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Nel Bresciano, la storia di un imprenditore lungimirante e visionario. Capace di non scoraggiarsi mai, infondendo fiducia e dispensando stupore e incanto. Tre le insegne attualmente attive: Salamensa, Copelia e Miralago. La prima a Montichiari, le altre due a Padenghe sul Garda. E Cloe? Qui vi spieghiamo tutto
“La nostra missione è meravigliare per elevare, facendo diventare magiche le semplici cose che ci rendono umani: mangiare, bere, stare insieme, divertirsi”. Così la pensa Mino Dal Dosso. E così è scritto (a lettere cubitali) all’incipit del Codice Etico: una pietra miliare, che lui stesso ha fortemente voluto come bussola per il suo gruppo, dopo il lockdown, dopo la pandemia, dopo un periodo non certo facile. Perché lui, Mino (al secolo Benigno), è un imprenditore illuminato. E non solo perché ha le idee chiare e gli brillano gli occhi. Mino è un visionario, un ottimista, un cuor contento. Capace di comunicare felicità. Uno attivo, dinamico, propositivo, volitivo. Che crede nel sacrificio, nella responsabilità, nel lavoro di squadra, nella collaborazione, nella generosità, nell’integrità e nello stupore. Valori inossidabili e imprescindibili. Un uomo autentico, riflessivo e concreto. Che se cade si rialza. Che tiene piedi per terra, continuando a sognare. Che guarda in basso, puntando in alto. “Perché non ci si deve mai accontentare. Anzi, bisogna elevarsi per elevare. Imparare sempre e insegnare sempre. Perché è necessario crescere, ma anche saper trasferire il know-how. Facendo crescere pure chi ti sta intorno”. Una fede nell’evoluzione sintetizzata e condensata in quel segno “+” che se ne sta accanto alle sue insegne bresciane: Salamensa a Montichiari; Copelia e Miralago a Padenghe sul Garda, direttamente au bord du lac. Locali diversi, fuori schema e fuori dal coro. “Mi stimola molto fare cose particolari”, ammette Dal Dosso. Capace pure di scrollarsi di dosso tristezza e pesantezza. Per sposare la leggerezza. Da non confondere con la frivolezza, come docet Italo Calvino in Lezioni americane. Quella di Mino è più una “leggerezza pensosa” o una “leggerezza della pensosità”. Un balsamo per l’anima.
Mino Dal Dosso presenta Salamensa, il quartier generale del gruppo, nella bresciana Montichiari
Salamensa, un progetto in crescita
Classe 1976, radici a Montichiari (come la madre) e padre veronese. “Quella di papà era una famiglia di agricoltori. Seguivano castagneti e ciliegeti in quel di Tregnago e di San Mauro di Saline. E anche noi abbiamo vissuto a lungo nella campagna bresciana. Fra vacche, granturco, orti e serragli abitati da faraone, germani e fagiani. La mia passione per il cibo nasce proprio in quel periodo”, racconta Mino. Ultimo di cinque figli e già a 14 anni pronto a dividersi tra ferro e pallone. “Sì, sono andato al lavoro prestissimo. Facevo il fabbro, in un’azienda di veicoli industriali. È lì che ho imparato a plasmare i metalli. Ma ho anche cominciato a giocare a calcio. Ho dedicato tantissimo tempo allo sport, arrivando sino in serie C”, continua orgoglioso lui. Che presto parte per il servizio militare a Roma, prendendo la patente. Anzi, tutte le patenti: della A alla E. “Col risultato che mi sono messo a fare il trasportatore nell’impresa di famiglia”. La strada è segnata. In discesa e in salita, ma sempre dritta e senza intoppi. Finché una curva gli fa cambiare direzione. È la svolta. “Era il 2005 quando acquistai i primi cento metri quadrati di quello che sarebbe diventato Salamensa. Era un bar gelateria a Montichiari. Ma presto io e mia sorella Patrizia lo trasformammo in un wine bar con piccola cucina. Si chiamava La Barbatella. Che abbiamo mantenuto come nome della società. Mi sono messo persino a studiare, diventando sommelier Ais. Poi? Il negozio di ricambi accanto vendeva e così ci siamo allargati”. Nasceva così, nel 2008, Salamensa. Che conosce due ulteriori upgrade: nel 2013, con lo spazio dedicato alla forneria; e nel 2015 con l’area vocata alla pasticceria. Fatto sta che oggi l’insegna ha colonizzato via Monsignore Oscar Romero, contando 650 metri quadrati. Ai quali si aggiungono i 450 di magazzino. “Che ora dedicherò alla produzione. Per implementarla e meglio organizzarla. Ho già tutto: tuffanti, sfogliatrici, celle frigorifere”.
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura”. Così scrive Albert Einstein ne Il mondo come io lo vedo, riferendosi alla grande crisi del 1929. E così si legge sulla vetrina capostipite di Salamensa.
Aperto tutti i giorni e tutto l'anno, Salamensa propone anche gustose colazioni, nella zona dedicata alla pasticceria
Sempre aperto, tutto a vista
Salamensa. Uno spazio conviviale, democratico, libero. Da stereotipi e da barriere concettuali. Aperto tutto l’anno, tutti i giorni (dalle 7 alle 15 e dalle 17.30 alle 24) e tutto a vista. “Tutto merito del designer Ermanno Preti. Lui, oltreché seguire i miei locali, mi ha aperto la testa. Ricordo che mi portò all’Hotel duoMo di Rimini. E dopo averlo visto dissi: ecco, anche io voglio fare qualcosa di bello”. E Mino ha fatto qualcosa di straordinario. Anzitutto perché fuori dall’ordinario. Un locale easy e smart, dinamico e scattante. Come la sala di una mensa. Inclusiva e interattiva. Dove tutto è collegato, connesso, correlato. Dove forni, laboratori e banconi sono a portata di sguardo. E dove i tavoloni invitano alla socializzazione. Mentre sopra i tavoli vi sono matite colorate e candide tovagliette in carta. “Perché non si sa mai che a qualcuno venga un’idea e abbia bisogno di metterla nero su bianco”, precisa Mino. “Pensare che all’inizio giravo persino in vestaglia da mensa e le sedie erano infilate sui tavoli. Proprio come in mensa”. Uno luogo decisamente sui generis, che evolve col passare delle ore. Visto che qui si può pranzare, cenare, far merenda, prendere un aperitivo (magari con un beer cocktail by Baladin) e assaporare un buon breakfast. In questo caso rigorosamente self-service. Della serie: guardi, scegli, prendi, ti accomodi e mangi. Anche se poi c’è la supervisione della brava Cristina Dos Santos e ci sono le opzioni “colazioni”: italiana, francese e americana. Per muoversi fra brioche e croissant, toast e pancake, croque monsieur e uova strapazzate col bacon. “E ora sto lanciando la pizza alla pala alta, sia per l’asporto sia per l’aperitivo. Per questo, a settembre, dalle 17.30 alle 20, la offrirò a coloro che prenderanno un drink. In seguito passerò anche alla vendita del pane. Ma prima voglio studiare bene le proposte. Un passo per volta”.
La pizza e il pane, due grandi protagonisti di Salamensa
Eating & Sharing
Pizza. Una delle parole chiave dell’insegna di Montichiari. “E devo dire che la partecipazione a un’edizione di PizzaUp mi ha cambiato la vita e pure la visione. Perché è da quel momento che ci siamo specializzati nel padellino”, puntualizza Dal Dosso. Fierissimo della sua pizza al padellino, complici le farine Petra 3 e Petra 9, tanta passione e una lunga lievitazione. “La serviamo divisa in spicchi, sulla ghisa caldissima. Così non solo rimane fragrante, ma assume una sorta di intrigante biscottatura”. Una soluzione innovativa, per una pizza dalla spiccata personalità. Nel senso che la assapori e dici: questa è di Salamensa. Punto. Al topping: acciughe del Cantabrico Nardín, pomodoro, mozzarella di bufala campana, capperi e origano di Pantelleria. Oppure? Prosciutto di Parma Sant’Ilario 24 mesi, fiordilatte, stracciatella pugliese e basilico. Semplici ed empatiche. Così come simpatiche sono le pizze tonde al piatto, in cui è la Petra 5063 (la Special) a dar la giusta grinta. Da provare? Quella con tartare di cavallo, fiordilatte d’Agerola, pacchetelle gialle, pomodoro datterino confit, cipolla rossa di Tropea in carpione, julienne di zucchine e olio al basilico; e quella con bresaola della Valtellina, gorgonzola dolce, pere senapate (homemade, in vendita nell’area bottega) e olio extravergine bio Apulio dell’azienda agricola Roberto Cordisco, direttamente dall’Alto Tavoliere delle Puglie. Invece, da segnare in agenda è la serata del 15 settembre, facente parte della collection educativa Mangia & Impara e in questo caso dedicata alla pizza. Per conoscere differenti impasti, cotture e farciture. Dalla pizzetta di sfoglia al cubo alla romana, dalla pala bassa a quella alta, sino al padellino. In pairing con le birre Baladin e con il cocktail Beer Americano (sempre by Teo Musso), in lattina, easy to drink. “È un format di successo, pensato per gustare con mente e palato. Io sono presente e tra una portata e l’altra racconto, mi confronto e parlo con la gente. Abbiamo già acceso i riflettori su carne, caviale, ostriche e Champagne, sushi e Lugana. E altri appuntamenti stanno per arrivare”, annuncia il patron. “Perché il segreto per lanciare e mantenere vivo un locale è quello di creare eventi e iniziative”. Meravigliare e stupire. Sempre.
Una cucina semplice ed empatica quella di Salamensa, incentrata su concretezza, materia e qualità
Spaghetti, pollo, insalatona e una tazzina di caffè
Ma da Salamensa anche la cucina è da sperimentare. Ai fornelli? Due ventenni: Marco Lucchini e Gaia Botticini. In sala: Mino e sua moglie Elena. In carta: tartare di fassona della Macelleria Cazzamali con sale di Cervia, extravergine del Garda e capperi panteschi; carpacci di salmone sockeye dell’Alaska, branzino e capasanta, serviti con cracker artigianali al farro, burro montato, salsa al passion fruit, zest di lime e sale di Maldon; e frittura mista di pesce. E ancora, spaghetti (by Pietro Massi, made in Senigallia) alle vongole; risotto (un carnaroli by Acquerello) al limone e gamberi rossi di Mazara del Vallo; gnocchi di patate al pomodoro della mantovana Cascina Cavalta; pollo con olio al rosmarino (e carote glassate all’aceto balsamico e miele); nonché ittica insalatona Salamare, preziosa di aceto ristretto di pere Gölles. Piatti solari e mediterranei, casalinghi e rassicuranti, ma dagli ingredienti ricercati e accuratamente selezionati. Perché Mino crede nel cibo sano e naturale. Ribadendolo nel suo Codice Etico. E ha fede pure nel pane. Basta assaggiare per capire: grissini sfogliati al burro; pane in casetta con lievito madre (integrale con Petra 9 o con Petra 3 e Petra 1); pane di semola di grano duro e patate; pane al farro, miele e noci. “Certo, oggi siamo buoni, ma dobbiamo raggiungere l’eccellenza. Desidero migliorare ancor di più la qualità. Per questo ho deciso di rimettermi in prima linea sul prodotto. Questo non significa tornare in laboratorio. Lì i miei ragazzi sono e saranno sempre protagonisti. Significa restare concentrato sulla materia. Perché spesso velocità e frenesia distraggono”. E lui non si distrae neppure sul caffè: della Torrefazione Giamaica (sì, quella di Gianni Frasi), messo a punto con la super Faema a quattro gruppi.
Arte, magia, acrobazia, illusionismo, musica: quando il gusto incontra l'intrattenimento
La sottile arte del convivio
Un professionista lungimirante Mino. Che può contare sul braccio destro (e pure sinistro) Ambra Martani. Mentre la sorella Patrizia sta agli ordini e agli acquisti, nonché alla regia delle cucine. “E a duecento metri da Salamensa ho appena preso altri spazi. Nascerà presto un’academy focalizzata sulla formazione gestionale e manageriale nell’ambito ristorativo”, svela Dal Dosso. Che non dimentica di raccontare la genesi di quello che è stato il suo secondo locale, a pochi passi dal quartier generale “Era il 2015 e lì vi era una concessionaria Alfa Romeo, ormai vuota. Inizialmente pensai di aprire una birreria. Poi decisi di fare qualcosa per i giovani. Per sensibilizzarli sul problema delle droghe e delle sostanze stupefacenti. Così lo battezzai provocatoriamente I love cocaine. Lo realizzai tutto io, a mano. Creando una vera e propria installazione artistica, fra led e polistirolo pressato. Ne parlarono tutti. Forse avrei dovuto essere più determinato nel portare avanti il progetto”, ammette con un filo di rimpianto Mino. Che in seguito muta volto e anima di quel luogo, sublimandolo in Cloe. “Sì, perché nel frattempo Albert e Ferran Adriá avevano aperto Heart a Ibiza, in tandem col Cirque du Soleil. Miscelando gastronomia, arte, musica e spettacolo. In più avevo conosciuto un istrionico artista come Kai Leclerc. Così decisi anch’io di creare un grande dinner show, animato da una dozzina di ballerini, attori, acrobati, cantanti, musicisti. Nacque Cloe - La città invisibile, con palese riferimento a Le città invisibili di Italo Calvino”, ricorda Mino. Descrivendo pièce dalla dimensione onirica, sospese fra sapore, sogno, sensualità, comicità, euforia, teatro, magia e illusionismo. E adesso? “Preferisco tenere Cloe in stand by. Per concentrarmi su Salamensa e migliorarne la proposta. Insomma, fare meno cose, meglio”, confessa lui. Che ben sa trasferire la sua arte del convivio e dell’intrattenimento nei catering, le jam session del gruppo. “In questo tipo di servizio seguiamo la lezione del Piccolo Principe: "l’essenziale è invisibile agli occhi". Cerchiamo di entrare in empatia con le persone. Studiamo gli spazi e le atmosfere. Perché l’importante non è il fiore, il filetto o il piatto instagrammabile. L’importante è emozionare”.
I luminosi e ariosi spazi del Miralago, a Padenghe sul Garda
A Padenghe, effetto Miralago
E agli eventi Mino dedicherà gli ambienti del Miralago. Che se ne sta a Pedenghe sul Garda, insieme a Copelia. Anzi, esattamente sopra Copelia. “Correva sempre l’anno 2015, il periodo della mia grande accelerata, quando venni a sapere di un bando riguardante lo stabile. Che si trovava proprio sulla lunga passeggiata che collega Padenghe a Moniga. Bene. Il parcheggio era pieno, ma non vi era nessun locale. Intuii subito la potenzialità dell’affare. In quattro mesi aprimmo. Era l’aprile 2016. In totale: 1.900 metri quadrati fra sopra e sotto”. Un’ennesima sfida che Mino fu pronto ad affrontare. “Ora il Miralago, dopo che è stato un ristorante per tanto tempo, diventerà uno spazio per eventi. Accoglieremo sia i piccoli gruppi, anche da 15 persone, sia i grandi gruppi, sino a duecento commensali”, rivela Dal Dosso. Muovendosi in un luogo versatile e luminoso, che può contare su ampie terrazze e patii panoramici.
Copelia: una spiaggia da vivere in ogni stagione
Da Copelia si va in spiaggia tutto l’anno
E Copelia? È la parte più gioiosa ed esuberante del Dal Dosso Group. Una spiaggia a bordo lago, attiva tutto l’anno. Primavera, estate (quando vi è pure la produzione di gelato artigianale), autunno e inverno. “Io lo ripeto sempre alla mia brigata: voi dovete immaginare questa spiaggia non come un food truck, ma come se fosse una sala. Meritevole di un servizio perfetto e puntuale. A Capodanno poi organizziamo sempre il Chocolate Party, con spillatura di cioccolato caldo a varie percentuali di cacao. Inoltre, durante la stagione più tiepida e fredda, accendiamo i bracieri, e il sabato e la domenica proponiamo cucina e street food. Sdraio e lettini sono sempre fruibili. E il sole si può prendere anche col giubbotto o col cappotto. Gli unici diktat? Basta che non piova; e si chiude quando fa buio”. Un locus amoenus Copelia, dove sentirsi in vacanza. Dove assaporare una buona colazione, un burger, un club sandwich, una pizza in pala pieds dans l’eau. Magari sorseggiando un drink. Come un Gin Tonic con GinAro Blue, made in Brescia. Un gin che al contatto con l’acqua tonica (o con l’acqua brillante) cambia colore, diventando viola. Meraviglioso.