FuoriTempo

    A Chieri, il café chantant della pizza contemporanea

    Sulla collina che affianca Torino, la pizza recita e danza, come a teatro. Sospesa fra musica, palco e realtà. In uno spazio che tanto somiglia a modernissimo bistrot di fine Ottocento. Un luogo fuori dal coro, anzi, FuoriTempo. Con Davide Di Bilio ad andare perfettamente a tempo, orchestrando concerti di sapore e di sapere

    La scala in onice e luce, quasi vanitosa diva tutta pizzi e piume, scende dall’alto verso il basso e sale dal basso verso l’alto. Connettendo sotto e sopra, su e giù, platea e soppalco. Dove tutto si domina e tutto si ammira. A partire dal monumentale lampadario in cristallo, che si prende la scena, facendo risplendere la scena. No, non è una pizzeria quella che Davide Di Bilio ha creato ormai da un anno a Chieri, sulla collina più chic che incornicia Torino. Non è una pizzeria e non vuole certo esserlo, almeno nella più comune accezione del termine. Il suo claim recita infatti: Il bistrot dei lievitati. Sì, FuoriTempo Chieri (fratello, ma non gemello del FuoriTempo di Canale, tatuato con i Tre Spicchi del Gambero Rosso) esce dagli schemi e segue nuove rotte per proporsi come un vero e proprio ristorante, capace di alzare il sipario sull’arte bianca. Uno spazio sospeso, fuori dal tempo. In bilico fra ieri e domani, passato e futuro, Belle Époque e terzo millennio, fin de siècle (dell’Ottocento) e XXI secolo. Un café chantant di contemporanea maniera, tutto legno scuro e boiserie, teche in vetro e collezioni di orologi d’epoca, specchi e fotografie in bianco e nero che ritraggono la soprano e attrice Lina Cavalieri. Colei che incantò il Novecento e che conquistò persino Piero Fornasetti, al punto da elevarla a musa dei suoi iconici piatti. Uno spazio elegante, impreziosito anche dalle opere del graphic designer dai natali catanesi Antonio Bonanno: illustrazioni in china, che come moderni dagherrotipi fanno da refrain lungo gli ambienti. Fra barbe e baffi (anzi, mustacchi), libellule e clessidre, cappelli e folti capelli intrecciati con spighe di grano. Dando respiro a un salotto illuminato dalla cultura. Il teatro perfetto per pizze d’autore e per Cene d’Autore: la rassegna che a maggio mette sulla ribalta il suo settimo atto. 

    Davide Di Bilio, Davide Cristaldi e Marilina Paternò: protagonisti della sesta Cena d'Autore, dedicata alla Sicilia - Foto di Virginia Scarsi

     

    Il Piemonte chiama, la Sicilia risponde

    “Le Cene d’Autore sono pensate come veri e propri viaggi alla scoperta di territori, chef, produttori e artigiani. Perché è la collaborazione alla base di tutti i nostri progetti”, spiega Davide, affiancato dalla consorte Virginia Scarsi, art director di un’iniziativa capace di coinvolgere tutti i sensi, mettendo in gioco diverse arti: dalla musica live alla cucina, passando per viticoltura e agricoltura. “Abbiamo raccontato il Roero e le Langhe, ci siamo confrontati con la cucina fusion e vegetale e con il Sannio. E ora vogliamo puntare l’attenzione sulla Sicilia”, spiega il lievitista, presentando una serata tutta incentrata sulla Trinacria. Che ha visto fra i protagonisti lo chef dalle radici catanesi Davide Cristaldi, che con Giulia Mandara guida il ristorante De Gustibus, sempre a Chieri (a trecento metri da FuoriTempo); nonché la Cantina Marilina di Noto, capitanata da Marilina Paternò, a sua volta affiancata dal marito Luciano Pennisi, alla guida (con tutta la sua famiglia) dello Shalai, ristorante e boutique hotel a Linguaglossa, alle pendici dell’Etna. Sicilia, fortissimamente Sicilia. “E pure io ho origini siciliane”, ribadisce orgogliosamente Di Bilio.

    Luca Giannino e Davide Di Bilio presentano la farina Petra Evolutiva e il progetto Adotta un Raccolto - Foto di Virginia Scarsi

     

    Con le mani in pasta (e nella terra)

    “Mio nonno Luigi era di Mazzarino, in provincia di Caltanissetta. Nel centro dell'isola. Per me era quasi doveroso adottare un raccolto di grano evolutivo. Significava tornare a quella terra dove lui lavorava i campi”. Davide ha infatti aderito a quel progetto di rurale filiera circolare che va sotto il nome di Adotta un Raccolto, reso possibile grazie alla sinergia fra la cumpagnìa Simenza, presieduta da Giuseppe Li Rosi, e i mugnai Quaglia di Vighizzolo d’Este. Nord e sud, uniti nel segno dell’agrobiodiversità e della sostenibilità. Un progetto visionario e propositivo, che si sta espandendo in tutta Italia, risalendo l’Italia e coinvolgendo le regioni italiane: dalla Puglia alle Marche, dal Lazio alla Toscana, giungendo sino in Piemonte. “Anno dopo anno le popolazioni di grano evolutivo interagiscono con i territori che abitano. Adattandosi al clima, alle temperature, al suolo, al contesto. Per questo la farina sarà sempre diversa. Sarà una farina che cambierà tutti gli anni. Sarà una farina che non si saprà come sarà. E chi decide di aderire al progetto diventa parte integrante del progetto. Non solo adotta il campo, ma ne può seguire tutte le fasi: dalla semina alla raccolta, sino alla macinazione. Sentendosi parte della filiera, che include anche il consumatore finale”, precisa Luca Giannino, g’trainer di Petra e responsabile dell’iniziativa. “È anche per questo che noi dobbiamo essere in grado di far rendere al massimo questo tesoro”, aggiunge Di Bilio. Che mostra con fierezza i suoi sacchi di Petra Evolutiva: firmati FuoriTempo e suggellati dall’annata 2023.

    Le Cene d'Autore sono un vero e proprio viaggio, fatto di incontri, dialoghi e intrecci a più voci - Foto di Virginia Scarsi

     

    Una verticale evolutiva

    “Questa sera tutti le basi sono state realizzate con Petra Evolutiva. In purezza, al cento per cento. Perché ho voluto comunicare tutta la potenzialità di questo prodotto così duttile e versatile, declinandolo in diverse espressioni e sfumature”, puntualizza Davide. Mentre l’altro Davide, lo chef di De Gustibus, si occupava di completare il quadro con topping e condimenti coerenti con lo spirito solare della cena. “La mia è una cucina della memoria e dei ricordi. Ed è anche una cucina del riciclo e del non scarto. Da noi il menu lo raccontiamo, giorno per giorno. Per noi fermentare significa allungare la vita di un ingrediente, e quindi non sprecare. Sembrerà strano ma quasi non produciamo residui organici. Un concetto che per il commensale appare inizialmente inusuale, ma poi diviene normale”, commenta soddisfatto Cristaldi. Che farcisce il sofficissimo bun-bao by Di Bilio con primosale e carciofo. “Sono due elementi che in Sicilia utilizziamo moltissimo, fanno parte integrante della tavola”, afferma lui. Andando poi ad arricchire una focaccia dalla fine croccantezza - servita sull'alzatina - con cavolfiore, liquirizia, gambero rosso di Mazara del Vallo e capperi. Campagna e mare, in un binomio dalle delicate nuance. “In questo caso ho invece inserito l’arancia candita nell’impasto stesso. Per far percepire la Sicilia sin dall’anima della pizza. Ovviamente ho seguito i miei crismi, non quelli del panettone”, dichiara il pizza chef. Mentre lo chef suggellava il tutto con broccolo fermentato, sarde alla beccafico e gel di arancia candita.

     

    “I miei impasti li faccio correre, riposare, dormire e risvegliare. Seguono il mio ciclo di vita”, spiega Davide Di Bilio. 

    Il dessert (in alto), il pesce d'uovo (in basso) e i protagonisti della serata: il lievitista Davide Di Bilio, lo chef Davide Cristaldi, il giornalista Danilo Poggio e la produttrice Marilina Paternò - Foto di Virginia Scarsi

     

    Pomodoro, suoni e limoni

    “Il pesce non c’entra nulla”, fa notare Cristaldi servendo il pesce d’uovo (in vernacolo siciliano piscirovu). Nella tradizione isolana una frittata povera, dalla foggia oblunga, giusto a ricordare un pesce; nelle mani e nella mente di Davide una “caramella” di tuorlo d’uovo (cotto prima sul fuoco e poi a bassa temperatura) in panure aromatica di farina Petra Evolutiva, con corredo di pomodoro, crema di basilico e scalogno. Un piatto da scarpetta. Tant’è che Di Bilio ribadisce:“Ho pensato di accompagnare questa pietanza con una ciabatta ad alta idratazione, così da ottenere una crosta leggera e fragrante, sempre utilizzando Petra Evolutiva”. Pane sublimato poi in crumble, per farsi complice di un dessert felice di rileggere il biancomangiare, fra bavarese ai limoni di Sicilia, olio extravergine d’oliva, mandorla e limone candito. Mentre dolci arancini di riso accompagnavano il caffè. E mentre il pianista jazz Marcello Picchioni - dopo aver deliziato gli ospiti con una serie di interpretazioni - faceva vibrare le note di Looking Up by Michel Petrucciani. Un musicista genovese Marcello, torinese di adozione. È infatti all’ombra della Mole - al conservatorio Giuseppe Verdi - che consegue a pieni voti un diploma in Pianoforte e Composizione Jazz (dopo essersi assicurato una laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche all'Università di Genova, con una tesi sulla psicologia della musica).

    In alto, il rosato da nero d'Avola della Cantina Marilina, nonché Davide Di Bilio e il sindaco di Chieri Alessandro Sicchiero. In basso, i vis à vis cibo-vino della serata - Foto di Virginia Scarsi

     

    Energici calici

    Musica, cibo e naturalmente vino siciliano. “Noi siamo di origini agrigentine. Ma nel 2001 mio padre Angelo, enologo con una lunga esperienza in maison come Planeta, Settesoli e Corvo, arriva in Val di Noto, si innamora di quella terra selvaggia e un po’ dimenticata e vi mette radici”. A parlare è Marilina, figlia di Angelo e Lina, nonché titolare della cantina (in contrada San Lorenzo) che porta il suo stesso nome. Una cantina animata da tende, persiane e portoni azzurri. Come il cielo e come il mare. “Noi siamo a tre chilometri dallo Ionio e a dieci dal Mediterraneo. E siamo anche più a sud di Tunisi”, aggiunge lei. Tracciando il profilo di trentacinque ettari (a conduzione biologica) nutriti dalla luce e dal vento: “I suoli sono bianchi e calcarei. La nostra è una condizione caldo-arida. Con tanto sole e poca pioggia”. Ed è qui, nel selvaggio sud della Sicilia, che nascono etichette energiche e vigorose, fortemente (e volutamente) identitarie. Come Fedelie, rosato frizzante ancestrale abbinato al bao di Davide & Davide. “Siamo nella terra del nero d’Avola e desideriamo valorizzare il vitigno nelle sue molteplici sfaccettature. Facciamo persino un aceto da Nero d’Avola. Fedelie è la versione simpatica di questa uva. Che lavoriamo come un tempo, ossia come facevano i nostri antenati per ottenere l’effervescenza: imbottigliamo il mosto direttamente in bottiglia, che poi termina in bottiglia la sua fermentazione. È un vino che sa di frutta e crosta di pane”, spiega Marilina. Che svela anche il perché di Fedelie: “È la crasi del nome di mia sorella Federica, sempre allegra e un po’ discola, e sur lie”. Di certo un vino pétillant ed esuberante, ancestrale e iper attuale, custodito in vetro leggero, con etichetta in carta riciclata e tappo in sughero naturale. Come tutte le referenze di casa Paternò.  

    In alto, Marilina con il marito Luciano Pennisi, e Di Bilio con Cristaldi. In basso, Marilina, il Nero d'Avola Ruversa e il pianista jazz Marcello Picchioni - Foto di Virginia Scarsi

     

    Vini empatici e sinceri

    “È un vitigno selvaggio il nero d’Avola e ha bisogno di essere ammorbidito dal tempo”, continua Marilina, presentando Ruversa, un Nero d’Avola inverso, al contrario. Contro le mode e controcorrente. Maturato per due anni in vasche di cemento, per poi passare (per altri dodici mesi) in botte grande. Senza filtrazioni e refrigerazioni. Il risultato? Non un rosso possente, bensì un rosso ritmato da freschezza, acidità e morbidezza. Ideale con piscirovu, ciabatta e pomodoro. Un monovarietale dalla spiccata personalità. Esattamente come Cuè: “Il nostro moscato bianco e inaspettato. Tant’è che lo abbiamo battezzato Cuè. Come cos’è, chi è? Perché se al naso si esprime tra aromi floreali, in bocca si rivela sorprendentemente secco e schietto. Da noi il moscato si chiama muscatedda. Esibisce un grappolo piccolo e spargolo, coltivato ad alberello, con acini del color dell’ambra”, prosegue madame Paternò. Fiera anche di Sketta, il suo grecanico. “Un vitigno che è croce e delizia. Dimenticato, perché il mercato degli anni Novanta voleva vini facili, ma ora tornato in auge. Dopotutto è un’uva che cresce al sole e che ben rappresenta la nostra zona. Ha grappolo grande e buccia spessa. E grazie a lei otteniamo questo rosso vestito di bianco. La cui leggera astringenza diventa profondità, eleganza e misura. È un vino che ha un grande potenziale d’invecchiamento. È il nostro vino preferito”. Un’etichetta aurea, determinata e decisa. Sketta per l’appunto. Come zitella, signorina, nubile, single in siciliano. “Come una donna libera e indipendente, che sa raccontare la sua storia senza aver bisogno di seguire le orme degli altri, chiosa Marilina.  

    Da FuoriTempo Chieri tutto è curato nel dettaglio, anche le locandine delle Cene d'Autore, impreziosite dalle illustrazioni di Antonio Bonanno - Foto di Virginia Scarsi

     

    Verso l’Africa con Victoire

    Sicilia, fortissimamente Sicilia da FuoriTempo. Che intanto annuncia la prossima Cena d’Autore, la settima del dinamico palinsesto: il 21 maggio, rotolando ancor più verso sud. Quando protagonista è la chef congolese Victoire Gouloubi (approdata in Veneto una ventina di anni fa). Una fiera e sincera ambasciatrice dell’alta cucina afro-caraibica contemporanea (nonché talent di Gambero Rosso Channel), alla guida di un progetto ambizioso come Uma Ulafi 2.1 (forchetta golosa in swahili). Un concept pronto a tradursi in un salotto aperto, multiculturale e internazionale, che il 3 e 4 maggio (presso lo Showroom Vittorio Emanuele di Milano) celebra la Terra. Mettendo in luce le innovazioni e le evoluzioni nel settore agricolo africano, orientate a digitalizzazione, sostenibilità, efficienza e inclusione; esplorando il talento al femminile (nell’agricoltura e nella gastronomia africane); e a dando voce alle tante (e differenti) eccellenze culinarie del continente black. Anche per farle dialogare con quelle italiane. Una curiosità? Victoire, in tandem con la regista catanese (sì, la Sicilia torna) Egle Pappalardo, ha persino scritto e realizzato un docufilm: We are Food. A conferma della sua volitiva poliedricità. Ma non finisce qua. E il 21 maggio, a esaltare le pietanze vegetali di madame Gouloubi, ci sarà Alessandro Tupputi, il talentuoso sommelier del ristorante La Rei Natura di Serralunga d’Alba: due stelle Michelin sotto la regia di Michelangelo Mammoliti. Per un’altra cena-viaggio conviviale, emozionale ed esperienziale. Allietata dal sound del pianista jazz Fabio Gorlier.

    T: Cristina Viggè

    02-05-2024

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