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Il lago allo specchio

Regina Adelaide: ecce Garda

Sulla sponda veronese del Benaco, un albergo che pesca dal genius loci, valorizzando il genius loci. Un lussuoso hotel dall’atmosfera familiare, dove è il territorio a indicare la strada maestra. Con il lago a far da protagonista, grazie alla cucina visionaria, ludica e ironica di Andrea Costantini

“Noi vogliamo essere noi. Restando concentrati su quello che siamo, facciamo e vogliamo trasmettere”. È condensato qui, nelle parole del maître e sommelier Nicola Tumicelli, il senso di un albergo che fa di chiarezza e trasparenza virtù. Eleggendo il territorio a strada maestra e a stella cometa. Da seguire e da rispettare. Un hotel, il Regina Adelaide di Garda, che se ne sta quieto e lieto sulla sponda veronese del più grande bacino lacustre d’Italia, guidato da ben tre generazioni dalla stessa famiglia. Dalle radici veronesi, naturalmente. A rimarcare il profondo legame con il genius loci. Corre infatti l’anno 1964 quando Giuseppe Tedeschi e la madre Rina (patronesse e cuoca dello storico Hotel Porta Leona, nel cuore della città scaligera) acquistano Villa Tonini, dimora Liberty prospiciente il lago, e la trasformano in albergo. Intitolandolo a quell’Adelaide di Borgogna che fu imperatrice e santa, imprigionata nella rocca che sovrasta il paese, che sta a due passi dalla dimora e che fa da spartiacque fra il basso e l’alto lago. Si chiama invece Annalisa la moglie di Giuseppe. Giovane, gentile e visionaria. Appassionata di pasticceria e con una sensibilità speciale per i fiori. È sua infatti l’idea del carrello dei dolci, oggi sublimato in buffet (a cena, per gli ospiti che soggiornano). È sua l’iniziativa di creare una lavanderia interna, per lenzuola che profumano di buono e di casa. È sua, ancor oggi, la cura delle composizioni floreali che impreziosiscono le sale. Mentre sono i figli Gianpiero e Nicolò a tenere le redini dell’albergo. Facente parte - a ragion veduta - di Teritoria, la prima community dell’hospitalité à mission. E la mission è proprio quella di un’ospitalità impegnata e coinvolgente, con precisi obiettivi etico, sociali e ambientali. In una parola, il territorio. Nella sua olistica e complessa molteplicità. 

In alto, lo chef Andrea Costantini e il Regio Patio. In basso, un'altra prospettiva del ristorante, Nicola Tumicelli, Elias Abderrafi il direttore Stefano Barbieri

 

Cucinando l’hic et nunc

Territorio, territorio, territorio. Un mantra, un refrain, un leitmotiv di cui si sente l’eco in ogni angolo del Regina Adelaide. Cucina in primis. Capitanata da Andrea Costantini: di Udine, ma gardesano d’adozione. A lui infatti è affidata la gestione culinaria: sia quella del ristorante Adelaide, dalla cifra più classica, legata alla tradizione regionale italiana e destinata a chi soggiorna (ma anche gli esterni possono prenotare) sia quella (anzi, soprattutto quella) del Regio Patio, un salotto tutto luce e trompe-l’oeil che incarna la filosofia dello chef, celebrando solo ed esclusivamente il territorio. Che è acqua e campagna, pesca e agricoltura, riva e altura. “Abbiamo solo due menu degustazione: Orto e Garda 100%. Che sono due differenti interpretazioni del territorio (e i due lati della stessa medaglia, ndr). Avevamo anche Autoscatto, ma abbiamo deciso di eliminarlo perché troppo generalista, non ci apparteneva più”, spiega Andrea. Affiancato dal sous-chef (di origini calabresi) Mario Cosenza e da una sala preparata e performante. Con Stefano Barbieri a ricoprire il ruolo di chef de cave (oltreché quello di direttore), mentre Nicola Tumicelli è il maître e sommelier ed Elias Abderrafi è lo chef de rang.

In alto, le brigate di cucina e di sala. In basso, gli eleganti ambienti interni e il patio esterno del ristorante

 

Il senso di Andrea per il vegetale (locale)

Andrea, concentratissimo nel dar voce e respiro al Lago di Garda, proprio nella cittadina che ha concesso il nome al lago. In principio chiamato Benaco (dal celtico bennacus, ossia “dai molti promontori”), così come Garda era Warda, voce germanica che significa guardia, luogo di osservazione. Esattamente come Costantini guarda il lago. “E non solo quello. Per noi Lago di Garda vuole dire anche Monte Baldo, vuole dire Lessinia”, continua lui. Che nel menu Orto concentra l’energia e la forza dell’orto di proprietà, in zona Volpara, tra Garda e Albisano. “Un grande orto, dal quale si può ammirare il lago. Il 50% degli ortaggi e delle erbe che utilizziamo vengono da lì. Dove ci sono pure trecento ulivi, da cui nasce l’olio extravergine che usiamo in cucina. Per il resto? Ci riforniamo da produttori di fiducia. Gli asparagi arrivano da una fattoria in Trentino, la risina viene da Spello (un micro fagiolo dall’occhio, ndr), lo zafferano è quello della Lessinia (by Chiara Castagna, ndr) e i germogli di abete rosso giungono da Negrar. Il menu Orto però non è un menu vegetariano. Non è destinato a chi non vuole mangiare né carne né pesce. Ma è frutto di studio, ricerca, evoluzione. Va oltre le ragioni etiche, per esaltare e valorizzare l’elemento vegetale. Basti pensare che lo abbiamo introdotto nel 2010. E a dire il vero lo facevamo anche prima”, prosegue lo chef. Orgoglioso di una serie di portate mai statiche, bensì dinamiche e in perenne cambiamento. Pronte a seguire il tempo e le stagioni. “Perché se cambia la verdura, cambia pure il piatto, in una costante metamorfosi. Così, se l’ospite torna più volte, proverà piatti nuovi. Troverà lo stesso menu, che muta abito”, puntualizza Tumicelli. Ricordando come la lattuga romana che nutre il predessert - insieme a miele, polline, cioccolato bianco ed extravergine del Garda - giunge proprio dall’hortus familiae.

Il luccio, la carpa, il salmerino e la trota salmonata. Andrea Costantini osserva il Lago di Garda, non dimenticando la campagna e la garronese veneta, valorizzata nella pizzaiola ai lamponi

 

Seguendo il flusso… del lago

E quel che vale per l’Orto, vale per Garda 100%. Nulla varia. Solo la prospettiva. Che si concentra sull’acqua dolce, non tradendo la campagna. “Il lago non è il mare, è ben diverso. Ma come nel mare i pesci non si pescano sempre. Hanno la loro periodicità. Va da sé che se in un piatto muta il pesce protagonista, muta il piatto. Non faccio l’upgrade, penso a una pietanza differente”, tiene a precisare Costantini. Fiero di fare un lavoro sartoriale su coregoni e lavarelli, tinche e lucci, persici e salmerini. Il risultato? Sono portate divertenti e coinvolgenti, ludiche e ironiche, inedite e gioiose. Sì gioiose e mai, mai, mai noiose. Perché nelle mani di Andrea il lago esprime la sua esuberante potenzialità, dimenticando il già visto, il già sentito e il già raccontato, per indagare, con audacia e coraggio, i nuovi lidi dell’inatteso. Ed inattesa è l’Ostrica di lago. Un vero trompe-l’oeil da mangiare (e non solo da guardare, come quello alle pareti del ristorante), complici carpaccio di coregone, salmerino (e le sue uova), capperi, briciole di alga nori, succo e zest di limone e brodo dashi, messo a punto con alga kombu e fiocchi di tonnetto essiccato e affumicato, alias katsuobushi. Il tutto spolverato d’argento, a rammentar la preziosità del mollusco (e il luccicor dell’acqua). È invece l’ostrica (quella vera) a incontrare una tartare di pecora brogna (un Presidio Slow Food), allevata in Lessinia fra i mille e i 1.800 metri di altitudine. Mentre i ravioli di latte (ripieni di besciamella) accolgono carpaccio di salmerino, polvere di ibisco e brodo di burro profumato al limone; e il riso vialone nano (mantecato con aceto di sambuco) si lascia conquistare da una testa di luccio in cassetta e alloro. “Quando creo un piatto cerco anzitutto di capire e di sentire cosa ho fra le mani. La polpa del luccio, per esempio, è ricca di collagene ma si sfalda, meglio quindi valorizzarla in una terrina. La carpa invece, ha una carne morbidissima”, racconta Andrea. Che dà forma alla ‘Nduja di Carpa. Straordinaria lettura gardesana-calabrese di un pesce lacustre che indossa un vestito rosso. Come rossi sono il peperone crusco, la paprika e il chorizo che alimentano la sua verve. “E ho anche pensato alla pastisada di tinca”, annuncia lo chef. Che shakera il lago con ricordi, suggestioni e intuizioni. Gettando il sasso (e il cuore) oltre l’ostacolo. 

In alto, la sarda e il coregone. In basso, il ramen di lago, l'ostrica di lago e a pastisada di tinca

 

Pane, olio e Pandolio

Ma Garda significa anche olio. Perché l’olio rappresenta un’icona del lago. Come dire che l’uno non sta senza l’altro. E visto che l’ulivo è un iconema del territorio, Andrea lo fa arrivare à la table. Immantinente, non solo per dare il benvenuto agli ospiti, ma anche per definire l’hic et nunc. Olivo e Oliva dunque: extravergine (da versare sul pane ai cereali) e oliva, col nocciolo sostituito da un’arachide. Olio che riappare, a inondare una crema vegetale a base di mandorla, sempre da spalmare sul pane (c’è anche quello carasau, palese omaggio alla moglie di Andrea, sarda di Bitti). E sono sempre le olive, insieme al timo o al dragoncello, ad arricchire la quenelle di pane che correda (come un contorno) un modernissimo amarcord: la scaloppina di garronese veneta (della macelleria Sartori di Brenzone) alla pizzaiola di lampone. Che può anche trasformarsi in Pizzaiola di Persico, se è tempo di persico. Una cucina fluida e in movimento quella di Costantini. Che sempre all’oliva torna. Anche sul finale: oliva candita, ricoperta di cioccolato. A ribadire il concetto. Enfatizzato nel dessert: Pandolio al limone. Traduzione: un babà che ha la forma di un pandoro, che esibisce un impasto all’olio e che accoglie una bagna ai limoni del Garda e miele. Il tutto allagato dal limoncello del Garda e accompagnato da una panna semimontata, preziosa di polvere olive nere (a ricordar i semini della vaniglia).

In alto, lo chef de cave (e direttore) Stefano Barbieri presenta la cantina. In basso, la posizione centrale del Regina Adelaide, a Garda

 

Una wine list caleidoscopica

Un ritratto e un estratto del territorio il dessert, perfetto in pairing col Dindarello, moscato passito della maison Maculan di Breganze, Vicenza. Sì, perché anche la carta dei vini - con oltre settecento referenze - lascia spazio al territorio. Non trascurando altri territori. Così se l’alto lago fa sentire la sua presenza grazie al Trentodoc Brezza Riva della Cantina di Riva (del Garda), è il Lugana Ca’ Lojera Riserva del Lupo a ribadire la longevità, la lucentezza e l’autorevolezza del grande bianco del Benaco. Mentre il Rosa di Notte di Montonale (azienda di Desenzano del Garda) dichiara la freschezza e la versatilità del Valtènesi Chiaretto e l’Oseleta di Zýmē accende i riflettori su una delle uve “minori” del Valpolicella. Qui lanciata in un detonante assolo. E se nella super wine list non mancano i superbi Amarone e Valpolicella Superiore griffati Allegrini e Tedeschi, Masi e Quintarelli, l’occhio attento di Nicola Tumicelli si sofferma anche su camei di straordinario fulgore. Che non raccontano del Garda. Ma che narrano altri terroir, facendosi ambasciatori di quei terroir. Come accade per gli orange targati Kaleidoscope, progetto - folle e lucidissimo - portato avanti dal sommelier Raffaele Fischetti e dal kellermeister Hannes Munter della Cantina Valle Isarco (e da quest’anno seguito dall’enologo Stefan Donà). Da ordinare? Il Kerner Orange 2020 e 2021, nonché il Gewürztaminer Orange 2021. Per scoprire nettari poliedrici, eclettici e caleidoscopici. “E per esplorare i limiti dell’enologia”, come afferma Fischetti. Orgoglioso di aver dato vita a etichette dalla nitidissima identità caratteriale. 

L'acqua è uno degli elementi principe dell'hotel Regina Adelaide. Sfiorato dal lago ma animato pure dalla piscina e dalla spa

 

Acque generose e rigeneranti

Territorio come materia e immaginario. Due valori e due elementi che, aggiunti all’acqua, vanno ad animare anche la spa dell’albergo: I Segreti di Adelaide. Quattrocento metri quadrati di ombra, luce, caldo, freddo, vasche, bagni di vapore, angoli rilassanti, nicchie nascoste e micro agorà che, come salotti, lasciano spazio a cuscini e divani. Un luogo intimo e riservato, dalle atmosfere sospese, rarefatte, oniriche, mistiche e, a tratti, surrealiste. Con gli archi a evocare la cifra dechirichiana e intonaci a calce a citare l’opera scarpiana. Il tutto progettato da Nicolò Tedeschi, in tandem con l’architetto Emilia Quattrina. Naturalmente utilizzando il tipico marmo biancone di Verona, punteggiato di ammoniti. Mentre il marmo giallo reale che riveste il bagno turco evoca stilemi Liberty; e la sauna mediterranea - realizzata da Starpool - è interamente in legno d’ulivo. Perché sempre lì va l’attenzione: alla pianta caratterizzante il territorio. Che nutre di linfa vitale l’area rigenerante, da vivere rigorosamente a piedi nudi, in un saliscendi emozionante. Si trova invece al primo piano la comfort zone dedicata ai trattamenti: vere e proprie experience griffate Biologique Recherche, non solo un brand esclusivo - amatissimo da celebrity come Madonna, Kate Winslet, Jennifer Aniston, Kylie Minogue, Cate Blanchett e Kim Kardashian, - ma anche una gamma di prodotti che mette al centro pelle e personalizzazione. 

In alto, la fogàsa gardesana e i San Vigilini. In basso, colazione in pasticceria e in albergo

 

Gardesana fragranza

Ma acqua al Regina Adelaide significa anche piscina esterna, incastonata in un giardino rigoglioso. Ridisegnato anch’esso da Nicolò, al fine di privilegiare piante e fiori indigeni. Quasi a ricreare, intorno alla pool, l’ecosistema gardesano. E anche il pool bar - un elegante chiosco in muratura - svela la sua autentica essenza. Sposando nella proposta wine & food le eccellenze locali. Della serie: il cheeseburger (con bun homemade) predilige lattuga e odori dell’orto e formaggio di malga; la caprese elegge a protagonista la mozzarella del Baldo; il melone incontra il patavino prosciutto di Montagnana; e il tramezzino abbraccia la trota salmonata. Anche dolci e gelati sono fatti in casa. O meglio, vengono direttamente dalla pasticceria (di proprietà) che se ne sta accanto all’hotel: I Dolci della Regina. Dolci che finiscono pure sul buffet della colazione. Perché se l’ospite può andare in pasticceria, è anche la pasticceria a entrare in albergo. Grazie a croissant, monoporzioni, torte da forno e i celebri frollini San Vigilini, preparati con uova, burro, zucchero, uvetta e scorza di limone grattugiata. La loro storia? È sempre legata al territorio. Fu infatti Leonard Walsh, oste della locanda di Punta San Vigilio, a realizzarli in onore di Sir Winston Churchill, giunto in loco dopo un viaggio a Venezia. Ma da non perdere - in pasticceria - è pure la fogàsa. Fragrante delizia preziosa di olio extravergine di oliva. Orgogliosamente del Garda.

T: Cristina Viggè

15-07-2024

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