Un momento di dialogo, incontro, confronto e coinvolgimento. Un simposio tecnico capace di accendere la luce su argomenti lasciati spesso in ombra. Un palcoscenico d’avanguardia dove mettere le mani in pasta ma anche far sentire le proprie idee. È un vero e proprio upgrade sulla pizza italiana contemporanea PizzaUp, che torna per una tredicesima edizione più ricca che mai, dal 5 al 7 novembre, nel quartier generale di Molino Quaglia, a Vighizzolo d’Este.
Torna, perché ogni anno è necessario tornare a ribadire (certi concetti) e a rinnovare (certi propositi e certi obiettivi). Soprattutto se si è sposato un progetto che guarda decisamente avanti. Insomma, un simposio che vuol essere fonte di riflessione, ispirazione e intuizione. Un’occasione unica per lavorare fianco a fianco non solo con altri colleghi pizzaioli, ma pure con cuochi, giornalisti, imprenditori, contadini, opinionisti, divulgatori scientifici ed esperti di marketing. Perché il mercato evolve e bisogna essere preparati al cambiamento. Conoscendo a fondo la teoria e la pratica. Incluse le corrette tecniche di lavorazione degli impasti e degli ingredienti. Per una pizza sempre più salutare, digeribile e in perfetta linea con la dieta mediterranea.
Ecco allora una tre giorni pronta a far focus su tre argomenti differenti, ma tangenziali fra loro. Complici otto cuochi, due trainer (Giulia Miatto e Giovanni Marchetto) e una serie di laboratori. Si parte lunedì. Con l’ouverture firmata da Chiara Quaglia, amministratore delegato del molino atestino.
E si parte dalla terra. Indagando le interazioni fra variazioni climatiche, metodi di coltivazione dei cereali e farina. “Grani da selezione climatica e farine d’annata”, dunque, come precisa Piero Gabrieli, direttore marketing dell’azienda. Per pizze e pani dalla spiccata personalità. Perché, come nel vino, figli di un determinato raccolto in un preciso millesimo.
Mentre Giuseppe Li Rosi, presidente di Simenza - cumpagnìa siciliana sementi contadine - si sofferma sul valore del biologico, della biodiversità e della filiera trasparente, per accendere i fari su un progetto “evolutivo”. Intanto, Salvatore Ceccarelli, esperto mondiale di miglioramento genetico partecipativo, mette l’accento sui miscugli di semi e sulle popolazioni evolutive di grano tenero.
Ma i protagonisti di lunedì sono anche i cuochi. Come Eugenio Boer, fautore di una cucina alimentata da visioni, concetti e suggestioni. Proposta nel milanese [bu:r], traduzione fonetica del cognome dello chef italo-olandese.
E ancora, Andrea Mattei, capitano coraggioso di Meo Modo, dove interpreta la Toscana a modo suo. All'interno di un Relais & Châteaux (con tenuta agricola biologica annessa) quale Borgo Santo Pietro, nella senese Chiusdino.
Non dimenticando Cristian Torsiello, giunto direttamente dall'Osteria Arbustico di Paestum, nel bel Cilento. Dove propone la sua cucina biodiversa, la sua filosofia coerente con il terroir e il suo menu senza asterischi. Perché nutrito di sola materia naturale. Come naturali sono i materiali che arredano gli spazi, figli di un creativo upcycling. Per una vera spa del cibo.
Cambio di tematica il martedì. Giornata interamente dedicata ai processi di fermentazione. Applicati al lievito madre, certo. Ma anche ai vegetali. Fermentazione che poi fu il primo metodo di conservazione del cibo. Fermentazione che concorre allo sviluppo di nuovi percorsi di gusto e di struttura degli alimenti, mutando (in positivo) i valori nutrizionali. Il tutto grazie a laboratori sperimentali (ed esperienziali), cooking show e lab di cucina. Pronti a concentrarsi su lieviti (anche speziati), impasti e ricette gastronomiche. Fra gli chef in azione? Alessandro dal Degan, che (con Enrico Maglio) guida La Tana Gourmet, ad Asiago.
Ma martedì c'è pure lui: Oliver Piras, un sardo fra le montagne bellunesi, a San Vito di Cadore. Dove con la compagna Alessandra Del Favero sta alla regia del ristorante Aga. Come acqua. Ma anche come erbe aromatiche, terra, cielo, neve e fuoco sacro dell'estro.
Mentre Wicky Priyan - dal meneghino Wicky's di Milano - porta in molino la sua Wicuisine. Fatta di Oriente e di Occidente, di spezie e di sensazioni, di armonia e di alchimia, di energia e di sostenibile equilibrio.
Cucina, naturalmente. Perché la pizza non può stare senza la cucina. Perché la pizza deve rispettare la materia prima. Carne, pesce o verdure che siano. Come? Controllando taglio, cotture e temperature. Per esaltare al massimo gli ingredienti. Ecco perché mercoledì a salire sul palco sono il cuoco e il suo ruolo professionale. Un cuoco come Lionello Cera, per esempio, patron dell'Antica Osteria Cera, in quel di Lughetto di Campagna Lupia, nell'entroterra veneziano.
Un cuoco-pasticcere come Corrado Assenza. Uomo eclettico, colto, dotto, illuminato. Deus ex machina del Caffè Sicilia di Noto, proprio accanto alla celebre cattedrale barocca.
E poi? Un’assoluta novità. Proprio durante PizzaUp si lavorerà all’Almanacco della Pizza. Una pubblicazione a puntate annuali che sublimerà, step by step, in una collezione. Preziosa di foto e video, ricette e testi. Per narrare la storia della pizza di questi ultimi anni e di quelli che verranno. Per puntare i riflettori sul momento di svolta. Per raccontare chi è stato illuminato sulla via dell’impasto. Chi ha stretto per primo il legame fra pizza e cucina, pizza e contadini, pizza e stagionalità. Un modo per individuare coloro che hanno avuto coraggio, sensibilità e una buona dose di caparbietà. Ossia quei pizzaioli diventati un iconico modello da seguire. E ai quali attribuire la paternità di certe idee.
Foto di Eugenio Boer by Marco Varoli
Foto di Corrado Assenza by Thorsten Stobbe
Foto gallery PizzaUp 2017 by Carlo Baroni