Pizza & Palermo

    Enzima: leggerezza (e autorevolezza) in teglia

    Nella città del Teatro Massimo, della chiesa della Martorana, della Vucciria e della squadra rosanero, Enzima celebra il suo primo compleanno. E lo fa ribadendo l’onorabilità della pizza in teglia alla romana. Che si siede, si mette comoda e indossa l’abito da sera

    Nelle Lezioni Americane Italo Calvino l'ha eletta fra i valori contemporanei, decantandone pregi e virtù e dedicandole un intero capitolo. Nella sua insegna palermitana Antonio Di Blasi l'ha elevata a filosofia, traducendola in pizza in teglia. Perché la leggerezza è così: un modo di sentire, di vivere, di percepire. Leggerezza è andare in profondità con semplicità e naturalezza, facendo emergere l'anima e l’essenza delle cose. Leggerezza è aria, è piuma, è ali, è vento, è luce. Leggerezza è un modo di guardare. E anche di cucinare. Antonio Di Blasi e la sua compagna Mary Parrino lo hanno capito bene, dando voce a un’insegna che sin dal nome evoca levità, agilità e digeribilità: Enzima. Come gli enzimi che supportano il processo di maturazione dell’impasto. Come gli enzimi che facilitano il processo di digestione nello stomaco. Come gli enzimi necessari in ogni processo vitale.

    In alto, Mary Parrino e Antonio Di Blasi. In basso, la pizza in teglia, servita nei piatti in ceramica firmati da Di Blasi - Foto di DDsolution

     

    Da street food a cibo haute couture

    Enzima, dunque. Al singolare, anche se Antonio sogna già di replicare il format. Perché no? “Vorrei tanto far crescere Enzima e portarlo nel mondo. E a volte i sogni si avverano”, spiega lui. Che intanto ha gettato le fondamenta del suo locale nella periferia di Palermo: in quel viale Croce Rossa che se ne sta vicino allo Stadio Renzo Barbera e al Parco della Favorita. “Siamo in una zona residenziale. Mi sono voluto scostare e spostare dal centro storico, per realizzare qualcosa che non fosse commerciale. Qui il turista non ci passa. Qui il turista, ma anche i cittadini e tutti gli appassionati di pizza ci devono venire apposta. Ci devono scegliere”, dichiara Antonio. Orgoglioso di aver messo a punto un progetto ambizioso, che spariglia le carte, andando fuori rotta e fuori schema. E sbriciolando gli stereotipi sulla pizza in teglia alla romana. Che esce sempre dal forno (elettrico), ma che si affranca dal cliché che la vuole legata al “forno” inteso come panificio. Sì, lei si libera dall’immaginario che la vede imbrigliata a un concetto di cibo rapido, veloce e sbrigativo, da comprare e consumare per strada, magari passeggiando. Grazie a Mary e ad Antonio la pizza in teglia acquisisce autorevolezza, consapevolezza e compostezza, rinascendo a nuova vita. La pizza in teglia dismette le vesti pop per indossare un abito elegante. La pizza in teglia non sta più in piedi, ma si siede, si mette comoda e si lascia assaporare con assoluta calma. Servita (e riverita) di tutto punto in un luminoso ristorante. “All’inizio non è stato facile comunicarlo e farlo capire ai nostri ospiti. Ma poi si accomodano, assaggiano, rimangono sorpresi e ritornano”, ribadisce Di Blasi. Fiero di contribuire a scardinare un comune pensiero. E fiero anche di quel claim che accompagna Enzima: Leggerezza in Teglia. Italo Calvino avrebbe sicuramente apprezzato. 

    La pizza in teglia si veste di fascino grazie a Mary e ad Antonio - Foto di DDsolution

     

    Un progetto illuminato

    Caparbio e determinato Antonio. Millesimo ’78, palermitano doc e una vita con le mani in pasta. “Cominciai a fare il pizzaiolo da giovanissimo, quando ancora andavo a scuola”, confessa lui. Che fino alla maturità resta a Termini Imerese, per poi emigrare a Bologna. “Tutta colpa e tutto merito di mio fratello Francesco, che nel frattempo si era trasferito al nord. Così, a 18 anni e un giorno, lo raggiunsi. Lavorammo per molti anni al Delfino, una pizzeria di proprietà. Lì imparai tutto. Non solo a fare la pizza, ma anche l’arte della gestione del prodotto e dell’organizzazione in generale. Fu il mio trampolino. Anzi, proprio al Delfino iniziai a prendere coscienza della maturazione dell’impasto. Perché a quel tempo non si parlava di biga o di poolish. Era tutto un po’ empirico. Poi una sera accadde l’inatteso: mi rimase un po’ di pasta in una cassetta e andandola a servire i clienti mi dissero che aveva un qualcosa in più, che era più buona. Fu allora che mi si accese una lampadina”, racconta il pizzaiolo. Che poi passa a un altro locale. “Sono stato per due anni da Apriti Cielo. Arrivavamo a preparare anche 400 pizze al giorno. Ci ho preso la mano”. Ma Bologna gli sta stretta. Da qui la decisione di tornare nella sua isola. Dove, non lontano dal Mercato della Vucciria, apre Frida, prendendo spunto dall’arte visionaria e vigorosa dell’artista messicana Khalo. Intanto? La lampadina mentale di Antonio si illumina sempre di più, anche grazie ai corsi all’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este. Finché, nel maggio 2023, inaugura un inedito progetto come Enzima. E lo fa con Mary, palermitana pure lei. Energica, radiosa e coraggiosa pure lei. 

    La pizza in teglia diviene occasione di condivisione da Enzima, a Palermo - Foto di DDsolution

     

    Leggera, nel vestito migliore

    “Mi piace vivere le emozioni degli altri. Non ne posso proprio fare a meno, mi danno la giusta carica”, svela Mary, direttore di Enzima ma pure alla regia di un’agenzia quale Mary Village Eventi. Attenta, precisa, meticolosa, rigorosa e scrupolosa madame Parrino. “Quando organizzi un evento tutto deve essere perfetto. Non ti puoi inventare nulla e non ti puoi permettere di sbagliare nulla. Tutto deve essere studiato e preparato nel dettaglio. Dagli allestimenti al servizio video-fotografico, dalla musica alla mise en place, non dimenticando il cibo”. E lo stesso puntiglio, lo stesso impegno, lo stesso zelo, la stessa cura e la stessa concentrazione Mary li applica ad Enzima. “A pranzo e a cena accolgo gli ospiti con un sorriso. Cerco di entrare in empatia con loro. Non solo. Noi diamo un grande valore al servizio e alla competenza del personale di sala. Che deve saper raccontare, narrare e spiegare la pizza in teglia. Da gustare comodi e rilassati, su una poltroncina. Perché smart non significa in maniera veloce, frettolosa e non confortevole. Qui, anche chi ha una breve pausa, può consumare un pasto in totale serenità. Perché la prima digestione avviene con la masticazione. E si sa, seduti si mangia meglio”, continua lei. Fiera anche di aver vestito Enzima. “Sì, perché l’architetto ci ha consegnato lo scheletro. Io ci ho messo l’abito. Ho scelto oro e ottanio. Per l’esattezza un Valchromat giallo, perché il giallo è solarità, energia e comunicazione; e poi un azzurro ottanio, sinonimo di eleganza. Stanno molto bene insieme”. Il risultato è un ambiente giovane, fresco e arioso. Nutrito di luce, di specchi e di legno chiaro. “Alcuni mi dicono somigli a un salottino letterario”, afferma felice Mary. Di certo è uno spazio agile, snello e leggero. Dalla pelle al cuore. Dall’estetica all’essenza.

    Uno spazio solare, vivace e luminoso quello di Enzima, dove gustare sia la pizza in teglia sia quella al padellino, nonché tante altre sfiziosità - Foto di DDsolution

     

    Ossatura materica ma eterea

    E a rendere tutto lieve, tenue e delicato ha contribuito l’abilità di un pluripremiato architetto come André Thomas Balla: natali francesi, una formazione alla Scuola di Architettura di Versailles, qualche esperienza a Parigi con Fuksas Architectures e Atelier M. Labbe e i piedi ben piantati a Catania. Dove ha fondato il proprio studio, insieme a Simona Calvagna. “È riuscito a creare un ambiente originale. È come se ci trovassimo all’interno della pallina di un impasto. Con le mura ruvide e le griglie gialle a dar forma a una struttura che tanto somiglia alla maglia glutinica”, commenta Antonio. Poi c’è il bancone, che si prende parte della scena. Un bancone scenografico, solido e materico, ma anche onirico e sospeso. Che si allunga, diventando un tavolo conviviale, incorniciato da una serie di poltroncine-sgabelli. Una comfort zone che si sviluppa sulla destra del locale. Pensata per chi va più di “fretta” e preferisce scegliere live la pizza in teglia, portarla a casa, oppure consumarla in loco in una cornice semplice e informale. Dall’altra parte invece si sviluppa - come un vero dehors - l’area più ricercata e raffinata, ritmata da pavimenti in legno e grandi vetrate. “Che d’estate si aprono totalmente”, precisa Antonio. Uno spazio studiato per un momento più quieto e tranquillo, per una cena in compagnia, per serate in relax. “Gli ospiti possono scegliere i tranci venendo direttamente al bancone, oppure ascoltando la spiegazione di un cameriere dedicato. Anzi, se necessario c’è pure un campanello per richiamare l’attenzione. Poi, una volta prese le ordinazioni, io arrivo con i tranci. Li metto in mezzo, sopra dei taglieri. Invitando alla condivisione”. Della serie quando la pizza in teglia dimentica la street attitude per inchinarsi à la table. 

    Pizza in teglia alla romana: da asporto e da assaporare in loco - Foto di DDsolution

     

    L’eleganza è rettangolare

    “Ho sempre avuto una grande passione per il croccante. E già in occasione dei corsi all’Università della Pizza ero rimasto colpito e affascinato dalla teglia di Marco Farabegoli (titolare di Pizza Da Neo, in quel di Gambettola, vicino a Cesena, ndr)”, confessa Di Blasi. Che per far la teglia parte da una biga, dalla farina Petra 0102 HP, da una lunga maturazione e da un’altissima idratazione. “Arrivo all’80%. Così il prodotto è leggero e super digeribile”. Pizza che viene poi cotta a 280°C per 10-15 minuti, nonché condita e rigenerata al momento, passando di nuovo (per circa tre minuti) in forno a 250°C. Insomma, sembra facile. “Ma non lo è per niente. Ci vogliono occhio, attenzione e un’ottima programmazione per mettere in linea impasti e condimenti. Evitando sia di avanzare, buttare e scartare sia di finire in anticipo le teglie a disposizione. Perché per prepararne una ci vuole un quarto d’ora. E non si può far attendere i clienti”. Gestione e organizzazione, dunque. Ma anche una buona dose di estro e creatività, specialmente per condimenti e abbinamenti. “Noi adottiamo la filosofia del chilometro corto e della stagionalità. Non facciamo ordini, ma seguiamo il mercato. Per questo oggi ci possono essere i carciofi e domani le fave, il radicchio, le zucchine, le melanzane, gli asparagi selvatici, i tenerumi. Perché tutto deve essere all’insegna della freschezza. Anche per tume, caci e scamorze ci affidiamo a un caseificio di Castelbuono”, tengono a precisare Mary e Antonio. Così le pizze in teglia variano, cambiano, si trasformano, incuriosiscono. “La Margherita c’è sempre. Ma poi si aggiungono quella con mozzarella, carciofi e guanciale, l’amatriciana, la carbonara, la versione sfincione”, commenta il patron. Mettendo l’accento sull’importanza della cucina, che vanta un ampio spazio al piano inferiore. “Ingredienti e accostamenti sono fondamentali. Concorrono a dare gusto alla pizza. Che deve essere armonioso ed equilibrato. Esattamente come accade in un piatto di pasta”.    

     

    “Vorrei trasmettere e far capire alla gente che la teglia ha una sua autorevolezza. E non ha nulla da invidiare alle altre tipologie”. Antonio Di Blasi 

    Il servizio è tutto da Enzima, dove la pizza va in scena con eleganza - Foto di DDsolution

     

    Un padellino in abito da sera

    Teglia che può anche sublimare in crunch, se farcita nel bel mezzo. Con finocchiona e stracciatella; con brie, speck e miele. Infinite sono le combinazioni. “Preparo anche un crunch con farina di riso Artemide e con curcuma e semi. In questo caso stanno bene la stracciatella, le verdure e i pomodorini confit”, afferma Antonio. Che non tradisce il padellino, uno dei suoi cavalli di battaglia. Padellino proposto nella declinazione classica, ma anche nelle altre due versioni “viola” e “yellow”. Fra gli highlights? Il padellino Preziosa, con ricotta madonita, pesto di basilico, lime e mortadella Oro by Levoni. Una ricetta storica della maison mantovana, recentemente premiata dalla Gambero Rosso Academy per il suo sapore rotondo e armonioso. “I padellini li serviamo sulle alzatine. E prima ancora su piatti realizzati su misura, nei toni del giallo e del blu, che portano la mia firma e il logo di Enzima. Un marchio che ho registrato. I decori rammentano le bolle, ma pure le foglie del basilico. Evocando una Sicilia moderna e contemporanea”, afferma il pizzaiolo. E in pairing? Birre artigianali, ma anche cocktail e vini. Regionali in primis. 

    In alto, i piatti logati e griffati da Antonio Di Blasi. In basso, alcune proposte di Enzima - Foto di DDsolution

     

    Digeribilità e creatività

    Uno spazio dinamico Enzima. Che va a più velocità, che conta una settantina di coperti, che chiude solo il martedì e che non trascura qualche proposta alternativa: dai primi di pasta (rigorosamente fresca) ai secondi carne e pesce (specialmente nella bella stagione). “Sì, il venerdì e il sabato a cena e la domenica a pranzo abbiamo pensato di inserire qualche pietanza più strettamente legata alla cucina. Anche per dare un’alternativa ai nostri ospiti. Ma sempre restando coerenti con la leggerezza e la freschezza”, puntualizza Mary. Mentre Antonio aggiunge: “E talvolta organizziamo anche qualche brunch e aperitivo. O meglio, l’AperiTeglia, con corredo di dj set”. Ma non finisce qui. Perché Enzima è pronto pure ad accogliere eventi e ricevimenti. “Oppure siamo noi, con tanto di forno al seguito, a uscire per raggiungere abitazioni private, ville e terrazze. Siamo preparati per mettere a punto qualsiasi tipo di progetto. Ma prima facciamo sempre il sopralluogo”, spiega Mary. Con voce sicura, pacata e leggera.

    T: Cristina Viggè

    10-05-2024

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