Andare avanti. Ripassando dal “via”. Guardare oltre. Ripartendo dalle “basi”. Evolvere. Riflettendo sulle “radici”. PizzaUp fa un’inversione a U, ricalcola il percorso verso il futuro e torna a parlare di impasti. Dal 13 al 15 novembre, il simposio tecnico targato Molino Quaglia e organizzato dall’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este - ormai giunto alla sua 12esima edizione - fa luce e chiarezza sui veri pilastri degli impasti: i lieviti e i cereali. Superando l’amletica diatriba di antichi e moderni, per puntare l’attenzione sui grani originari. Portatori sani di una provenienza certa, di una personalità forte e di un’indubbia autenticità. Per la massima tracciabilità. Grani sostenibili. Rispettosi dei contadini che li hanno coltivati, dell’ambiente che li ha preservati, dell’economia che li ha sostenuti e dei consumatori che li hanno scelti. Per un iter trasparente. Dalla terra alla tavola.
E tutto in live streaming sulla pagina facebook di Lascuoladelmolino. Che diviene una televisione interattiva, grazie a una regia mobile e a tre telecamere. Pronte a cogliere le voci e i volti dei protagonisti. Una tre giorni da vivere in prima persona, anche sul proprio smartphone. Vedendo, ascoltando e partecipando attivamente al dibattito. Per condividere “socialmente” opinioni e contenuti.
Una palestra di idee e d’impasti
Tanto quanto le farciture - e forse di più - gli impasti parlano di cultura e di natura. Cultura perché ogni impasto porta impresso uno stile, un pensiero, una filosofia, una visione e una prospettiva. Natura perché impasto vuol dire anche leggerezza, salute, benessere, equilibrio nutrizionale e digeribilità. L’impasto è tutto. Materia prima, pazienza, passione, struttura, alveolatura. È ambasciatore di un territorio. Portavoce di un modus operandi. In perfetta linea col Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea, firmato a Vighizzolo d’Este il 5 novembre 2012. L’inizio di una rivoluzione. Un decalogo che proprio ai punti quattro, cinque e sei fa focus sull’importanza dell’origine italiana degli ingredienti degli impasti (e dei condimenti); sulla predilezione per quelli con un minor grado di raffinazione; e sul rispetto dei tempi fisiologici di maturazione e lievitazione. Per una pizza colta, icona di spiccata identità. Che non significa uguaglianza e omologazione, bensì differenza artigianale nella creazione. Una pizza emblema di armonia. La cui “base” viene studiata a seconda del topping che la deve completare. E le cui “fondamenta” sono di per sé un prezioso concentrato di aria, acqua, fibre e gusto. Evitando così un “tetto” eccessivamente pesante e carico di calorie.
Ricominciamo dai cereali originari
Grano tenero e grano duro, farro e segale, nonché un blend di semi - anche germinati - quali avena, girasole, lino. Punta l’obiettivo su alcune tipologie di cereali il molino padovano. Che nei tre giorni di PizzaUp coinvolge i Petra Selected Partner in una serie di laboratori sperimentali a tu per tu con differenti tipologie di lieviti e grani originari. Perché sapere se un grano è antico o moderno poco importa. Nel senso che la sua età nulla aggiunge alla sua qualità. Meglio quindi parlare di cereali originari. Di cui si sa l’origine presente, ma pure la storia territoriale, agricola e culturale. Insomma, di cui si conosce tutto: nascita, crescita, raccolto e conservazione. Ancor prima della macinazione. Per una produzione all’insegna di qualità e sostenibilità. Complici lieviti di diverso genere. Che nella tre giorni atestina duettano con i cereali per dar forma a inediti impasti.
Gli antichi saggi…
Certo, a dire il vero i grani antichi - quelli le cui origini si perdono negli albori della civiltà - esistono. E indubbiamente presentano un’alta densità di antiossidanti, vitamine e sali minerali. A cui si aggiunge la capacità di sviluppare un glutine più debole e meno problematico per la digestione. Fra i cereali più datati si annovera il farro monococco, addomesticato diecimila anni fa e originario dell’area fertile fra il Tigri e l’Eufrate. Un frumento caratterizzato da due sole serie di cromosomi, ricco di luteina, proteine, potassio e vitamina E, ma povero di crusca e quindi pronto ad assorbire i liquidi più lentamente. E poi? C’è il farro spelta, forte e resistente, ad elevato contenuto di fibre, magnesio e vitamine del gruppo B. E ci sono pure gli pseudo-cereali (gluten free) quali l’amaranto, nativo del Perù, dalla spiga alta, robusta e dai toni decisi; il teff, fonte di ferro, calcio, vitamina B6 e zinco, dal sapore dolce e nocciolato, per secoli alla base dell’alimentazione etiope; e la quinoa, tipica andina, fiera di crescere ad alte quote. Senza dimenticare altri cereali antichi quali il grano saraceno, il triticum, il sorgo, il miglio e il mais blu.
… e le moderne germinazioni
Ed esistono anche i grani moderni. Nati un secolo fa, da ibridazioni di differenti varietà. Pregi? L’ottima resa. Difetti? Lo sviluppo di una maggiore quantità di glutine (rispetto agli antichi) e l’alto contenuto di amidi, con conseguente elevato indice glicemico. Ma migliorare la loro digeribilità è possibile. Come? Anzitutto, sottoponendoli a un processo di germinazione assistita. Ovvero stimolando, controllando e arrestando (al punto giusto) la germogliazione del chicco. Che così raggiunge un elevato potere nutriente. Non solo. I germinati - interi o sfarinati - vantano una buona presenza di amilasi, enzima che trasforma gli amidi in zuccheri, facilitando la digestione dei cibi contenenti glutine. Senza dimenticare che la germinazione assistita aumenta la biodisponibilità dei sali minerali contenuti nei cereali. Inoltre, un modo per migliorare la performance dei grani moderni è quella di utilizzare negli impasti il lievito madre vivo. Figlio dell’unione e della spontanea fermentazione di acqua e farina. Capace di ridurre il picco glicemico di pane e pizza cotti, a tutto vantaggio di un perfetto post pasto.
Keep pizza & salotto social
Laboratorio di impasti e fucina di esperienze, PizzaUp si apre anche al pubblico “esterno”. Trasformandosi in una televisione interattiva, in diretta sulla pagina ufficiale di facebook del molino. Un’occasione unica per seguire step by step sia i momenti tecnici sia quelli più didattici del simposio. Per partecipare attivamente agli incontri, ai dibattiti e ai “salotti”, guidati da Francesca Romana Barberini: foodwriter, conduttrice e autrice televisiva con la capacità di trasformare in semplicità anche i contenuti più complessi. Una figura storica sul palco di Identità Golose e una presenza costante di Alice Club, il programma quotidiano in onda su Alice che va alla scoperta di chef, prodotti e produttori.
E un imprenditore agricolo italiano, anzi siciliano, è pure uno dei relatori di PizzaUp: Giuseppe Li Rosi. Un contadino-custode di grani antichi e autoctoni, quali il timilìa, il maiorca e lo strazzavisazzi. Senza contare che lui è anche presidente di Simenza, cumpagnìa siciliana sementi contadine. Un’associazione dinamica, che riunisce agricoltori, tecnici, ricercatori e appassionati di biodiversità agricola.
E per parlare di farine bianche e nere? C’è Ambrogina Pagani, professore straordinario di Tecnologia dei Cereali al DeFens - Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente - dell’Università degli Studi di Milano. Una vera esperta del settore, premiata con l’Excellence in Teaching dall’American Association Cereal Chemists International per il suo importante contributo nel settore.
Per discutere di impasti acidi - e di come l’ambiente ne possa influenzare la composizione - giunge poi il contributo della professoressa Laura Franzetti, affermata ricercatrice di Microbiologia Agraria sempre al DeFens del capoluogo lombardo. Pronta a render noti i risultati di un esperimento di campioni di lievito madre messi a disposizione da ventinove pizzaioli italiani.
Ai condimenti e alle farciture della pizza ci pensano invece due grandi chef come Emanuele Scarello, patron del ristorante bistellato Agli Amici di Udine, e Peter Brunel, al timone dell’oasi illuminata dall'astro Michelin Borgo San Jacopo di Firenze, ma pure executive di tutta la ristorazione griffata Lungarno Collection. Originario della Val di Fassa ma felice di tuffare i propri occhi in Arno, Peter rilegge con sapienza la tradizione toscana e la terra italiana. Non staccando mai lo sguardo dalla stagionalità. E puntandolo con saggezza anche verso Paesi lontani.
Tanto Friuli, in perenne equilibrio fra mare lagunare e campagna, invece, nell'alta cucina di Emanuele Scarello, alla regia (con la sorella Michela) di un’insegna come Agli Amici, che porta impresso il suo anno di nascita: 1887. Della serie, 130 anni di attività condotti con dinamica vitalità. Sempre dalla Scarello family. Anche ora che depositario dell’importante eredità è Emanuele. Alfiere di una tradizione tradotta in contemporanea visione. Della natura, dei suoi prodotti e dei suoi tempi. Per piatti che pescano dalle radici, evolvendo verso nuovi orizzonti.
E se la pizza incontrasse la mixology? Sposerebbe quella del bartender
Guglielmo Miriello: classe 1980, origini tarantine e all’attivo una vittoria tutta italiana alla Diageo Reserve World Class, nonché una lunga esperienza sia a Shanghai che al Dry di Milano. Ora? È dietro al bancone del Ceresio7, il pools & restaurant all’ultimo piano dell’headquarter meneghino di Dsquared2. Dove Guglielmo scocca le sue frecce alcoliche, proponendo drink all’avanguardia, ma anche cocktail dimenticati o poco noti. Frutto di un saggio recupero filologico. In perfetto Miriello style. Come la sua lezione MixUp, che shakera fragranti idee.
Ma non bisogna trascurare il lato “b” del lievito. Ossia quello birrario. Ecco dunque un seminario che mette l’accento sulla carta delle birre e sul lifestyle della pizzeria. Dove ogni elemento deve concorrere a un messaggio forte e chiaro. A dissertare del mondo spumeggiante? Natascia Tion di Ales & Co. azienda nata con una mission ben precisa: portare in Italia il meglio della tradizione brassicola britannica. Missione che oggi si è allargata al Nord Europa e agli Usa, includendo microbirrifici emergenti, alternativi e poco conosciuti.
Infine un coach. Perché in una palestra di riflessioni non più mancare un allenatore. Voilà Vittorio Munari, una carriera nel mondo del rugby, prima da giocatore, poi da allenatore e adesso da conduttore. Visto che da parecchi anni è la voce ufficiale del rugby internazionale, nonché il commentatore delle partite del Sei Nazioni, in onda su Dmax. Un formatore completo, in grado di andare in meta anche con le parole. Uno sportivo orgoglioso di rendere onore al “terzo tempo”. Perché come nel gioco della palla ovale, anche nel campo della pizza è il fattore umano a vincere. Insieme a materia e tecnica.
Le foto della gallery che segue sono di Thorsten Stobbe