Tutta colpa di Antonino Cannavacciuolo. Che li fece incontrare qualche anno fa a Villa Crespi. Campano lui. Campani loro: Antonio Lebano e Cristoforo Trapani. Il primo - affiancato dal fratello maggiore Vincenzo - al timone della Terrazza Gallia, al settimo (e ultimo) piano dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano, griffato The Luxury Collection. Il secondo alla guida del ristorante stellato La Magnolia, salotto gourmet dell’Hotel Byron, a Forte dei Marmi. Punti in comune? Tanti. A partire dai natali, visto che Antonio e Vincenzo sono napoletani, e Cristoforo viene da Piano di Sorrento. Per proseguire con l’età: sono tutti e tre grintosissimi millennials sfioranti la trentina. Senza trascurare il loro attualissimo officiare in lussuosi alberghi.
Tre chef col sole nelle vene. Che si rincontrano. In una sorta di reunion culinaria dalle sfumature raffinate. Per dar vita a una serata ad alto profilo gastronomico: lunedì 5 febbraio, proprio alla Terrazza Gallia del capoluogo lombardo. Dove l’impronta dei Cerea plasma una filosofia votata alla massima attenzione, pur lasciando libertà d’espressione ai Lebano Bros. Forti di esperienze nelle migliori insegne italiane e forti pure di una buona dose di audacia e determinazione.
Una voglia di fare (bene) espressa in uno spazio quasi “spaziale”, materico e onirico, in cui il design ci mette piacevolmente lo zampino, fra tavoli by Fendi e sedute by Busnelli. Mentre gli sgabelli che orlano il bancone del rooftop bar - realizzato in fusione di alluminio su pietra - sono firmati Luigi Caccia Dominioni e realizzati da Azucena.
Un luogo glamour dalla forte identità, pronto ad accogliere la Versilia di mister Trapani. Che ha fatto tesoro degli insegnamenti di Heinz Beck, Moreno Cedroni e Davide Scabin per mettere a punto pietanze in bilico fra campagna e mare, Toscana e Campania, levità e sapidità. Un senso acquatico e terreno che contamina pure le delizie in menu per la serata a sei mani.
Esordio al Terrazza Gallia Bar: con gli appetizer, anzi gli stuzzicappetito degli chef, e con il Ferrari Maximum Brut: un Trentodoc - figlio di sole uve chardonnay raccolte manualmente - dal sorso morbido, gentile e delicato.
A seguire, lei: la palamita marinata allo yuzu con raviolo di rapa di Chioggia e yogurt. Della serie, quando un pesce azzurro pop suona il rock. In sua compagnia: sempre un gioiello di casa Ferrari quale l’aromatico e armonioso Perlé. Orgoglioso di sposare pure il secondo antipasto, a cura di Cristoforo: polpo arrostito, ketchup di pomodoro San Marzano, ajoli e insalata alla curcuma e limone di Sorrento. Ovvero, il linguaggio internazionale del Mediterraneo. E come primo piatto? Un cult dei Lebano brothers: “Miseria e Nobiltà”, decurtisiana traduzione degli spaghetti aglio, olio e peperoncino, serviti con pane atturrato - profumato con timo e maggiorana - e salsa di corallo di gambero rosso alla brace. Perfetti con il sensuale “Sensuade”: il marchigiano rosato di Santa Barbara, maison di Stefano Antonucci. Lacrima di Morro d’Alba, vernaccia di Pergola e moscato rosso a rincorrersi fra note di viola, rosa, fragola e ciliegia.
E dopo gli spaghetti, voilà il morone alla mugnaia con asparagi di mare e bottarga di tonno rosso, siglato da Cristoforo. Nel calice: il “Tardivo ma non Tardo” sempre di Antonucci. Un Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Classico dal bel tono giallo, dai profumi di frutta tropicale e dagli accenni speziati e vegetali. Un vino sui generis. Per l’etichetta che porta: creata dalla pittrice e ristoratrice Catia Uliassi (sì, la sorella di Mauro). E per la sua mission: parte del ricavato dalla vendita delle bottiglie viene infatti devoluto alla Fondazione Dott. Dante Paladini Onlus, impegnata nel sostegno e nella cura dei malati neuromuscolari. E per finire… il tiramisù by Lebano, complice il fragrante Moscato “Mossatel" di Santa Barbara. Piccola pasticceria a chiosa.
La cena ha inizio alle ore 20 e ha un costo di 95 euro a persona (vini esclusi) e di 125 euro (vini inclusi).