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Un progetto virtuoso che sublima in un gruppo volenteroso. Un concetto visionario che si trasforma in linfa vitale. Un grano maturo che abbraccia filosofia e tecnologia. In casa Petra - Molino Quaglia, l’iniziativa Adotta un Raccolto cresce. Divenendo scintilla per un’economia del futuro
“Noi, in questi anni, dobbiamo chiedere scusa ai contadini. Scusa per non essere stati in grado di abbracciarli. Quando invece, sia gli artigiani sia i mugnai, si devono interfacciare con rispetto nei confronti degli agricoltori. Perché essere contadino è un orgoglio”. Il monito di Luca Doro risuona forte e chiaro, provocatorio e profondamente vero. Anche perché lui, figlio della ruralità di Macerata Campania, sa bene cosa significhi piegare la schiena e tenere mani e piedi per terra. Lo sa bene ed è fiero di un progetto come quello che va sotto il nome di Adotta un Raccolto, firmato Petra - Molino Quaglia, in sinergia con Simenza, la cumpagnìa siciliana sementi contadine. Un progetto che scardina le regole, rompe le barriere e va fuori schema, nel nome dell’inclusività, della trasparenza e della sostenibilità. “Questo è l’embrione di una nuova economia. L’economia del futuro. In cui l’atto della compravendita viene cancellato, superato da una dinamica molto più complessa. Si parla di valore, non di prezzo. E si parla di stima, rispetto, giustizia e fiducia fra agricoltori, mugnai e artigiani. Perché fra loro si crea confidenza. Andando nel campo insieme, mangiando insieme, condividendo alcuni momenti insieme. Perché tutti si impegnano, insieme, a mantenere in vita un progetto”, spiega Giuseppe Li Rosi, contadino-custode nonché presidente di Simenza, in occasione di una giornata speciale: la molitura dell’annata 2023 del grano tenero evolutivo Furat (come il nome arabo del fiume Eufrate). Occasione che ha visto riunita una buona parte degli oltre trenta adottanti il raccolto (di una sessantina di ettari, diffusi fra le province di Catania, Enna, Palermo e Messina), per assistere live alla macinazione. Certo, perché gli adottanti sono invitati a partecipare a tutte le fasi di vita del grano: dalla semina alla raccolta, dalla molitura all’etichettatura. Che mette in evidenza nomi, cognomi, insegne, annata e coordinate geografiche. Per la massima chiarezza.
In alto, i sacchi di grano tenero evolutivo portano i nomi delle insegne degli adottanti il raccolto. In basso, alcuni momenti della giornata di molitura dell'annata 2023 - Foto di Francesca Paluan
Voce del verbo condividere
“Le adesioni aumentano. Sono sempre di più coloro che scelgono di stare con noi e di portare avanti un’idea. Convinti che sia un percorso che ci porterà lontano. Questione di sensibilità, che fa bene a noi e a tutte le attività”, dichiara Chiara Quaglia, amministratore delegato di Petra - Molino Quaglia. Fiera di un’iniziativa che in pochi anni ha preso piede e ha conquistato il cuore di molti, coinvolgendo innumerevoli pizzaioli, pasticceri e panificatori, dal nord al sud della Penisola. “Diversamente da altri progetti, questo è un progetto felice. Capace di contribuire a un modello di economia sana, ripartendo il rischio fra tutti gli attori della filiera. L’agricoltore si prende il rischio di essere pagato alla semina e non al raccolto. Il mugnaio si prende il rischio di una possibile bassa resa. E l’artigiano, che utilizza la farina, si prende il rischio di non essere abbastanza bravo nel comunicarlo correttamente al consumatore finale. Però in questo modo tutti ci guadagnano qualcosa. Tutti vincono e nessuno perde. Tutti sanno di rappresentare un pezzetto del progetto”, commenta Piero Gabrieli, direttore marketing di Petra - Molino Quaglia. Facendo focus sul senso collettivo e corale dell’iniziativa. E ricordandone le radici. Che affondano nell’Accademia del Pane (nata nel 2006), per poi germogliare in Comunipane (nel 2009), il primo simposio tecnico sul pane italiano. Un evento nato per aggregare, condividere e innescare la scintilla del cambiamento. Scintilla sublimata in fiamme grazie a Bread Religion (nel 2013, nel cuore di Este) e a Collisioni (dal 2014, a Barolo). Con il pane a divenire icona sacra e laica di una comunità. Metafora di socialità.
“L’obiettivo non è fare un prodotto migliore, bensì concorrere a un pensiero migliore”, precisa Piero Gabrieli.
In alto, Riccardo Nasti, Alice Bernardi, Davide Manera e Gabriele Bonci. In basso, i tecnici Luca Giannino e Fabrizio Mancinetti con l'artigiano Massimo Quaglia - Foto di Francesca Paluan
Da progetto a gruppo
Ma non finisce qui. “Il progetto Adotta un Raccolto è partito dalla Sicilia e continuerà in Sicilia, ma è già stato esportato fuori dai confini siciliani. Il tutto senza nulla togliere alla Sicilia, anzi, allargando gli orizzonti. Ad esempio, è giunto nelle campagne di Ascoli Piceno e in quelle di Rieti, grazie a Mirko Petracci e a Gabriele Bonci, che sta lavorando in sinergia con l’agronomo Luca Rando. In tal modo si sperimenta l’adattamento della popolazione di grano tenero evolutivo anche in altri territori italiani. Al fine di avere una mappatura completa”, precisa Luca Giannino, al coordinamento di un’iniziativa in netta crescita. Anche dal punto di vista concettuale. “Il termine progetto viene addirittura superato. Preferiamo parlare di gruppo. In un progetto gli attori partecipano, quasi da elementi esterni. In un gruppo invece tutti gli attori sono protagonisti. Agricoltori, molitori e artigiani sono parte attiva e interattiva. Perché insieme si può capire come seminare meglio, macinare meglio e lavorare meglio un cereale. E magari si può scoprire o riscoprire una varietà agricola nuova. Da coltivare in prossimità della propria pizzeria, della propria pasticceria o del proprio panificio. Avendo così il proprio frumento, ma condividendo con tutti virtù, criticità, difficoltà e possibili soluzioni. L’obiettivo? Costruire una carta delle popolazioni di grano evolutivo e delle nuove varietà. Per avere un sempre più ampio ventaglio di possibilità”, continua Giannino. “In questo modo si raggiunge l’apice dell’artigianalità: fare e offrire un prodotto unico, esclusivo, altamente distinguibile. Perché fare un prodotto che cambia non è una cosa negativa. È un valore”, dichiara Chiara Quaglia.
“In un gruppo le informazioni, le idee e le conoscenze si scambiano e si muovono in maniera fluida. Si mescolano persino i campi semantici. I pizzaioli arrivano a parlare un linguaggio diverso, utilizzando termini che non sono abituati a usare”, fa notare Giuseppe Li Rosi.
Luca Doro, Massimo Quaglia e Gabriele Bonci sono solo alcuni degli adottanti il raccolto - Foto di Francesca Paluan
Sartoria e tecnologia
Gruppo. Insieme. Filiera circolare. Inclusione. Condivisione. Queste le parole chiave di Adotta un Raccolto. Non solo un progetto, bensì un collettivo, tenuto ben saldo da un unico obiettivo. Un gruppo unito, che ha fatto sentire la sua presenza prima nell’headquarter di Vighizzolo d’Este, poi nel più piccolo impianto di Este, per assistere live alla macinazione. In un molino sartoriale, ad altissime prestazioni tecnologiche, con tanto di selezionatrice ottica all’avanguardia. Un molino in miniatura, pensato su misura per trasformare il grano tenero evolutivo in farina Petra Evolutiva, di tipo 1 e di tipo 2, pronta per essere lavorata in purezza. Un molino talmente versatile da poter essere utilizzato anche per il grano duro evolutivo, nonché per altri cereali come segale, orzo, farro. Persino per legumi come i ceci. “Si tratta di un impianto gioiello. Piccolo, maneggevole, flessibile”, puntualizza il capo mugnaio Gianluca Sinigaglia. Facendo partire la prima molitura dell’annata 2023 di Furat: quello di Massimo Quaglia, al timone di Pane Quaglia (a Sant’Urbano, Padova) e di Mama (a Lendinara, Rovigo). Fiero pure di aver preparato una serie di pani e pagnotte, per un bread tasting all’insegna della vitalità biologica. Con le farine Petra Evolutiva, Petra Maiorca - “in Sicilia la farina di grano tenero per antonomasia”, come puntualizza Li Rosi - e Petra Farro Monococco. Non trascurando la farina di grano duro evolutivo e quella di segale iermana, recentemente messa a dimora nel Reatino (con l’idea di implementarne la coltivazione). “La segale assorbe molta acqua, ma il pane ha un gusto e una struttura straordinari”, precisa lui.
Coloro che adottano un raccolto possono seguire tutto il ciclo vitale del grano. Sino all'assaggio del pane - Foto di Francesca Paluan
Pane, fiducia e perseveranza
E a difesa del pane buono e autentico ci si mette in prima linea anche Paolo Piantoni, alla guida del Forner, griffe che conta ben sei insegne nella sola città di Brescia. “Dobbiamo metterci perseveranza e continuare a fare il pane grande. E comunque dobbiamo fare il pane. Perché il pane, per venderlo, bisogna farlo. A me piace che i clienti possano scegliere, a qualsiasi ora del giorno. Al limite, con quello che avanza ci si fa dell’altro”, commenta con piglio Paolo. E sua moglie Stefania Bornati (direttore degli store) rincalza: “Il pane che avanza noi lo grattugiamo e lo diamo al birrificio Riversa (a Cascina Torrazza, sempre nel Bresciano, ndr), che lo traduce in birra. Praticamente il pane che si beve”. Due che credono nel gruppo Paolo e Stefania, al punto di aver deciso di adottare da subito il raccolto. “Il primo anno ho lavorato la farina Petra Evolutiva di tipo 2, e ho faticato un po’ a farla capire. Il secondo anno allora ho scelto di farla di tipo 1, ma tutti la volevano di tipo 2. A questo punto mi sa che la farò molire un po’ nella prima tipologia e un po’ nella seconda. Sta di fatto che piace, e molto. Tra l’altro io uso sempre il lievito madre. Perché non ho mai lavorato le farine Petra con il lievito di birra. Devo fare i complimenti a Chiara e a Piero non solo per la passione e la costanza che mettono nel darci un prodotto di qualità, ma anche per il messaggio che continuano a diffondere. Spero che lo colgano e lo sposino sempre più persone”, suggella Piantoni.
In alto, Luca Doro, Gabriele Bonci e Giuseppe Li Rosi. In basso, Paolo Manara, Tommaso Vatti e Davide Giallongo - Foto di Francesca Paluan
Io ci credo
Ma cosa significa fare parte del gruppo? “Significa in primis famiglia. Condivisione di idee e obiettivi”, dichiara Davide Di Bilio, patron di Fuori Tempo, sia a Canale (nel bel Roero) sia a Chieri (vicino a Torino). “Significa far parte di un progetto che aiuta finalmente contadini e agricoltori, che sono sempre stati l’anello debole della filiera. Significa ridare dignità all’agricoltore, garantendogli una migliore qualità di vita. Significa creare e realizzare un prodotto etico”, aggiunge Lello Ravagnan, capitano veneziano di Grigoris (ad Asseggiano), LaBakery (a Zelarino) e TheBakery (a Mestre, Venezia). “Per me invece significa essere parte attiva e propositiva di un cambiamento, finalizzato anche alla salvaguardia di alcune varietà di cereali. Che poi vuol dire tutelare e difendere i territori. Il bello è che in tutto questo anche il consumatore finale si sente coinvolto, o bisogna coinvolgerlo. Del resto, più si condivide una visione, più è facile il cambiamento”, dichiara Alice Bernardi del Filonificio di Ferrara. “Certo, è importante non solo avere un unico obiettivo, ma anche trasmettere al cliente tutta la consapevolezza e tutto il lavoro straordinario che vi è dietro un prodotto. Affinché capisca e percepisca il prodotto”, precisa Pierangelo Chifari, patron dell’Archestrato di Gela (a Palermo e a Monreale).
In alto, Antonio Ilardi, Mirko Petracci e Pierangelo Chifari. In basso, Davide Di Bilio, Luca Doro, Lello Ravagnan e Antonio Carratù - Foto di Francesca Paluan
Singolare e plurale
Coinvolgere il consumatore, quale parte attiva del gruppo. Di questo ne è convinto anche Tommaso Vatti, alle redini della Pergola e di Autoctona (a Radicondoli, Siena): “Far parte del gruppo significa fare rete. Fra agricoltori, trasformatori, artigiani e clienti finali. Per far vivere a tutti l’esperienza della filiera. Inoltre fare rete vuol dire condividere linguaggi diversi, aumentare il sapere, capire come funziona l’agricoltura, conoscere meglio il grano. Intuendo persino come questo possa cambiare, a seconda del momento della raccolta. Per fare un parallelismo col mondo norcino, fissato come sono con la cinta senese mi piacerebbe capire quanto sia differente lavorarla a novembre o a febbraio. E poi bisogna dire una cosa: il gruppo non annulla l’identità. Anzi, la esalta. Perché noi facciamo tutti il pane, ma non lo facciamo uguale. I nostri prodotti sono tutti diversi. Perché la ricetta è nelle mani e nel cervello”. Della serie il singolare all’interno di una mission plurale. “Io ho deciso di aderire al gruppo proprio per il concetto di diversità. Per il bello di fare un prodotto diferente, non solo da quello che fanno gli altri, ma pure da se stesso”, ribadisce Paolo Manara di Sciara Pizzeria Vulcanica, a Catania. Divenuto grande amico di Davide Giallongo, frontman di Mazzini60 Pizza & Bistrot, a Pozzallo (Ragusa): “Per me Petra significa famiglia. Perché unisce nord e sud, senza preconcetti e interessi. Nel gruppo non c’è competizione, ma collaborazione. Nel segno del miglioramento”.
Riprese video a cura di Francesca Paluan
Semi e social
E c’è pure chi ha notato dei cambiamenti. “Sì, il gruppo, dopo l’esperienza della semina, è cambiato. Si è evoluto. Da semplici pizzaioli siamo entrati in stretta connessione con agricoltori e mugnai. È aumentata la nostra sensibilità”, confessa Mirko Petracci, non solo patron della Scaletta di Ascoli Piceno, ma pure paladino del grano tenero evolutivo in terra marchigiana. Avendo seminato tre ettari: due non lontano dall’insegna, nelle frazioni di Mozzano e Casamurana, in tandem con l’agricoltore Annunzio Di Cola; mezzo ettaro a 800 metri di altitudine, ad Arola, una frazione di Acquasanta Terme; e un altro mezzo ettaro in località Marino del Tronto, a fini didattici, sotto l’egida dell’Istituto Tecnico Agrario Celso Ulpiani. “In effetti non mi aspettavo un gruppo così coeso. Un gruppo capace di avere un approccio diverso al prodotto. Nel senso che prima compravi il sacchetto di farina. Ora hai il tuo sacco, sapendo quello che c’è dentro e quello che c’è dietro”, commenta Antonio Ilardi di Sud, a Lucca. “L’idea di gruppo è anche rassicurante. Aiuta a superare i momenti di instabilità. Perché ciascuno non rimane solo nel proprio angolo”, aggiunge Davide Manera, a capo di Nostra Manera (a Corneliano d’Alba e ad Alba). Un gruppo vivace, pieno di vigore e buoni propositi. Risultato? Ad Alexandru Osoianu - del trentino No Format - è balenata in testa un’idea: costruire tutti insieme la giornata annuale del Pane del Buon Raccolto (#petraevolutivaday), come buon auspicio per la nuova semina. “Dopotutto siamo un piccolo gruppo che può diventare grande. Anche attraverso i social”, dice Alex. Così il prossimo 22 novembre tutti gli adottanti sforneranno in rete e nei loro negozi il pane con Petra Evolutiva annata 2023, dopo essersi scambiati per l’occasione la farina. Sull’onda della proposta entusiasta di Gabriele Bonci. Che dona la sua perla di saggezza: “È la tecnologia unita alla filosofia a creare il progresso”.