Loro sono stati i primi. A farlo e a venderlo in vaso. “Ci piaceva l’idea di proporre il panettone in modo diverso. Svecchiandolo un po’. Senza scatole da scartare”. Non tanto nel senso di aprire, bensì in quello di gettare. Così, Riccardo Gasparin, uno dei due Baghi’s - l’altro è Fabio Pellizzari - racconta come nasce il progetto di realizzare prima il panettone e poi i “Pandolci” cotti in vaso. Weck s’intende. E non sottovuoto come verrebbe da pensare, ma in forno tradizionale: a 170°C per una quarantina di minuti. “Noi sotto vetro già mettevamo i cookies. Da qui l’idea di cuocervi il panettone. Senza creare alcun rifiuto. Perché il vaso lo tieni e lo riutilizzi”, prosegue Riccardo, ponendo l’attenzione sul riciclo intelligente di un packaging che diviene attrezzo da cucina. “E poi dietro a tutto questo vi è pure il pensiero di un’intima condivisione. Certo. Immaginavo due persone sedute sul divano, intente a consumare il panettone direttamente dal suo contenitore”.
Un guizzo di genio, visto il successo. Unito a tanta passione, puntiglio e determinazione. Quella di due amici e di un’avventura nata un po’ per caso. Un lustro fa, nel 2013. Due soci con due storie diverse. Da un lato Fabio, detto Baghi: classe 1982, originario di Castelfranco Veneto, studi all’alberghiero, corsi di approfondimento sui lievitati col maestro Rolando Morandin e alla Cast Alimenti di Brescia e presto al lavoro nella gastronomia di famiglia, in quel di Loria, in provincia di Treviso. Dall’altro Riccardo: classe 1976, radici a Cittadella (Padova), analista contabile, responsabile amministrativo in varie aziende e amante del cibo e del vino. “Avevamo alcuni amici in comune e così pure noi siamo diventati amici. Poi ho iniziato a dare una mano nella gastronomia dei Pellizzari, sino a quando la mamma di Fabio ci disse: perché non vi mettete a far panettoni? E abbiamo iniziato. Con un colpo di testa”, spiega fiero Riccardo, rammentando il suo sliding door alla soglia dei quarant’anni.
E così i due veneti temerari partono. Col nome di Baghi’s. E con un’impastatrice e un forno in una stanza. O meglio, in un ex negozio di Riese Pio X. “L’unico posto che trovammo”, dichiara Gasparin. Che insieme a Pellizzari si fa coraggio. Forte del consenso ricevuto inviando alcuni prodotti al Merano Wine Festival e al Taste di Firenze. La prova del nove. Riuscitissima. Tant’è che nel 2016 si spostano - a Castello di Godego - e si allargano. Gestendo tuttora un laboratorio e un magazzino di 500 metri quadrati, con corredo di piccolo negozio (aperto tutti i giorni, dalle 9.30 alle 17). Non solo. In soli quattro anni inanellano una dozzina di premi al Great Taste Awards di Londra (l’oscar del fine food) ed entrano a far parte del prestigioso circuito dei Petra Selected Partners, targato Molino Quaglia.
Fatto sta che oggi il loro panettone con arancia candita (in casa) e uvetta è un must. Così come dei cult sono tutti i pandolci sotto vetro. Grazie alla loro trasparente bontà, ma pure a un’immagine giovane e vivace, pensata da mister Gasparin. Prodotti semplici, slow e al contempo smart. A misura d’uomo: da 200 grammi il panettone e da due etti e mezzo i pandolci. Arricchiti da pregiati distillati. Aggiunti (post cottura) all’impasto: che contempla farina macinata a pietra Petra 1, lievito madre, burro belga ottenuto per centrifuga e uova a chilometro cortissimo - by Dallan di Vedelago -, rotte rigorosamente a mano, una ad una. Ecco allora prender forma il “Torchiatone”, pandolce all’uva passa e Torchiato di Fregona Colli di Conegliano Piera Dolza (da vitigni glera, verdiso e boschera), che mutua il nome dalla pietra morbida e facile da lavorare delle locali Grotte del Caglieron. Della serie, quando una golosità dà visibilità al genius loci.
Per proseguire col pandolce all’arancia candita e al Colli Euganei Fior d’Arancio Passito “Alpinae" di Vignalta; quello al “Limoncello” della Costa d’Amalfi, nonché quello al “Mojito" e limone candito homemade. Senza dimenticare un terzetto d’eccezione, che vanta tre prodotti top della distilleria di montagna La Valdôtaine, con sede a Saint Marcel, in terra d’Aosta. Voilà il “Ratapan”, con il Ratafià delle Alpi (liquore dolce, a base di ciliegie) e amarene candite; il “Vermount”, con marron glacé e Verney, un vermouth alpino; e il particolare “R75”, che rende omaggio alla grappa barricata dalle nuance fumé. Complici gocce di cioccolato fondente Pacari, che in lingua quechua significa “natura”: un “premium organic chocolate from tree to bar”, come recita il suo claim. Per un progetto etico, equo ed ecuadoriano.
Cioccolato che torna (insieme alle amarene) nell’ultimo nato: il “Ruby” virtuoso del Porto della maison portoghese Bulas. “Ci siamo andati questa estate”, puntualizza Riccardo. A conferma che dietro a ogni collaborazione ci sono pure stima e condivisione d’intenti. Mentre il “PanLabi” è stato creato su misura per il birrificio artigianale vicentino Labi Beer, complice “laNera”, birra scura e corposa; e il "Pan Marcel" vanta le stesse erbe di montagna con le quali viene affinato il pregiato prosciutto valdostano Saint Marcel. Ottimo se consumato in abbinamento.
E se sotto vetro finisce anche la colomba, “in progetto c’è di mettere in vaso il pandoro”, annuncia Gasparin. Intanto i Baghi’s mettono in vetro cookies (anche da preparare at home) e mini cake. Dando vita a tortine-brownie (all’arancia e alle noci) e a sbrisolone-crumble (al limone e mandorle) vestite di mille colori. Grazie a scatoline portatrici di gioiosi e beneauguranti messaggi.
Innovazione, ma anche tanta tradizione per Fabio e Riccardo. Che non dimenticano di proporre i pandolci pure in pratici bauletti. Alla cui gamma appartiene “Coccola”, con miele millefiori e pasta d’arancia. Ideale per la colazione e la merenda. Così come i panettoni sono interpretati anche nel formato classico. “Quello che va per la maggiore è lo Strudel, con cannella, uvetta e mele candite”, puntualizza Riccardo. Che col collega realizza anche il panettone integrale, utilizzando la farina Petra 9 del molino atestino.
Petra 9 in purezza. Protagonista anche dei biscotti “Tuttograno”. Quelli della linea azzurra. Un serie cult by Baghi’s. Che vanta variegati sablé in originali versioni, preparati con la Petra 5 del molino estense. Vedi quelli con cardamomo e pepe della Jamaica; liquirizia e cioccolato; jalapeño chipotle e cioccolato fondente. Frollini intriganti, capaci di valorizzare, con sostenibile leggerezza, le spezie dell’azienda Petit Lorien, guidata a Udine da Gianluca Mingotti. Frollini presentati in una confezione speciale: un cartoncino unico, piegato più volte su se stesso, simile agli astucci mignon che contengono i profumi-campione. Ma in taglia large. Con tanto di linguetta a tener dritta la fila fragrante.
Frollini che indossano persino l’abito da sera. Grazie a una confezione nero-notte. “Perché meglio si addice a biscotti pensati non per venir consumati uno dopo l’altro, ma per essere degustati in modo slow, in occasione dell’aperitivo. In abbinamento a uno spumante, a un vino o a una birra”, spiega con orgoglio Gasparin mentre racconta dei friabilissimi sablé salati: al tartufo, alle olive taggiasche, all’aceto balsamico di Modena. E ancora al burro & salvia, in un inchino a un sempre gradito condimento pop; alla cipolla & uvetta, a ricordo del veneto saor; e al Blu ’61, formaggio erborinato affinato in Raboso e mirtilli rossi de La Casearia Carpenedo.
E in sintonia con l’eclettica Baghi’s philosophy è pure il “Pandolce per paté e foie gras". Dolce, ovvio. Ma pensato per sposare terrine, prosciutti e formaggi. Perché impreziosito da mela, arancia e limone canditi e da un pizzico di rosmarino. Da tagliare a fette e servire tostato e dorato. Per meglio valorizzare i contrasti di gusto.