Top. Perché sta sopra, in alto, sospeso. Quasi sporgente da un lato del milanese piazzale Lotto. Top. Perché eccellente, esclusivo, eccezionale. Top. Come acronimo di The Outstanding Place, che poi alla fine significa sempre la stessa cosa: un luogo fuoriclasse, elevato, che si fa notare. E le scale mobili che conducono al suo ingresso non fanno che confermare il suo essere decisamente haute. Pur mantenendo prezzi che non vanno alle stelle.
Top Carne è così. Rinato, come un’araba fenice, dalle ceneri del Picanha’s, per anni e anni un must del churrasco in città. Ma la proprietà ha deciso di cambiare rotta, pur mantenendo lei le redini di un’insegna che ora si svela in tutto il suo splendore. Fra ottone e toni ottanio, marmi e cristalli, pelle e velluto. Un ambiente maxi, capace di mantenere un’aura intima e riservata, grazie a una sapiente suddivisione degli spazi, che si susseguono sotto una pioggia di luci e grate dal design contemporaneo. Nessun effetto mensa. Per lasciare il posto all’assoluta eleganza. Complice l’avveniristica cantina: un cubo in vetro e acciaio, interamente climatizzato e posizionato sul fondo del locale. Dove le bottiglie se ne stanno lungo le pareti, in orizzontale. Sorvegliate dall'esperto sommelier (di origini vietnamite) Ho Tuan Minh Vaccarini. Un cognome, una garanzia di professionalità.
Una cave trasparente. Perché qui tutto è a vista. Dalle celle-vetrine refrigerate, dove fanno bella mostra di sé lombate e mezzene - con tanto di giorni di frollatura in evidenza in etichetta -, alla cucina, dove spiccano le griglie. Lunghe circa quattro metri e posizionate a differenti altezze: vicine o lontane dalle fiamme, alimentate da legni di faggio o quercia. Perché? “Perché ogni carne esige tempi di cottura diversi. Brevi o più prolungati”, spiega il direttore Alcimar Maraschin, qui da ben 18 anni. Un brasiliano dalle radici venete, che si occupa personalmente della selezione degli allevatori-fornitori del ristorante.
“Il biancostato, per esempio, va messo sulla griglia più alta, lontana dal fuoco, perché necessita di una preparazione a bassa temperatura per oltre quattro ore”, prosegue Alcimar. Facendo riferimento al black angus americano o argentino che, una volta porzionato in sala, dà origine alle superbe beef ribs.
Una portata straordinaria, accompagnata, come le altre carni, da tre salse: pico de gallo, chimichurri e fondo bruno di vitello. Anche se poi non mancano varianti più nostrane, come la crema di topinambur, la purea di sedano rapa, il radicchio, l’indivia belga e la salsa di pomodoro infornato. E il mistero è presto svelato. Dietro al menu si cela lo chef Fabio Baldassarre: natali abruzzesi (in quel di Morrea, frazione del comune di San Vincenzo Valle Roveto, nell’Aquilano), un’esperienza di lungo corso nell’alta cucina e ora in equilibrio fra Roma e Milano. La sua mano si nota. E pure l’impronta tricolore delle pietanze. Che sebbene vibrino di uno spirito cosmopolita, ben sanno valorizzare anche l’italiano savoir-faire.
Ecco allora gli arrosticini di agnello con patate; la trippa di vitello alla romana con la menta; la spuma di patate viola con tuorlo morbido, pancetta croccante e briciole di amaretti; il carpaccio di filetto con funghi e parmigiano; i paccheri con ragù di manzo sfilacciato, pistacchio e tè nero affumicato; e il risotto con polvere di anice stellato e jamón ibérico. Mentre i contorni inanellano purè di zucca e castagne; purè di patate al burro d’alpeggio; carote baby glassate al miele e arancia; verdure alla griglia (ma attenzione, fra zucchine e melanzane si possono notare le pere); nonché una variopinta insalata di ortaggi e frutta. Perché il vegetale è fondamentale per resettare il palato.
Del resto, la carne torna. Soprattutto quella bovina. Sotto forma di filetto e di controfiletto, di costata e di fiorentina, di ribeye e di tomahawak, un taglio pregiato e succulento, caratterizzato da un lungo osso. Che tanto somiglia all’ascia dei nativi d’America dalla quale mutua il nome.
Carni. Di variegate razze e provenienze. Per uno sguardo panoramico sui pascoli del Pianeta. Andando dalla chianina toscana alla scottona bavarese, dal black angus all’aberdeen angus irlandese, dalla spagnola rubia gallega (così chiamata per via del biondo mantello) sino all’italiana marango - di un ranch laziale -, incrocio virtuoso fra un angus aberdeen e una maremmana.
Ma poi compare lei, la picanha: appena scottata e corredata di insalata, mango, noci e bacche di goji. Un vero superfood. Ma da sperimentare è pure il viaggio fra Messico e Piemonte offerto dai mini tacos colmi di battuta fassona con capperi e senape. Fassona piemontese presente all’appello, insieme alla scottona bavarese, nella mise en place di otto tartare mignon, pronte a fare il giro del mondo. Perché impreziosite da ingredienti cosmopoliti. Così c’è quella che sposa il cocco e quella che mette al top la salsa di gorgonzola, noci e rosmarino; quella che omaggia avocado e cipolla in agrodolce e quella che predilige il mango fermentato; quella che abbraccia l’uovo di quaglia e quella che si inchina all’orto; quella che incontra capperi e mostarda di limone e quella che opta per bacon e pomodoro, strizzando l’occhio all’hamburger. Tutto senza mai tradire l’essenza della carne cruda.
E pane e vino? Ci sono. Pane e pan de queso: deliziosi panini al formaggio, retaggio della cultura brasiliana. I vini - proposti anche al calice - sono invece affare di Minh. “Naturalmente la parte del leone la fanno i rossi. Provenienti in primis dall’Italia, ma anche dalla Francia e dal Cile, dal Sud Africa e dall’America, dall’Argentina e dall’Australia”, racconta il sommelier. Che se in lista non trascura Sassicaia e Ornellaia, Masseto e Tignanello, serve pure un superbo "Niccolò V" 2012 (sangiovese, merlot e pollera nera) della cantina ligure Lunae Bosoni. E per chi ama le bollicine? L’iconico “CruPerdu” (chardonnay e pinot nero) di Castello Bonomi, avamposto franciacortino di Casa Paladin. Mentre con i dessert è ideale il delicato e aromatico “Dorato”: un bianco passito da uve moscato, marchigiano e griffato Garofoli.
In progetto? I cocktail al carrello, creati live, direttamente al tavolo. “Inoltre introdurremo nuovi tagli di carne. Anche meno usuali, come il diaframma”, puntualizza chef Baldassarre. Pensando già alla prossima carta.