Fluido. Liquido. Fluttuante. Se lo si volesse paragonare a un tempo musicale sarebbe indubbiamente “andante”. Se lo si dovesse sublimare in un animale sarebbe un pavone. Con la coda aperta, iconica e iridescente. Nishiki è così: soft, sofisticato e vellutato. Un luogo nel quale sprofondare nella bellezza smeraldina di un lago o nella luce calma di un bosco ombreggiato. Sì, perché le superfici in resina lucida dei tavoli tondi e quadrati - incorniciati da ottone anticato - ripescano dalla memoria il colore del Lago delle Fate di Macugnaga, ai piedi del Monte Rosa, dove il titolare Xiaobo Zhou soleva trascorrere momenti sereni. Mentre i sinuosi divani e le avvolgenti sedute riprendono i toni del blu petrolio e del verde: quello del pantone 19-4524 shaded spruce. E dal soffitto scendono onde in maglia metallica color Champagne, rammentando il fascino ieratico e fantasmatico di un’aurora boreale.
Uno spazio seducente e coinvolgente Nishiki. Nato una dozzina di anni fa e rinato lo scorso anno grazie al restyling firmato dallo studio di architettura Naos Design. In un milanese corso Lodi lungi dall’essere “fuori rotta”. Piuttosto al centro del nuovissimo Quartiere Scalo Romana, alimentato dall’arte e dalle idee della Fondazione Prada e della Fondazione Filarete, incubatore di start up ad alto tasso di innovazione tecnologica. Imprenditori illuminati e lungimiranti mister Zhou e la moglie Alessandra quando già nel 2005 decisero di acquistare i locali al civico 70 per aprire Nishiki. Facendone prima un classico ristorante orientale, per poi cambiargli la pelle. Trasformandolo così in un’insegna che se da un lato rimane ancorata - almeno per il nome che porta - alla cultura giapponese dell’antica Edo (l’odierna Tokyo) e al periodo artistico delle stampe policrome e del mondo fluttuante ukiyo-e, dall’altro si proietta verso un tempo contemporaneo, fatto di influssi cosmopoliti.
Il risultato è un ristorante morbido e ondeggiante, dall’aura elegantemente vintage e rétro, pronto a dipanarsi in diverse sale. Alle quali si aggiungono sei salottini-privé, dove rifugiarsi fra i tatami, per vivere il pranzo o la cena in totale riservatezza. E al centro del tutto? Il maestoso - eppur essenziale - bancone del sushi, teatro live per la lavorazione del pesce crudo. Mentre le pietanze calde vengono preparate nella cucina. Celata da una vetrata fumé.
Xiaobo e Alessandra hanno saputo creare un ambiente incantato. E il merito va alla cordiale solarità di lei e all’indubbia esperienza di lui: classe 1978, radici nelle campagne dello Zhejiang e a soli 12 anni un definitivo approdo in Italia. Per raggiungere il padre cuoco. Da lì le vacanze vicino al Lago delle Fate ma anche tanto lavoro. In numerosi ristoranti nipponici e oriental oriented, a Milano ma pure in Franciacorta. Sino alla creazione di Nishiki. E all’entrata in società di altri due locali “meneghini” - il Cinquantadue e lo Zen - nonché l’apertura del new Niwa di Como.
Niwa, che dà il nome agli speciali roll introdotti in carta. Uramaki preziosi, per la foglia d’oro che esibiscono al top. Gustosi, per gli ingredienti che contemplano: spicy tuna, avocado, philadelphia, toro (ventresca di tonno), caviale e kizami wasabi, ossia foglie fresche di wasabi. Per un’equilibrata piccantezza.
Ventresca che torna. Divenendo protagonista, sotto forma di carpaccio, del “Toro new style spoon”. Come? Avvolgendo le capesante e svelando gamberi rossi di Mazara del Vallo, ikura (uova di salmone), katsuobushi e tartufo. Umami e anima mediterranea. Tutto in un sol boccone, servito su candidi cucchiai in ceramica.
Gamberi di Mazara, capensante e tartufo presenti anche nei prelibati roll “Red Emotion”, ma in tondeggiante silhouette e con la complicità delle zucchine. Mentre per chi ama la carne è perfetto il raffinato ”Angus Roll”: tempura di asparagi, avocado, angus, foie gras e salsa Nishiki.
Un’altra leccornia? Eccola: il king crab, granchio reale accompagnato da crema di avocado, granella di pistacchi e foglie di wasabi. Delicato e determinato.
Un po’ come soavi ma decisi sono pure gli yaki soba (di grano saraceno) al tè verde con verdure saltate e bottarga.
E se la julienne di calamaro sposa uovo di quaglia, caviale, brodo dashi, salsa di soia e aceto di riso, la piovra viene cotta a bassa temperatura (a 60°C per 6 ore). Per poi incontrare verza, avocado e shichimi, nipponica miscela di sette “spezie e aromi” (in genere, peperoncino, scorza di mandarino, pepe di Sichuan, alga nori, semi di sesamo, papavero e canapa).
E per un effetto wow? Trancio di salmone al fumo, con tanto di campana di vetro a rivelare la pietanza, affumicata al legno di quercia e corredata di fettine di avocado, tartufo nero, sale nero di Cipro e ikura.
E in pairing con i piatti? Vini italiani ma anche sake, selezionati dal sommelier Flavio Parolin. Il Dewazakura Tsuyahime per esempio, un ottimo junmai ginjo da servire fresco e al calice. In alternativa? Un millesimato 2011 pas dosé di Contratto, cantina di Canelli che in questo metodo classico unisce con grazia e gentilezza pinot nero e chardonnay. E con i piatti più complessi? Il “Cavallina” di Claudio Mariotto, intensa e sapida espressione delle uve timorasso di un vigneto di mezza età, in località Vho.
Ai dolci ci pensa invece la pastry chef Sonia Latorre Ruiz: origini colombiane, una lunga esperienza in Perù per conoscere da vicino il cacao, e poi Belgio, Spagna e Milano. Dove ha da poco aperto la sua pasticceria Dolcelino (con la socia Olivia Cucalon). E dove studia ad hoc i dolci per Nishiki. Come il “Tonka”, summa di mousse alla fava tonka, cristalli d’arancia, cremoso al cassis, gelatina di Prosecco e sablé bretone. Oppure il “Cuba”: cremoso e pralinato alla nocciola, brownie e gelatina di fragola su streusel. Coerenti con il mantra della contaminazione e della massima integrazione degli ingredienti.
Nishiki è sempre aperto a cena, mentre è chiuso a pranzo il lunedì e la domenica.