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rinascita.

Carmen Vecchione e il rewind 2.0

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di Cristina Viggè

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Carmen Vecchione a Sigep 2020 - Foto di Paolo Terlizzi

Carmen Vecchione: “Riaccendere un altro interruttore”

È nata. Rinata. E rinascerà. Carmen Vecchione, millesimo ’74 e la verde Irpinia nel sangue, non si è mai seduta sugli allori. Neppure su quelli della laurea in Economia e Commercio. Tant’è che dopo alcuni anni da commercialista decide di cambiare strada. Completamente. Andando a lavorare al fianco dello chef Lino Scarallo, nel ristorante avellinese La Maschera. “Poi però mi sono appassionata alla pasticceria. Trovo che mi somigli caratterialmente. Perché è programmatica, rigorosa. Come sono io”, spiega Carmen. Che così riscopre il lievito madre. “Nella casa dei miei nonni, che avevano un’azienda agricola, il lievito da riporto per il pane era cosa normale. Noi bambini sentivamo sempre il suo profumo. Così quando mi sono riavvicinata a lui, anche grazie a Rolando Morandin, mi è sembrato un elemento a me familiare”, ribadisce la pastry chef. Capitana della pasticceria Dolciarte di Avellino. “Ecco, in questo periodo di chiusura forzata, dopo un attimo di immobilismo, è stato proprio il lievito madre a ridarmi l’energia. Il fatto stesso di doverlo rinfrescare, di doverlo nutrire e tenere in vita mi ha fatto sentire di nuovo viva e utile. Però me ne avanzava sempre molto. Allora ho deciso di donarlo. Un pezzetto per ciascuno. Ogni giorno, lo metto nei sacchetti e lo posiziono fuori dalla porta del laboratorio. Che sta a cinquanta metri da dove abito. Mi basta sentire il rumore della carta e so già che qualcuno lo sta prendendo per portarlo a casa sua. E questo mi rende estremamente felice”.


Riprese a cura di Marco Gallocchio nello stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020 - Rimini


Intanto? Pulisce. “Ho tirato a lucido il laboratorio”, dichiara soddisfatta. Ma il suo rassettare non è un semplice spolverare e riordinare. “Questa potrebbe essere l’occasione per resettare, azzerare e ricominciare. Seguendo un nuovo modo di ragionare. Magari tagliando, anche se con un po’ di malinconia, i rami secchi. Intendo linee di produzione ormai obsolete. Che non danno più soddisfazione. Per idearne delle altre. Fresche e diverse. Certo, è necessaria una buona dose di spirito critico. Ma si può spegnere l’interruttore. E riaccenderne un altro. Senza cambiare identità. Perché la mia pasticceria rimane la mia pasticceria. Ogni dolce, ogni minimo dettaglio è studiato con cura. Qui ci sono solo prodotti creati da me”, continua Carmen. Che non dimentica il suo essere irpina. Il suo far parte di un territorio generoso. Capace di regalare eccellenze quali la cipolla ramata di Montoro, la castagna di Montella, la mela annurca e la nocciola mortarella. “Io ci tengo alla tradizione. Il mio è più un rinnovare forme e consistenze”. Sì, ci si può reinventare senza cambiare se stessi.


La pasticceria Dolciarte di Carmen Vecchione riaprirà ad Avellino. Intanto Carmen ci propone la ricetta dei suoi Plum-cake alla ricotta e mele annurche.


❓Sapremo accendere nuovi interruttori❓
Partecipa al sondaggio con 1 click >


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Carmen Vecchione: “Riaccendere un altro interruttore”

È nata. Rinata. E rinascerà. Carmen Vecchione, millesimo ’74 e la verde Irpinia nel sangue, non si è mai seduta sugli allori. Neppure su quelli della laurea in Economia e Commercio. Tant’è che dopo alcuni anni da commercialista decide di cambiare strada. Completamente. Andando a lavorare al fianco dello chef Lino Scarallo, nel ristorante avellinese La Maschera. “Poi però mi sono appassionata alla pasticceria. Trovo che mi somigli caratterialmente. Perché è programmatica, rigorosa. Come sono io”, spiega Carmen. Che così riscopre il lievito madre. “Nella casa dei miei nonni, che avevano un’azienda agricola, il lievito da riporto per il pane era cosa normale. Noi bambini sentivamo sempre il suo profumo. Così quando mi sono riavvicinata a lui, anche grazie a Rolando Morandin, mi è sembrato un elemento a me familiare”, ribadisce la pastry chef. Capitana della pasticceria Dolciarte di Avellino. “Ecco, in questo periodo di chiusura forzata, dopo un attimo di immobilismo, è stato proprio il lievito madre a ridarmi l’energia. Il fatto stesso di doverlo rinfrescare, di doverlo nutrire e tenere in vita mi ha fatto sentire di nuovo viva e utile. Però me ne avanzava sempre molto. Allora ho deciso di donarlo. Un pezzetto per ciascuno. Ogni giorno, lo metto nei sacchetti e lo posiziono fuori dalla porta del laboratorio. Che sta a cinquanta metri da dove abito. Mi basta sentire il rumore della carta e so già che qualcuno lo sta prendendo per portarlo a casa sua. E questo mi rende estremamente felice”.


Riprese a cura di Marco Gallocchio nello stand di Petra - Molino Quaglia al Sigep 2020 - Rimini


Intanto? Pulisce. “Ho tirato a lucido il laboratorio”, dichiara soddisfatta. Ma il suo rassettare non è un semplice spolverare e riordinare. “Questa potrebbe essere l’occasione per resettare, azzerare e ricominciare. Seguendo un nuovo modo di ragionare. Magari tagliando, anche se con un po’ di malinconia, i rami secchi. Intendo linee di produzione ormai obsolete. Che non danno più soddisfazione. Per idearne delle altre. Fresche e diverse. Certo, è necessaria una buona dose di spirito critico. Ma si può spegnere l’interruttore. E riaccenderne un altro. Senza cambiare identità. Perché la mia pasticceria rimane la mia pasticceria. Ogni dolce, ogni minimo dettaglio è studiato con cura. Qui ci sono solo prodotti creati da me”, continua Carmen. Che non dimentica il suo essere irpina. Il suo far parte di un territorio generoso. Capace di regalare eccellenze quali la cipolla ramata di Montoro, la castagna di Montella, la mela annurca e la nocciola mortarella. “Io ci tengo alla tradizione. Il mio è più un rinnovare forme e consistenze”. Sì, ci si può reinventare senza cambiare se stessi.


La pasticceria Dolciarte di Carmen Vecchione riaprirà ad Avellino. Intanto Carmen ci propone la ricetta dei suoi Plum-cake alla ricotta e mele annurche.


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