La pasta? È veloce, determinata, appassionata e spericolata. In una parola futurista. In barba alle marinettiane invettive. Che definivano l’amidaceo alimento colpevole di “fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo”. E invece no. A dimostrare che Filippo Tommaso Marinetti aveva torto e che la tanto vituperata pastasciutta è al contrario agile, scattante, genuina e salutare, ci si è messa di mezzo una cena. O meglio, un “pranzo parolibero”. Il secondo della storia. Visto che il primo andò in scena alla taverna del Santopalato di Torino l’8 marzo del 1931, alla presenza di Fillìa, Enrico Prampolini e P.A. Saladin. Mentre quello più recente ha preso forma grazie alla collaborazione fra il pastificio pescarese (di Pianella) Rustichella d’Abruzzo - guidato dai fratelli Gianluigi e Stefania Peduzzi, nipoti del fondatore Gaetano Sergiacomo - e Red laFeltrinelli di piazza Gae Aulenti di Milano. Il moderno bistrot dove il sapore va all’incalzante ritmo del sapere.
Un appuntamento fuori da ogni schema, studiato su misura per confutare la lentezza di spaghetti & co, valorizzandone plasticità, duttilità, versatilità e simultaneità. Complice un poker di chef: William Zonfa della stellata Magione Papale dell’Aquila; Cristian Di Tillio, chef e patron de Il Ritrovo d’Abruzzo di Civitella Casanova, nel Pescarese; Martiņš Sirmais, titolare del 3 Pavaru Restorans di Riga, in Lettonia; nonché Giuseppe Di Mauro, resident chef di Red.
Senza trascurare l’allestimento. Burattini di Fortunato Depero inclusi: Marionetta, Soldato, Gatto arrabbiato e Topo. Giocattoli-sculture in legno provenienti da un collezionista pescarese e in mostra negli spazi della vivace libreria con cucina.
A completare l’atmosfera? Musica e parole. Quelle dell’attrice Franca Minnucci, pronta a recitare e a interpretare Il bombardamento di Adrianopoli di Marinetti, I Fiori di Aldo Palazzeschi e le regole del pranzo perfetto, contenute nel futurista manifesto. Mentre l’ensemble Work in Music Project, diretto dal maestro Vincenzo Di Nicolantonio, dava voce a pianoforte, chitarra, tromba e basso. Rileggendo Bartali di Paolo Conte, Nuvolari di Lucio Dalla, Giovanni Telegrafista di Enzo Jannacci e alcuni passi de L’aviatore Dro di Francesco Balilla Pratella.
E sulle note de L’Ora del Campari di Crivel? Voilà le polibibite: Campari & Soda e Bicicletta, summa del noto bitter e del Trentodoc Ferrari “Maximum Brut”. Protagonista pure dell’incipit del desinare, quasi a richiamare quello che in Quattro Bocche Assetate (dalle Liriche Radiofoniche di Depero) viene definito come “un vino spumante in decolté, d’argento, saltante”. Mentre il giovane, esplosivo e alacre Montepulciano d’Abruzzo “Ancilla" di Ciavolich molto somigliava a “un vino preparatorio… adolescente… primaverile”; e il morbido e sontuoso “Intimo” (da uve surmature di montepulciano e merlot) della tenuta (in Pietranico) Rosarubra meglio si accostava a quel “vino spesso, rotondo, nutritivo e pieno. Un vino che mi dice tutto. Niente dolce, sodo, maturo e virile. Quadrato di corpo, quasi fosco nel cipiglio, profondo nello sguardo”, sempre tracciato nelle “bocche” deperiane.
Spaghetti svelti
Un teatro magistralmente allestito anche (e soprattutto) per accendere i riflettori sulla pasta: lesta, spedita, solerte e repentina di Rustichella. Che con la 90” Rapida batte davvero tutti i record di cottura. Una pasta veloce come un’automobile, spericolata come un aeroplano, appassionata come un bacio e determinata come uno sportivo. Del resto, lo svelano pure i quattro pack degli spaghetti. Messi a punto con semola di grano duro e trafilati al bronzo. Solo che la trafila, brevettata e sottilissima, conferisce una speciale forma a “c”, consentendo una maggior superficie di contatto in cottura. Il risultato? È uno spaghetto perfetto. Digeribile e sostenibile. Adatto a una contemporanea concezione di cucina.
E così, timer testimone, Willima Zonfa ha cotto gli spaghetti in un solo minuto e mezzo. Raggiungendo il traguardo futurista della pasta. Interpretata in quattro modi differenti dagli chef presenti. Valorizzandone la stoffa snella e aerea. Voilà la “Veloce” di William, con crema di porri, guanciale e pecorino.
Ma ecco anche la “Spericolata”, sempre griffata Zonfa: cacio, pepe e lime. Coraggiosa, temeraria e audace nella sua assoluta semplicità.
E poi? La “Determinata” di Cristian Di Tillio: ai quattro pomodori, con olio extravergine, parmigiano, crema di burrata, confettura di pomodori ai tre colori (nero, rosso e giallo) e gelatina di basilico.
Infine, la “Appassionata” firmata Sirmais, preziosa di vodka, spinaci, acciughe e prezzemolo. Ammaliante e seducente al punto giusto.
Assaggi, paesaggi e saggi di pittura culinaria
Pittore, architetto e designer legato al Futurismo, fu Nicolay Diulgheroff a ideare il plastico e metallico PolloFiat. Che prontamente Di Mauro ha riproposto. In versione petto di quaglia con maionese di rapa rossa e perla al top. Il tutto immerso in un caleidoscopio dipinto nutrito di salse targate Martiņš: al pesto, alle mele e al kirsch. Per un equilibrato effetto dolce-salato.
Sirmais che ha contribuito - insieme a Di Tillio e Zonfa - alla costruzione di un paesaggio alimentare, abitato da ostriche e finger food gourmet: tartellette, coni, tramezzini e chips in cui dialogavano salmone, formaggio di capra al ginepro, catfish affumicato, barbabietole, foie gras, composta di fichi, nonché capesante, caviale, erba cipollina e gelatina al Franciacorta. Per un iter fra bocconi smart e fast.
Paccherini duttili e dinamici
Adulava i “bocconi simultaneisti e cangianti”, il febbrile Marinetti. E allora? Eccoli, incarnati nei Paccherini alla Frutta di Rustichella d’Abruzzo. Realizzati con ben il 35% di purea di frutta. Volitivi e versatili nel loro essere abbinabili a sughi, a creme e persino a pesci crudi. Per un intrigante effetto cromatico. Ecco dunque i paccherini rossi al melograno accogliere una tartare di spigola condita con olio, sale e riduzione alla melagrana. Quelli verdi al kiwi celare una tartare di gambero rosso con riduzione di kiwi e lime. E quelli gialli all’ananas nascondere una tartare di tonno con mandorla tostata e dressing di ananas e cipolla caramellata. E quelli arancioni all’albicocca e pesca? Ospitavano una tartare di salmone e dressing al timo limonato. Mentre quelli viola ai frutti di bosco sposavano tartare di triglia e dressing ai mirtilli e porcini secchi.
Dolci sinestetici
Cremosi, crunchy, freddi, tiepidi, soffici o evanescenti, i dolci hanno coinvolto tutti i sensi. Onorando la tradizione, con le sise delle monache, tipiche di Guardiagrele, in terra teatina; omaggiando la sensazione frozen, con il gelato ai gelsi neri; e inchinandosi alla creatività con la mousse al cioccolato affumicata al tabacco, crumble di noci, quadratini di pan di Spagna imbevuti al caffè, gelée al mango, cialda di lingua di gatto e quenelle di gelato al cocco. Peccato che Tommaso Marinetti non fosse a tavola. Si sarebbe rimangiato tutte le sue anti-amidacee filippiche.