“Siamo latini. E facciamo vini adatti a stare a tavola”, docet Foulques Aulagnon, responsabile export del Civa, il Conseil Interprofessionnel des Vins d’Alsace. “Sì, vini versatili e poliedrici, che funzionano benissimo persino con la cucina fusion”, precisa Andrea Zarattini, ambasciatore dei vini alsaziani in Italia. Dove si è appena concluso, con una tappa milanese, il tour #DrinkAlsace. Che ha portato i nettari alsaziani in tournée: a Torino, La Morra, Verona e Padova. Facendoli conoscere - grazie a masterclass e degustazioni - a sommelier, enotecari e ristoratori. Giusto a ribadire l’ecletticità di etichette nate lungo ben 120 chilometri di vigneti-giardini. Dislocati nei 119 comuni dei dipartimenti del Bas-Rhin e dell’Haut-Rhin (da Thann a Marlenheim, con una piccola enclave a Cleebourg). Parallelamente al Reno, in quella Francia del nord che confina con la Germania. Un paesaggio variegato, che gode della protezione dei Vosgi dalle influenze oceaniche e che regala bottiglie perfette: anche per sposare le pietanze nostrane. Della serie, Oltralpe non vi è solo lo Champagne. Ma anche il Crémant d’Alsace.
Pardon, Aoc Crémant d’Alsace. Perché l’appellation d’origine contrôlée, ossia la denominazione d’origine (riconosciuta nel 1962), è assoluta garanzia di autenticità. Crémant freschissimi, delicati, eleganti e fruttati. Blanc de blancs, blanc de noirs o rosé. Figli del pinot bianco o del pinot gris, dello chardonnay o del riesling, oppure del pinot noir. Perché l’Alsazia è terra di vitigni bianchi con un’unica eccezione. Come ricorda bene Foulques: “Produciamo vini bianchi e un solo rosso, il Pinot Nero, con un’acidità tartarica accentuata. Vini strutturati e allo stesso tempo aromatici, che si contraddistinguono per la loro purezza. Anche nel caso di utilizzo di legno nuovo quest’ultimo non assume mai un carattere predominante. D’altra parte, i vini d’Alsazia sono il frutto di terreni con una formazione geologica fortunata e particolare, che le trasformazioni secolari hanno trasformato in un suolo ricco e generoso”. Tredici infatti i differenti terroir, che se ne stanno a ridosso della montagna, in pianura e sulle colline dominate dai Vosgi.
“Quando ci si avvicina ai vini d’Alsazia vale la pena ricordare che parliamo di vini e soprattutto di vitigni che hanno avuto un passato, anche molto remoto, particolarmente complesso, che ancora oggi esercita la sua influenza. Durante la Guerra dei Trent’anni, per esempio, i continui saccheggi dei vari eserciti hanno praticamente distrutto le produzioni a bacca rossa, sostituite successivamente per la maggior parte da vitigni bianchi”, puntualizza Zarattini.
Aoc Crémant d’Alsace, dunque. Ideale per l’aperitivo, ritmato da qualche stuzzichino. Come i piccoli tacos di ricciola in ceviche preparati da Matteo Torretta nel salotto della Terrazza 12, al Brian & Barry Building della meneghina via Durini. Crémant ottimo anche in pairing con i formaggi. Certo, il cheese va ben d’accordo con le bollicine alsaziane. Meglio ancora se i caci sono artigianali. Come quelli dell’azienda agricola Burki. Che vanta oltre 150 anni di storia, che dispone di due stalle e di due caseifici e che annovera pure un accogliente agriturismo con ristoro a Macugnaga. In Valle Anzasca, ai piedi del Monte Rosa. A tenere le redini della moderna-antica realtà agropastorale? Cristina Rainelli e Silvia Zanetta, con i rispettivi mariti Alessio e Filippo. Fra i loro cult: la formaggella aromatizzata al timo e la toma Burki (da due, quattro, sei e persino nove mesi di stagionatura). Prodotta anche in versione “veg”, con caglio di cardo. “Pensavamo di ottenere un prodotto simile alle altre tome, invece il caglio vegetale regala un formaggio completamente diverso, più dolce e delicato”, precisa Cristina.
Pinot Noir Rosé o Crémant d’Alsace (in versione blanc de noirs o rosé) anche per accompagnare un antipasto di carattere. In primis se a base di salumi o selvaggina. Come il petto d’anatra con rabarbaro e salicornia di chef Torretta, capitano del ristorante Asola. Per un giusto compromesso fra dolcezza, amarezza e mineralità marina. Il pinot nero? Asseconda con garbo le pietanze, fra note di frutti rossi e richiami di bosco. In alternativa? Il brillante e solare Muscat d’Alsace. Un nettare giallo chiaro, vivido, fragrante e floreale. E se in etichetta sta scritto lieu-dit? Significa che il vino presenta peculiarità legate a un determinato “luogo”. Particolarmente vocato.
Con il riso arriva il Riesling. Allitterazione comanda e pure un certo feeling tra le parti. Soprattutto se il risotto è in bianco, con corredo di tartufo e gamberi. Riesling d’Alsace: un vino giallo pallido eppur di notevole carattere. Elegantissimo, fine, fresco, ampio, verticale. Dai tratti di frutta, fiori e spezie. Un vero cult. Soprattutto se l’Aoc viene completata dalla definizione di Grand Cru, che esprime al massimo l’essenza di un micro terroir. Basti pensare che nel giardino alsaziano sono solo 51 le denominazioni Aoc Alsace Grand Cru (definite nel 2011), a garanzia di etichette che rispondono a rigide regole di produzione. Per vini unici, dalla forte identità e spesso votati all’invecchiamento.
Con un deciso piatto di carne, tenero e al contempo risoluto - come potrebbe essere un filetto alla Rossini con scaloppa di foie gras - arriva ancora il Pinot Noir. Ma vinificato in rosso. Più importante e potente. Magari figlio di vecchie vigne. Magari invecchiato in barrique. Oppure? Un Pinot Gris d’Alsace. La sua complessità aromatica, il suo tono dorato e la sua carnosa rotondità lo eleggono a ideale compagno di carni e foie gras. Sentori fumé, accenni mielosi e ricordi di frutta secca si rincorrono nel sorso. Lungo e armonioso.
Con la frutta e col dessert (ma pure con formaggi saporiti e piatti esotici) meglio invece un Gewürztraminer. Aromatico, generoso ed esuberante, figlio di grappoli che tendono leggermente al rosato. Un vino di classe, dirompente, carismatico, perfetto con una golosità (sempre by Torretta) dal nome “Viola”: una variazione di lampone, cioccolato e amarena. Un dolce in bilico fra acido, dolce e amaro, che ben abbraccerebbe pure un Pinot Gris Vendanges Tardives, dicitura che suggella vini esclusivi, frutto di uve surmature. Nettari abissali, serici e cremosi. E se invece vi fosse scritto Sélection de Grains Nobles? Si andrebbe a indicare vini ottenuti da un’accurata selezione di acini (estremamente appassiti) colpiti da muffa nobile, la botrytis cinerea. Vini concentrati, dalla percentuale zuccherina elevata. Per etichette da meditazione.
Da notare bene: la bottiglia di tutti i vini Aoc alsaziani fermi è snella e lanciata, nota come flûte del Reno o flûte d’Alsace. Bottiglie che vanno conservate distese, in cantina, a una temperatura che spazia dai 10 ai 15 gradi. Mentre la temperatura di servizio va dai 5 ai 7 gradi per i Crémant e dagli 8 ai 10 gradi per tutti gli altri. Complici? I calici di cristallo.
Crémant d'Alsace protagonisti, il prossimo 23 ottobre (alle ore 18) di un percorso olfattivo quale "Sniff Sniff", nello scenario del laboratorio di arte contemporanea milanese Dream Factory. Un'occasione per scoprire il mondo delle fragranze guidati da un artista del profumo. E allietati da vini profumatissimi.
Foto in gallery di Ioris Premoli