La costellazione dello storione
Le sue uova sono vere star: nere, nobili e preziose. Ma non di solo caviale è fatto lo storione. Anche la sua carne può essere prelibata se ben valorizzata. Ben lo sa Federico Beretta, che al suo Feel Como lo prepara tonnè, alla maniera lombardo-piemontese. "La sua texture ricorda quella del vitello. Da qui l'idea di una rilettura in chiave lacustre", spiega Federico. Che fa rosolare in padella lo storione per poi completarlo con polvere di capperi, spugna di lattuga, gelato all'extravergine, caviale Calvisius Da Vinci e una sauce tonno free, pronta ad accogliere uovo sodo, salsa di pollo e agone al cubo: fresco, in missoltino e in colatura di missoltino. Giusto a ricordar l'acciuga, che qui non c'è. Perché vien dal mare e chef Beretta e la moglie Elisa Forlanelli (perfetta padrona di casa) seguono la loro feel-osophy, rendendo onore al lago, al bosco e a tutto l'arco alpino.
Esaltando i suoi prodotti e produttori. E proponendo anche lavarello (con frutti rossi, Gin Z44, timo, rabarbaro e sedano rapa), salmerino affumicato (con menta, erbe aromatiche, lamponi, rafano e gel ai fiori di sambuco), pesce gatto (stufato in latte, nocciole e peperoni, per divenir farcia di ravioli impreziositi da germogli di fiori di montagna) e anguilla bbq (con crema di mais, a rimembrar la polenta, gelée di patata arrosto, salsa barbecue alla barbabietola e rafano, pioppini e polvere di finferli e porcini). E ancora, persico con riso, salvia, limone ed erbe; e missoltino in dark carbonara: tagliolini homemade (al carbone vegetale), con uovo nero (by Moropark di Olgiate Comasco) e zincarlin, formaggio Presidio Slow Food.
Un vero bardo delle dolci acque mister Beretta. Tanto da aver partecipato a pieno titolo alla prima tappa del Movimento Gente di Lago, l’onda “rivoluzionaria” voluta da Marco Sacco, patron del Piccolo Lago di Verbania, che punta l’attenzione, facendolo divenire motivo di discussione ed evoluzione, sul tema della salvaguardia delle acque interne. Perché, come sostiene lo chef bistellato: “I fiumi e i laghi sono una grande metafora della connessione che ci lega tutti, l’uno con l’altro”. Un movimento alimentato da cuochi, pescatori, ricercatori scientifici ed esperti ittiologi. Che annunciano già il prossimo appuntamento: il 12 ottobre, a tu per tu proprio con monsieur storione, pesce che vive per lo più in prossimità delle foci dei fiumi. Un evento che giunge dopo due step importanti: quello a tutta trota (in primavera) e quello a tutta carpa (in estate).
Una carpa da scarpetta
“La carpa è come il contrabbasso. È placida e coinvolgente al tempo stesso”, spiegava una sera di mezza estate, davanti a un pubblico gourmet, Eleonora D’Onofrio, vocalist della band BrokenCircle, poliedrico gruppo country capace di attingere dal patrimonio folk Seventy per regalare un sound contemporaneo. Mentre sommozzatori-cantinieri pescavano bottiglie di Bellavista messe in fresco sul fondale del Mergozzo lake e una serie di chef consacravano un pesce troppo spesso (a torto) poco considerato.
Eccola allora la carpa, firmata Alessandro Gilmozzi de El Molin di Cavalese: marinata nel Gilbach.gin, con lardo di montagna, tartare di grigio alpina alla camomilla, gelato alle sarde di lago, cialda croccante di pasta Monograno Felicetti (khorasan kamut), falso mirtillo e crumble alla bordolese in versione alpestre, con menta, mela candita, cetriolo di campo, polline e pesto di abete. Per una carpa raffinata, vagabonda ad alte quote. Finiva invece in conserva la carpa di Matteo Maenza, executive chef de Lefay Resort & Spa Lago di Garda: cotta in un brodo (delle pelli e della testa della stessa), spolpata e poi rimessa nella salsa di cottura, insieme alla portulaca. Una pietanza elegante e ghiotta, da cogliere col cucchiaio, con la polenta… o con un buon pane da scarpetta.
E anche Maurizio Serva de La Trota dal 1963 di Rivodutri - nella Sabina Reatina, non lontano dalla Riserva Naturale Lago Lungo e Ripa Sottile - santificava il “carpa diem”, cuocendo in padella il pesce, avvolto da una crosta di semi di papavero, quasi a emular la pelle di cui era stato privato. Per poi incontrare una maionese cotta di patate e rape rosse. “Un salsa provocatoria”, precisava Maurizio. “Visto che tutti dicono che la carpa sa di terra e fango l’ho voluta accostare a una maionese preparata proprio con due prodotti terragni, però capaci di regalar freschezza”. Per un piatto leggero e delicatissimo. Così come soave era la mozzarella di lago by Renato Bosco, patron della saga veronese Saporé: panino al nero di seppia cotto al vapore, carpa mantecata, pomodoro alla base e cipolla in saor al top. Complici extravergine e origano. Bocconi da maestro.
E se Marco Sacco metteva a punto un riso in bilico fra nord e sud - con peperone crusco, persico del Maggiore, cipolla ramata di Montoro e capperi di Pantelleria - il suo pastry chef Andrea Valle creava un dessert-sfera da pescare col retino. Geniale summa di crema di cioccolato bianco, anguria (in osmosi con la menta), crumble di lattuga di mare e bottarga di trota. Mentre nei bicchieri finivano i cocktail di una barlady come Cinzia Ferro dell’Estremadura Café di Suna, Verbania. Che faceva sbocciare “Il fresco giardino sul lago”, a base di gin, vermouth bianco, sciroppo di bergamotto, foglie di basilico e zucchero di canna.
Progetti in movimento
Gente di lago impegnata dunque. Non solo a parlare, ma pure a studiare, a cucinare e a pensare. E i risultati stanno arrivando. Il Lago di Mergozzo, considerato dagli esperti il più pulito d’Europa, è attore (insieme al fiume Toce) di un grande progetto europeo quale IdroLife, finalizzato alla salvaguardia della biodiversità ittica. “Tra le specie oggetto di intervento ci sono la trota marmorata, il pigo e la savetta, presenti nei nostri laghi e in alcuni grandi corsi d’acqua tanto tempo fa e attualmente in pericolo di estinzione, a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e delle modificazioni degli habitat”, come spiega Pietro Volta, ittiologo dell’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pallanza. E il Lago d’Orta non è da meno. Il bacino è infatti protagonista del progetto IttiOrta, per il risanamento e il ripopolamento delle sue acque. Con la reintroduzione di coregone, lavarello e agone.
E poi? Ci sono gli chef, quasi petrarcheschi patriarchi delle loro chiare, fresche e dolci acque. Ne sono un esempio Marco Sacco per il Lago di Mergozzo, Antonino Cannavacciuolo per quello d’Orta, Federico Beretta per il Lario e Leandro Luppi per il Garda. Visionario Leandro, patron stellato della Vecchia Malcesine, cui va il merito di aver ideato per primo, anni fa, una kermesse quale Fish & Chef. Ormai divenuta una boa di riferimento gastronomico.