“Questa era una trattoria che andava benissimo. E avrebbe continuato ad andare benissimo. Ma non puoi proseguire perennemente allo stesso modo. È come indossare sempre gli stessi abiti”. Parole sagge quelle di Tina Cosenza. Cinquant’anni lei. Cinquant’anni l’insegna che guida da tempo: il ristorante Teresa di Pegli, quartiere ponentino di Genova. Sì, perché furono mamma Teresa e papà Giuseppe - lucani di Castelluccio Superiore e Inferiore - ad aprirlo nel lontano 1968. Con sacrificio ma anche con soddisfazione e successo. “A Natale facevamo 120 coperti”, ricorda Tina. Poi, nel 2008, la svolta. E la decisione di cambiare rotta e di rimettersi in gioco. Anche dimezzando i coperti e rinnovando l’immagine del locale. Che si fa più essenziale e raffinato. Pur mantenendo quel quid familiare.
Un elegante salotto di casa Teresa, orchestrato a meraviglia da Tina - che se ne sta in cucina - e dai suoi fratelli. Mariella, sommelier e maître. Donna di sala. Colei che accoglie con grazia e garbo, suggerendo l’etichetta perfetta. E Tonino, ex calciatore professionista che riesce a mettere tutti in pista. Con i suoi modi pacati e meditati. “È lui che ci fa rallentare quando partiamo a mille all’ora”, precisa la chef. Alla quale dà una grande mano Cinzia - moglie di Tonino -, soprattutto in tema di impasti. E poi c’è Emilio, marito di Tina da ben venticinque anni, che commercializza caffè e che talvolta si occupa della zona bar. Ci sono i figli. Di Tina (Davide e Martina) e di Cinzia (Filippo, Gabriele e Sofia). “Ma quando mi chiedono quanti figli ho, io rispondo cinque”, puntualizza con fierezza la cuoca. A conferma del fortissimo legame di famiglia. E a dimostrazione di una famiglia dalle radici solide e vitali. “Prepariamo anche una linea ad hoc per noi: spaghetti al pomodoro, crêpe e torta di mele sono in pole position”, racconta madame Cosenza. Teresa è presente. Annuisce.
Un ristorante "matriarcale", al passo coi tempi. “Certo bisogna agire con apertura mentale. Ascoltare e captare la contemporaneità. Per comprendere quello che il pubblico esige”. A parlare è sempre Tina. Gran donna. Anzi, una che è entrata a far parte dell’Atelier des Grandes Dames di Veuve Clicquot, network pensato per valorizzare il talento, l'acume, l’audacia, la lungimiranza e l’imprenditorialità al femminile nella haute cuisine. Prendendo spunto dalla figura di Barbe-Nicole Ponsardin. Colei che mise a punto nel 1818 (esattamente duecento anni fa) il primo Champagne Rosé d’assemblage della storia. Colei che ideò la prima table de remuage, l’antesignana della pupitre. Una visionaria. Come molte donne chef di oggi. “Per questo a ottobre ospiteremo un grande evento con Veuve Clicquot. Per celebrare i nostri primi 50 anni e per proporre in forma di finger i nostri piatti. Quelli che sono rimasti e quelli che sono cambiati”, dice la cuoca.
Perché con l’andar del tempo le pietanze si sono evolute. Pur conservando la loro matrice originaria. Così le cozze alla marinara che mamma Teresa preparava - e che spesso tagliuzzava per creare una farcia per i crostini - si sono trasformate in un sublime toast di cozze.
Mentre i crostini al burro e acciughe sono sublimati in micro panini. O meglio, in quelli che qui chiamano bijoux. In genere blanc e noir. Ma anche anche bianchi e rossi, ripieni di salmone; nonché bianchi e verdi, farciti con ricotta o mozzarella, pomodoro e olio extravergine d’oliva. I cavalli di battaglia di molti catering firmati dal ristorante. Sempre sartoriali. Sempre personalizzati.
Bijoux che divengono veri gioielli in occasione del cinquantesimo anniversario. Serviti in versione quasi total black con polvere d’oro. Per bocconi gold.
Ma anche il risotto si è fatto più chic. “Mamma lo preparava spesso al nero di seppia”, rammenta la grand dame Cosenza. Che ora lo propone anche col nero di seppia e col verde plancton marino Veta la Palma by Longino & Cardenal; con stimmi e fiori di zafferano della cooperativa agricola Ghinghinelli (di Davagna, Genova) e salsa al nero di seppia; e pure in declinazione speziata con corredo di novellame. Riso firmato Riserva San Massimo, naturalmente.
Mare, tanto mare nella carta teresiana. Anche in insalata con panzanella e quinoa. E poi scampo in Caesar salad; trancetto di pescato all’erba cedrina (nel “menu del territorio”); nonché gamberi e scampi al vapore con maionesi varie. Sì, ama le salse Tina. Delicate, leggere, pronte a condire senza appesantire. Impreziosite da erbe e verdure. “Talvolta le prendo da un’amica di Pra’. Mi piace usarle, perché ogni erba ti cambia la salsa. Ora voglio fare addirittura un gelato al finocchietto”, ammette la chef. Che intanto lo usa nello spaghettone Monograno Felicetti con cipollotto e bottarga di tonno. Mentre crea una superba insalata russa con maionese alla barbabietola e astice.
Senza dimenticare il carpaccio di baccalà con rabarbaro e pepe aromatico; la mattonella di branzino al sale aromatizzato alle erbe e verdure; i totanetti e i gamberetti fritti con lattuga di mare; la zuppa di crostacei, molluschi e alghe; e le tagliatelle verdi con lucerna e timo limonato.
E poi ci sono i piatti polisensoriali. Contenenti molti assaggi. Caldi e freddi. Vedi le “delizie”, girotondo che inanella varie golosità, come il gambero con maionese alla rapa; la gelatina di pescatrice con brunoise di verdure; la polpetta di pesce bianco con menta e limone; il polpo con crema di patate; la crema salata con le sarde; e il baccalà con gelatina di passion fruit.
Baccalà e frutto della passione che tornano. Nel mosaico di crudità. Puzzle marino che esprime il lato più hard dell’acqua salata. Ostriche; gambero e sale rosso; scampo e vaniglia; arancia, orata e agrumi; julienne di seppia e sale nero; tartare di pescato, menta e zenzero.
Un quadro, incorniciato dall’abbinamento perfetto. Quello con un buon Gin Tonic, preparato con l’Italian Gin griffato OdeV, progetto portato avanti da Marcello Bruschetti. Mission? Rileggere in chiave mediterranea i distillati chiari più celebri al mondo: vodka e gin. In questo caso, utilizzato nella versione black: agrumato, aromatico, sensuale, avvolgente e al contempo deciso. Di origine vinosa. Uno chardonnay per la precisione, sul quale si inseriscono una serie di botaniche dallo spirito solare. Come cedro, cappero, chinotto e bergamotto. E ancora buccia d’arancia essiccata, cardamomo, karkadè, uve moscato, nonché una leggera affumicatura al rosmarino. Per un prodotto d’alta classe. Protagonista a settembre di un’altra serata celebrativa, all’insegna di un ricercato food pairing.
Insomma, tanti gli appuntamenti per festeggiare la golden age di Teresa. Che per novembre e dicembre annuncia altre due soirée: con Le Marchesine franciacortine e con la maison altoatesina Alois Lageder. “Abbiamo pensato a serate costruite per affinità elettive. Quelle con le famiglie del vino che nel tempo ci hanno accompagnato”, dichiara Tina. Ricordando anche la prima della serie, con la Guido Berlucchi family. A fine giugno. Che ha visto un menu abbinato al morbido e serico Franciacorta ’61 Satèn; al vivace e intenso Rosé ’61; e al puro e rigoroso ’61 Nature 2010.
E per chi ama gli autentici sapori di Liguria? In carta non mancano mai i mandilli al pesto. Così come compaiono i ravioli di erbette e crema di latte. Mentre in inverno giunge il cappon magro. Più che un piatto, un rito da condividere. Numerose anche le etichette local. Figlie di una viticoltura eroica e funambolica. In equilibrio fra montagna e mare. Voilà lo spumante Pigato “Bàsura”, dell’azienda Durin di Antonio Basso, nella savonese Ortovero, prodotto seguendo il metodo classico e affinato all’interno delle grotte di Toirano. In assenza di luce, rumore e vibrazioni. E ancora il dorato Vermentino Colli di Lui “Etichetta Nera” targato Lunae, la cantina della famiglia Bosoni; il rosato Ormeasco di Pornassio “Sciac-Trà” by Guglierame; e il rubino Rossese di Dolceacqua Ka* Manciné di Maurizio Anfosso. In quel di Soldano, Imperia.
Intrigante anche il momento pastry. Sorbetti inclusi. Homemade, of course: al melone e peperoncino; al limone; e alla pesca e al liquore framboise. È invece il sorbetto al lime a entrare nel "Ginger-Mule", insieme alla menta e alla gelatina di zucchero di canna e rum. Per un cocktail-dessert. A cui si aggiungono la sfogliatina con crema di zabaione e coulis di albicocca; il cocco e lo yuzu; e il gelato alla carota con meringa alla liquirizia e succo d’arancia.
E col caffè? Meringhette. In principio nate per non gettare i tanti albumi utilizzati in cucina e ora diventate un cult del ristorante. Tanto da sfilare all’ingresso del locale in deliziose varianti: al cocco e alla cannella, all’arancia e all’anice stellato, al lime e al basilico. Insieme ai frollini e ai pandolcini. Buoni, buonissimi. Basti pensare che il lussuoso Belmond Hotel Splendido di Portofino abbia scelto di offrirli come benvenuto nelle camere. Ça va sans dire.
P.S. Post scriptum? No, pre serata
Prima del pranzo o della cena al ristorante Teresa? Il consiglio è quello di far visita allo splendido parco di Villa Durazzo Pallavicini, alla cui direzione vi è Silvana Ghigino. Un parco scenografico-teatrale, realizzato fra il 1840 e il 1846 su progetto dell’architetto Michele Canzio e per volere del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini. Un giardino magico, un percorso iniziatico, un viaggio interiore. Un itinerario dalla variegata lettura: botanico-paesaggistica, storico-culturale, filosofica-meditativa, nonché esoterico-massonica. Un luogo unico, che si dipana lungo tre chilometri e una quindicina di scenografie. Fatte di buio e di luce, di panorami e d’inganni visivi, di alberi secolari e del più antico camelieto d’Italia. Non dimenticando l’acqua. Elemento fondamentale ed emozionale. Che prende forma di sorgente e di fontana, di lago e di cascata. Accompagnando il visitatore verso la catartica rinascita.
Il parco è aperto fino al 30 settembre, dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 19; dall’1 al 28 ottobre, dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 18; dal 29 ottobre al 4 novembre, dalle 9.30 alle 17. Aperture straordinarie: il 15 agosto, l’1 novembre e l’8 dicembre. L’ingresso ha un costo di 10 euro e l’entrata è esattamente al fianco della stazione Genova-Pegli.
Foto del ristorante Teresa by Laura Guida
Foto dell'Atelier des Grandes Dames by Veuve Clicquot