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Rurale e territoriale, accogliente e solidale. Il panettone si arricchisce non solo di uvette e canditi, ma pure di messaggi quali l’inclusione, la collaborazione, l’integrazione e il rispetto per la filiera agricola. Connettendosi persino con l’arte e la bellezza. E, a dire il vero, non vi è solo il panettone
Servire a tavola un pandoro, un panettone, una torta, un biscotto o una tavoletta di cioccolato non significa solo condividere del cibo. Significa anche raccontare le passioni degli artigiani che quel dolce lo fanno. Significa narrare le gesta degli agricoltori che si celano dietro quel dolce. Significa valorizzare il territorio in cui quel dolce nasce. E significa anche fare molto altro, comunicando valori come la fratellanza, l’integrazione, la solidarietà, l’arte, la bellezza e persino l’ardore e il coraggio di andare controcorrente. Ecco allora qualche proposta per una festosa e golosa tavola di Natale. Capace di portare nuovi e propositivi messaggi.
Giovanni Ricciardella presenta il suo pluripremiato panettone
Il panettone agricolo…
Il risotto non gli è bastato. E sul podio ha messo pure un aureo panettone. Così Giovanni Ricciardella, alla regia (con tutta la sua famiglia) di Cascina Vittoria, nella pavese campagna di Rognano, dopo essersi aggiudicato l’alloro come Miglior Risotto ne I 1000 Ristoranti d’Italia 2024 de Le Guide de L’Espresso, recentemente ha conquistato pure il Premio Speciale Sportweek - La Gazzetta dello Sport, in occasione della sesta edizione degli Artisti del Panettone. Un riconoscimento da aggiungere a un già ricco palmarès. Basti pensare che lo scorso anno si era pure meritato il Premio Dino Villani dell’Accademia Italiana della Cucina. Un’ennesima dimostrazione del talento di questo giovane chef (classe 1991). Bravo non solo a cucinare, ma pure a realizzare pane, pasta e lievitati di gran classe. Come il panettone. Tradizionale certo, ma con un ingrediente segreto. Che lui non rivelerà mai. Quel che è sicuro è che le farine sono Petra (Petra 6384, unitamente a Petra farro monococco integrale e Petra Evolutiva); il lievito madre si chiama Gio ed è accudito con cura; il burro è belga; le uova sono delle galline, oche e anatre che scorrazzano nel cortile; la vaniglia è una e trina (bourbon dell’Isola della Réunion, del Madagascar e di Thaiti); l’uvetta è australiana; il miele millefiori è di apicoltori locali e i canditi d’arancia e cedro sono di Barbieri (a Oriolo di Voghera). Per un panettone (da ordinare online, insieme al pandoro, al pan brioche a e a molte altre delizie) dallo spirito autenticamente agricolo, che parla di territorio, valorizzando il territorio. Come del resto fa il risotto: un carnaroli classico Riso Buono con formaggi dell’Oltrepò, riduzione di Bonarda e mirtilli selvatici. E come fanno le pietanze proposte in un ristorante con corredo di corte, laboratorio iper attrezzato e camere. Per un’accoglienza tutto tondo.
Fortunato Amatruda e la compagna Arianna Arcari presentano il Panetù e il panettone con albicocche del Vesuvio - Foto di Lucio Elio
… e quello territoriale
Ed è sempre pensando al territorio che Fortunato Amatruda, volitivo patron di Anima Romita, ha studiato e creato una delizia inedita, dall’anima fortemente autoctona. L’idea? Prendere spunto da un piatto tipico che più tipico non si può, per sublimarlo in lievitato. Così l’artigiano - radici affondate a Tramonti, ma un presente nella bella Crema - ha deciso di omaggiare il tortello cremasco, tutelato da una confraternita, sorta nel 2015. Nasce così il Panetù - Il Gran Lievitato Cremasco, cui concorrono gli amaretti morbidi griffati Gallina, l’uvetta sultanina, il cedro candito, il Marsala, la noce moscata e il mostaccino. Il risultato è un dolce brunito, soffice e speziato, avvolgente e confortante, che profuma di cannella, chiodi di garofano, anice stellato, pepe nero e cacao. “Il consiglio è quello di metterlo qualche minuto in forno, per scaldarlo prima di assaporarlo”, suggerisce Fortunato. Che non ha certo dimenticato di realizzare una confezione ad hoc: giocata sui toni eleganti ed essenziali del bianco e del nero, riproducendo i monumenti iconici di una città divenuta set cinematografico: nella pellicola di Luca Guadagnino Chiamami con il tuo nome. Una scatola-paesaggio, in cui campeggia il rosone gotico della cattedrale di Santa Maria Assunta. E l’amata Costiera Amalfitana? Amatruda non la tradisce, mettendo a segno il panettone all’albicocca del Vesuvio. Racchiuso in una scatola in latta, fiera di evocare, fra colori esuberanti e sgargianti, le ceramiche di Vietri sul Mare. E come digestivi? Quelli firmati da Fortunato: l’Amaro (un elisir dalle note di cannella e liquirizia) e l’Anima d’Amalfi. Che attenzione, non è un limoncello, ma un drink al limone sfusato amalfitano, mandorle e zenzero. Con tanto di marchio registrato.
Pare uno scioglilingua. E invece è il nome di un insolito panettone. Figlio di una propositiva collaborazione: quella fra Andrea Rampinelli (alle redini della pasticceria Mac Mahon di Milano) e Zazà Ramen, l’insegna che nella meneghina via Solferino dispensa eccellenti ramen da ben dieci anni. Ed è proprio per celebrare il decimo anniversario che nasce Yuzuzazà. Un panettone prezioso di scorze di yuzu candito (dallo stesso Rampinelli) e ricoperto di cioccolato bianco Inspiration Yuzu by Valrhona. Della serie, un viaggio in Giappone, senza alcuna deviazione e distrazione (nel lievitato non vi sono né uvette né scorze di arancia, cedro e limone). Un panettone essenziale, capace di portare una nota orientale alla tavola di Natale. Disponibile nella versione da mezzo chilo e solo presso il ristorante fondato e voluto dallo chef di origini olandesi Brendan Becht. Che con Andrea condivide l’amore per l’arte, per la creatività e per la bellezza. Basti pensare che Zazà Ramen ospita, a rotazione, le installazioni di artisti internazionali, che studiano esposizioni site specific. Come il disegno murale temporaneo BBZR23 di David Tremlett, ospitato fino al prossimo aprile. Ma non finisce qui. Andrea e Brendan hanno un altro punto in comune: le farine. Entrambi utilizzano infatti quelle targate Petra: Andrea per la sua dolce produzione, Brendan per i suoi noodles homemade, tuffati in aromatici brodi di carne, pesce e verdure. “Quando mettiamo le ciotole davanti ai clienti scatta sempre un sorriso. Perché infondono un sentimento di benessere”, spiega mister Becht. Che scelse il nome di Zazà ispirandosi all’ispettore Zenigata, personaggio (ghiotto di ramen) del manga Lupin III.
In alto, il Panettone Sospeso e i panettoni firmati Loison. In basso, il Panettone Accogliente , nato grazie alla collaborazione fra la Gastronomia Yamamoto e Corrado Scaglione, e capace di connettere persone, paesi e progetti
Accogliente e solidale (e c’è di mezzo pure Zerocalcare)
E sempre con il Sol Levante dialoga il Panettone Accogliente. Più che un lievitato un progetto, che racconta di umanità e solidarietà, portato avanti dalla Gastronomia Yamamoto (in via Amedei, sempre a Milano). Sì, perché madame Aya, padrona di casa della nipponica insegna, ogni anno dà vita a un lievitato per rendere onore al furoshiki, ossia l’arte di impacchettare gli oggetti (o i cibi) in tessuti. Da qui una golosità buona, inclusiva e accogliente in tutti i sensi. Anzitutto perché frutto del lavoro di più artigiani: Corrado Scaglione - alla guida del Lipen e di Cerere a Canonica di Triuggio - autore del panettone; e Corrado Assenza, fautore dei canditi di limone che arricchiscono il dolce (insieme al cioccolato Inspiration Yuzu di Valrhona). E poi perché il panettone (in vendita presso la gastronomia, fino a esaurimento scorte) aiuta più persone. Visto che gli orli dei furoshiki sono opera della Cooperativa Alice, realtà che supporta le donne in diverse carceri di Milano, grazie a percorsi di reinserimento sociale; e che parte del ricavato viene devoluto a UIKI Onlus, per la ricostruzione del Cinema Amudé, nel nord-est della Siria. La cosa particolare? È che il disegno del tessuto è stato creato da Zerocalcare, in tandem con Bao Publishing. Ma non finisce qui. Anche quest’anno torna il Panettone Sospeso, l’iniziativa benefica voluta da Gloria Ceresa e Stefano Citterio. Ben 14 le insegne (da Baunilla a Gelsomina, da Marlà a Vergani, da Sant Ambroeus a Taveggia) sintonizzate sulla modalità dono: basta andare in pasticceria (fino al 20 dicembre) e acquistare un panettone, poi destinato a chi è meno fortunato. Tra l’altro, per ogni panettone lasciato già pagato, le pasticcerie ne aggiungono un altro. Raddoppiando la posta in palio. Destinata a Casa Jannacci, ai Custodi Sociali del Comune di Milano, alla Rete QuBì (con la mission di contrastare la povertà infantile) e ad altre realtà attive nel dare assistenza alle persone che vivono per la strada.
“Il panettone non è solo il dolce di Natale per antonomasia, ha un valore simbolico, perché rappresenta la condivisione. Sappiamo che la povertà è in aumento, anche nei ceti medi, e quest’anno numerose famiglie e tante persone sole vivranno un Natale ancora più difficile per tutte le problematiche legate al caro vita. Siamo consapevoli che un panettone non è risolutivo, ma può essere una piccola attenzione che può donare un momento di serenità a chi vive situazioni difficili e di grave emarginazione”, spiegano Gloria Ceresa e Stefano Citterio, ideatori e fondatori dell’Associazione Panettone Sospeso.
In alto, il panettone realizzato in sinergia con Lorenzo Cogo e il panettone classico. In basso, Nicola Olivieri e lo spazio di Olivieri 1882, nella vicentina Arzignano
Se i lievitati prendono il volo
Lui non solo esporta panettoni in tutto il mondo. Lui non solo ha trasformato in realtà il sogno americano, mettendo a punto un sistema di consegna negli Stati Uniti in sole 24-48 ore. Lui non solo spedisce in tutta Italia. Lui quest’anno ha raggiunto obiettivi ancora più alti. Anzi, vertiginosi. Sì, Nicola Olivieri, quinta generazione nonché head baker di un brand glocal quale Olivieri 1882 - con sede nella vicentina Arzignano, in un mega spazio di 1.200 metri quadrati, laddove prima sorgeva la storica officina di pompe Pellizzari - è riuscito a far salire fino in cielo un nuovo panettone signature, realizzato in sinergia con lo chef Lorenzo Cogo. Un panettone prezioso di olive candite, cioccolato bianco e rosmarino, che vola con La Compagnie, compagnia aerea francese 100% smart business class. Traduzione: tutti i passeggeri della tratta Milano - New York, nella settimana che va dal 18 al 24 dicembre, possono assaporare una bella fetta di panettone. E il 25 riceverne persino uno intero in dono. Intanto Nicola - affiancato dal fratello Andrea (responsabile marketing e commerciale) si concentra sul resto della variegata e dinamica produzione. Che contempla anche una collection di panettoni “spiritosi”, abbracciando limoncello (da limoni di Sorrento), rum e cioccolato e grappa Nardini. Che conquista pure il pandoro. Senza dimenticare tutta la gamma di lievitati, cui concorrono uova italiane da allevamenti all’aperto, miele di acacia, zucchero di canna grezzo e burro di Bretagna ottenuto per centrifuga. Da provare? I panettoni all’olio extravergine ligure Roi; all’aceto balsamico di Modena Carandini: con mela, uvetta e cannella; con albicocca e caramello salato; con amarena, limone e pistacchi; e quelli che al cioccolato fondente uniscono zucca, pera, caffè, pesca e amaretto.
Non solo panettone e pandoro, ma anche torte e biscotti nella variegata gamma targata Loison
L’arte di far torte e biscotti (e di vestirli con eleganza)
Limoni di Amalfi, arance siciliane, cedri di Diamante, liquirizia di Sibari, albicocche della Pianura Padana, nocciole delle Langhe, mandorle di Bari e Avola e tanti Presidi Slow Food (dal mandarino tardivo di Ciaculli al chinotto di Savona) invece per la produzione targata Loison, sinonimo di pasticceria dal 1938. Una realtà vivace e dinamica: capitanata da Dario, ben salda nella vicentina Costabissara, ma capace di osservare il mondo. E di parlare con il mondo. In maniera analogica e digitale. Con la carta (il catalogo di Natale pare un libro di fiabe) e attraverso il web. Grazie a una strategia multicanale che non dimentica heritage e futuro, materia prima e rapporto umano, comunicazione veloce e lavorazioni lente, innovazione e sostenibilità. Impianto fotovoltaico a parte, le shopper sono infatti realizzate in plastica riciclata e coffret e latte sono studiati per divenire una meravigliosa risorsa. Collezioni sartoriali, che portano la firma di Sonia Pilla, moglie di Dario e art director di Sonia Design. Che per queste festività abbraccia l’arte, lasciandosi ispirare dai fregi decorativi, da sempre usati in architettura, pittura e scultura. Così la Latta XVII Limited Edition sposa ornamenti delicati e dorati; la Barocco pesca idee da tessuti, arazzi e affreschi; la Venezia evoca le chiese della Serenissima; e la Damasco veste esclusivamente il pandoro (in un poker di declinazioni). E dentro i preziosi pack? Biscotti in vari gusti e per ogni occasione, veneziane, filoni (aka il panfrutto in tante versioni), torte (come la Tosa, intitolata alla Mirandolina goldoniana) e panettoni. Fra le novità? Quelli con arancia e cioccolato (un cru monorigine sudamericano) e con pera williams e cioccolato. Avvolto anche in una veste all’insegna di Frutta e Fiori. Botanico scrigno pronto a celare persino il panettone con sciroppo di rose liguri e crema alla rosa.
In principio fu il Delirium. Poi venne la Confusion. Infine arrivarono centinaia di Moai, pronti a ripetere: Moai Paura. Uova-non uova di Pasqua con allegato un messaggio corale di integrazione sociale. Un progetto messo a segno (e che ha lasciato il segno) grazie alla mente volitiva di Fabio Longhin, deus ex machina della Pasticceria Chiara di Olgiate Olona, in provincia di Varese. E grazie alla partecipazione degli street artist Urbansolid, nonché di due realtà di Busto Arsizio: la onlus Mai Paura, capeggiata da Emanuela Bossi, attiva nel promuovere lo stare bene anche in caso di malattia, disagio e disabilità; e l’Istituto Tecnico Economico Enrico Tosi, capitanato dalla preside Amanda Ferrario. Del resto Fabio ama connettere, collegare e interagire, creando ponti e abbattendo schemi, barriere, stereotipi e tabù. Perché lui alle convenzioni non è proprio avvezzo. Ecco allora nascere Destroy, ennesimo monito al cambiamento e alla riflessione. Un invito ad andare al cuore, all’essenza, alla sostanza. Distruggendo maschere e sovrastrutture, per raggiungere il nucleo e la verità. E da spaccare, spezzare, rompere e sgretolare - con le mani, con una sfera, col martelletto - è un dolce stratificato. Alla base? Una frolla, che sostiene una morbida mou e un sablé sbriciolato, realizzato con la farina Petra Evolutiva del campo che Fabio ha adottato in Sicilia. Ad avvolgere il tutto? Cioccolato fondente, croccante e al tempo stesso scioglievole. Un dolce che fa rumore, da acquistare direttamente in pasticceria. Per farlo giungere integro a casa, ed evitare che si riduca in frammenti già durante la spedizione.