Ha otto "figli". E l’ultimo è nato proprio lo scorso anno. Là, in quella Toscana che a lui, il visionario e illuminato Bulleri, diede i natali, nel lontanissimo 1925. Sì, ha avuto un "figlio" a 93 anni e l’ha chiamato Giacomo Pietrasanta, perché di stanza in via del Marzocco 19, nel cuore dell’illustre cittadina tutta arte e cultura. A pochi passi dalle spiagge della Versilia.
Giacomo Pietrasanta. Che poi somiglia un po’ al fratello maggiore, il Ristorante Da Giacomo: quello in via Pasquale Sottocorno 6, a Milano. Partorito negli anni Novanta e a sua volta evoluzione della Trattoria Da Giacomo, fondata nel 1958. Insomma, una lunga storia quella di monsieur Giacomo (incoronato anche con l’Ambrogino d’Oro) che ad oggi conta otto insegne: sette nell’urbe lombarda e una nella bella cittadina di pietra vestita. Otto locali, tutti diversi, tutti con una spiccata personalità. Anche se con un forte leitmotiv comune: uno stile sobrio, salottiero, ovattato, elegante e mai sfacciato; un respiro cosmopolita; una grande fede nei valori dell’italianità e un costante rendere onore alla qualità. A partire dalle materie prime utilizzate e dai prodotti selezionati. Capaci di valorizzare tutta la filiera agricola. In un iter che parte dalla terra, dai contadini, dagli agricoltori, dagli artigiani per arrivare alle tavole, ai salotti e agli scaffali di tutti i locali. Terrazza vista Duomo inclusa. Certo, quella di Giacomo Arengario, il ristorante ai piani alti del Museo del Novecento. Con le fascinose period room, con la vertiginosa loggia in ferro e vetro affacciata sulla piazza e anche con il nuovo head chef Emanuele Settel, affiancato da José Carlos Otoya Angulo.
Un occhio sempre attento al mondo rurale quello di Giacomo Milano. Che mette la sua griffe su vasi, vasetti, barattoli e bottiglie, non dimenticando mai di indicare produttore, provenienza e, ovviamente, data di scadenza. Dando voce a coloro che le mani le mettono nei campi, prima ancora che in pasta. Rigorosamente di Gragnano, targata dal Pastificio Antiche Tradizioni: una famiglia di “maccaronari” giunta alla quarta generazione. Che utilizza l’acqua della sorgente del Monte Faito (la vetta più alta dei Monti Lattari) e il grano duro delle zone di Sorrento, Campobasso e Tavoliere delle Puglie. Per penne, paccheri, linguine e spaghetti trafilati al bronzo ed essiccati in maniera slow.
Pasta che chiama all’appello il pomodoro. Anzi, i preziosi pomodori del piennolo del Vesuvio, anche in versione passata. Siglati dall’azienda agricola Sole e Terra del Vesuvio e così chiamati perché raccolti e sistemati a grappoli pendenti, in attesa di una lenta e paziente maturazione. Pomodori rossi, ma pure gialli. Che, trasformati in crema, divengono complici di una bruschetta con salame di coda di vitello e fondo bruno. Come quella preparata da chef Settel. Mentre la salsa di verdure in agrodolce sposa piacevolmente crescenza e pan brioche. Una salsa green, firmata dall’agricola maison piacentina di Emanueli Francesco. Che per Giacomo produce pure miele di tiglio - limpido e aromatico - e miele di melata, di color bruno. Ideale con il parmigiano reggiano.
E poi? C’è l’olio extravergine. O meglio, sono due gli oli scelti da Giacomo. Uno toscano, blend di cultivar moraiolo, pendolino, leccino e frantoio, prodotto dalle biologiche fattorie delle sorelle Francesca e Carolina Inghirami, a pochi chilometri da Volterra. L’altro è invece siciliano, figlio delle olive nocellara del Belice e biancolilla dell’azienda di Marco Bonsignore, a ridosso della Valle dei Templi di Selinunte, nel comune di Castelvetrano, in provincia di Trapani. Non dimenticando i carciofi a spicchi grigliati, le melanzane e le zucchine sott’olio by Verticelli. Che nel Casertano mette in vetro pure le peschiole, una vera rarità gourmand. Si tratta infatti di pesche nane (simili alle olive) che non hanno ancora sviluppato il nocciolo. Risultando tenere e fragranti. Conservate sott’aceto, ricavato da un’uva autoctona dell’Agro Aversano quale l’asprinio. Mentre nel calice finisce il Valdobbiadene Prosecco Superiore extra dry “Jeio” by Bisol. Che il bar manager Fabrizio Tozzi sublima in un inedito “Spritz 2.0“, complici Aperol, Cynar, limone e slice di cetriolo.
Gourmandise di classe. Rielaborate nelle pietanze delle diverse insegne - oggi guidate da Tiziana, figlia di Giacomo, e dal marito Marco Monti - oppure da acquistare negli stessi locali. Dallo storico Ristorante Da Giacomo al vicino e più informale Giacomo Bistrot, a metà strada fra un locale francese e un vecchio club inglese. Dalla Rosticceria alla Pasticceria Giacomo, passando per La Tabaccheria, inanellando i civici 5 e 36 della meneghina Sottocorno. Per poi far tappa da Giacomo Caffè - all’interno di Palazzo Reale - e da Giacomo Arengario. E non trascurando lo spazio di Pietrasanta. Con corredo di dehors.
Progetto prossimo venturo? I lavori di ampliamento del ristorante primogenito, il capostipite, al tempo plasmato da Renzo Mongiardino e oggi coerentemente “ritoccato” da Roberto Peregalli e Laura Sartori Rimini, ideali eredi del grande archistar. Pronti a creare una nuova e charmant sala bar. L’inaugurazione? È prevista per i primi di settembre.