo e carne da versare live per poi mescolare il tutto. Non dimenticando l’opzione ramen freddi, ottimi per l’estate, accompagnati da verdure e prosciutto.
Pietanze tradizionali. Alle quali si affiancano due portate speciali, pensate per celebrare i vent’anni del ristorante. Voilà il “Bento Osaka 20th Anniversary", disponibile dal 18 giugno per una sola settimana (a 20 euro). Nell’iconica scatola laccata? I diversi “scomparti” ospitano verdure al vapore, dashimaki tamago (frittatina giapponese), filetto di maiale, petto d’anatra, pollo e gambero fritti, granchio marinato, sashimi e pesci alla griglia. A corredo: riso bianco, ortaggi sott’aceto e un mini ramen.
A cena, dal 25 giugno e sempre per una sola settimana (a 20 euro) ecco invece l’antipasto misto chiamato “Hassun”. Un giro esperienziale la cui composizione può sempre cambiare. Inanellando pietanze crude, marinate, cucinate alla griglia, saltate in padella e fritte. Per un excursus di differenti texture e temperature. Tenendo fede al Sol Levante.
Giappone che se ne sta anche dirimpetto al ristorante di corso Garibaldi. Al civico 81, dove madame Aoki ha aperto nel 2007 la boutique g81. All’interno? Originali griffe italiane ed europee, ma anche tanto Giappone, cui è dedicata un’intera area. Una vera e propria vetrina per la cucitura nipponica, qui espressa in moderni oggetti per la casa, accessori di design, le immancabili e preziose hashi (bacchette) e ornamenti come kimono, haori (la giacca del kimono) e haramaki, lo scalda-vita Japan style. Un luogo dove conoscere le tendenze orientali. E anche partecipare a corsi di ikebana (l’arte della composizione floreale), origami (l’arte di piegare la carta), shodo (la tecnica di scrittura giapponese) e kintsugi, l’antica ars di rivitalizzare gli oggetti in ceramica rotti, saldando frammenti e ferite con la polvere d’oro. Un saggio esempio di valorizzazione dell’imperfezione, in grado di sublimare in una nuova forma estetica dalla forza magnetica.
Foto di Francesco Mion