Una nuova insegna. Giovane e fresca. Coerente dalle radici alle foglie. Perché il suo nome è linfa vitale che tutto pervade. Talea. Perché è l’innesto più naturale che esista. Perché è verde, verdone e vera. Perché è gemmazione di un progetto illuminato. Nato da un solido know-how trapiantato nel fertile terreno della contemporaneità. In un contesto fuori rotta, fuori fuoco, fuori dal coro, fuori dalle strade troppo battute dei navigli milanesi. E inserito in un cortile industriale (in via Argelati 35), un po’ defilato rispetto al caotico flusso della movida. Ma bene così. Perché Talea è un locale diverso. Quieto, calmo, riflessivo. Figlio di un incontro: quello fra il dream team del Pinch e la rigogliosa creatività di Filippo Sisti. Prima da Carlo e Camilla in Segheria. Ora qui, dietro un bancone in ottone. Insieme e Federico Lombardi e a Simone De Angelis. Con Petra Dolci a tenere la regia della sala. “Ho scelto loro. Perché non volevo facce già viste. Ma persone brave e preparate”, precisa Filippo. Bartender esente da schemi e cliché.
“Ho selezionato solo undici etichette. Tutto il resto lo facciamo noi”, continua mister Sisti, indicando i barattoli e i contenitori in vetro che campeggiano sull’ordinata bottigliera. Dove erbe, spezie, bacche e frutti se ne stanno a macerare, fermentare e riposare, per concedersi all’alchemica magia della mixology. Che qui si innesta sulla gastronomy. In un perenne fluire tra food e drink, solido e liquido, materia e immaginario. Certo. Perché i bartender shakerano, cucinano e si allungano fra i tavoli in sala. A spiegare i cocktail e i loro ingredienti. Senza barriera alcuna fra il “dietro” e il “davanti”, il backstage e il palcoscenico.
“Questo non vuole essere un cocktail bar. E neppure una cucina liquida. E nemmeno un food pairing”, spiega Filippo. Cosciente di essere al timone di una realtà outsider. Lontana dal resto. “Mi piacerebbe proporre i piselli a dicembre. Invertire le stagioni”. Le tecniche della conservazione e l’arte della fermentazione glielo permettono. “E comunque sono necessari studio e ricerca continui. Alla drink list ci abbiamo lavorato per quasi otto mesi”, svela Filippo. Che usa poco zucchero (o non lo usa affatto). Che vede il sedano non solo come un ingrediente per il soffritto. E che guarda la melanzana da un altro punto di vista. “Basta usare un po’ di logica”. Mentre serve il “Good Morning Earth” nella barbabietola stessa. Una sorta di saluto alla terra, incarnato in un estratto di barbabietola e caffè, mezcal infuso alla verbena e al tè earl grey, vermut di datteri rossi (simili alle giuggiole) e vino alle foglie di ravanello.
“Nella drink list, alla voce di questo cocktail, basta girare la pagina e spunta il sole”, precisa Corrado Garcia. Che con Chiara Dehò ha progettato, disegnato e messo a punto il (volutamente complesso) “libretto” dell’opera. Facendo attenzione a ogni dettaglio e a ogni taglio della carta. “Ciascuna pagina dà vita a un’altra pagina. Ciascuna parola dà origine a un’altra parola. Persino i biglietti da visita sono componibili. E nei font dell’insegna, è come se il bold generasse il light che lo completa”, puntualizza Corrado. Mentre brocche e bicchieri portano la griffe geniale della ceramista Caterina Maria Amato. Che per Talea ha realizzato anche il simpaticissimo Snorky, sorta di grolla porta-amuse bouche che fa da benvenuto all’ospite. Celando stuzzichini quali semi di zucca tostati con vaniglia e tè matcha; bacche di goji sott’aceto; lulo (frutto della famiglia delle solanaceae, come il pomodoro); mais alla paprika e foglia di ruscus con ribes.
Artigianalità, dunque. Sempre e comunque. E poi memoria, concentrazione, sperimentazione, ironia, evocazione. Sì, rimandi e suggestioni. Di cui Sisti si nutre. Ricordando, con “Colazione al Fäviken”, le atmosfere nordiche e incontaminate di un ristorante quasi sperduto nella Svezia assoluta, guidato dallo chef Magnus Nilsson. Traduzione: tazze in legno - come quelle che si utilizzano nelle stalle per assaggiare il latte -, kefir di foglie di sedano, succo d’uva spina, liquore di monarda (il fiore del bergamotto), crema di cocco bruciata e vodka Ketel One. “Va preso con le mani e bevuto. Guai a usare la cannuccia. Ogni drink, per essere apprezzato anche nella sua texture, necessita di un contatto fisico”. Come dargli torto?
Filippo che intanto va in Cina. E prende spunto dal gesto esemplare e teatrale che fa il contadino per annaffiare le piante per creare “Arrested in Shanghai”: preparazione di erbe selvatiche e abete rosso, lemon curd al wasabi, melassa estratta dalle foglie di palma, rum bianco Plantation 3 Stars e ghiaccio alla citronette di mango. Mentre “Winnie goes to Talea” elegge senape di polline, estratto d’indivia belga e manzanilla (legno della camomilla selvatica), gin Tanqueray e cera d’api. A far da alveo al drink stesso.
Intanto il “Tiki Gladis” si svela un tuffo esotico nel latte di cocco (messo in infusione con le foglie di lime). Complici una composta di alchechengi, platano e lulo, rum Plantation lasciato in infusione con le more di gelso, orzata di durian (frutto thailandese dal gusto dolce, che si avvicina a un mix di banana, mandorla e melone) e crusta crispy profumata. E il “Super Bowl” inanella estratto di piselli e tè verde, succo di canna da zucchero, vodka Ketel One infusa al gelsomino, seme del frutto del baobab e spuma di gelato al cocco speziato con pellicola di latte.
Scenografico e buonissimo pure il “Bubusette-te!”: centrifuga di long squash (ortaggio dal sapore simile a un incrocio fra zucchina e cetriolo) infuso al sea bacon (alga affumicata), limone, tequila Espolòn e verjus (succo d’uva acerbo dalla spiccata acidità) e crusta di fiori secchi e alga spirulina.
Uovo di quaglia viola - cotto nel succo di ciliegie e acido citrico - invece per suggellare il “Ghost of Classic”, summa di balsamico di rabarbaro, bourbon whiskey Wild Turkey messo in infusione con noci pecan affumicate e Amaro di Farmily - proprio quello dei colleghi del Mag, Flavio Angiolillo & co. - alla melassa di carrube.
E per chi predilige lo spirito sauvage? “Saving Grace”, ossia cordiale di tonica a base di erbe aromatiche, liquore di fieno greco, Johnnie Walker Black Label, limone e bouquet d’erbe selvatiche.
Quattordici in toto i drink in lista. Accompagnati da un girotondo di piccole delizie: carotine baby in yuzu, sake e sale; friggitelli passati al forno; pomodorini confit; sedano rapa e curcuma; patate novelle cotte in foglie di tarassaco e corredate di maionese al cren; e grissini accompagnati da fettine di coppa. E nel caso si avesse ancora fame? Non manca la possibilità di ordinare un poker di pietanze: purè di patate con formaggio, acciughe e crumble al pane nero; frittata di erbe di campo; edamame affumicati con legno di melo e sale di Maldon; e pane bruscato con pomodoro cuore di bue e ragù di salsiccia.
Aperto tutti i giorni (eccetto la domenica), dalle 19 all’una di notte, Talea non smette però di sorprendere. E ha in serbo un’altra novità. Si tratta del Vivarium, una segreta camera delle meraviglie. Una room magica, celata agli occhi dei più e accessibile solo su prenotazione per un massimo di sei persone (chiamando al 375 6030072). La promessa è quella di vivere un’esperienza immersiva e polisensoriale. “Abbiamo pensato a cinque cocktail abbinati a cinque assaggi. Il tutto servito fra luci, suoni e animazioni che interagiscono con i drink”, spiega Giovanni Ripoldi, fra i soci del Pinch. Per un vero e proprio Sisti act.