Se vero è che il vino buono sta nella botte piccola, allora è altrettanto sostenibile che il cibo gustoso possa presentarsi in piatti micro dal gusto maxi. Del resto, una cena può tanto somigliare a quadro quanto a un puzzle, fatto di tanti piccoli assaggi-viaggi alla scoperta di sapori diversi. Ecco tre locali milanesi che partendo da questo pensiero hanno tracciato un sentiero.
Mosaico marino
Nasse che scendono dal soffitto, una cucina a vista che pare un acquario, zero tovaglie e tavoli e pareti giocati sui toni del verde-azzurro e del crema. Pare di stare in una trattoria dei pescatori da Ambaradan Pesce, in via Losanna 36. Fratello ittico del locale pizza addicted che se ne sta poco più in là, in via Castelvetro 20. Tanto il papà è sempre lo stesso: Paolo Polli, che qui a voluto concentrarsi sul mare non mutando né nome né filosofia. Che prevede un conto calcolato in base all’indice di gradimento, pronto a variare fra “migliorabile”, “buono” e “ottimo”. Un meccanismo che prevede uno sconto del 10% nell’eventualità di una valutazione insufficiente; conto identico al prezzo stabilito nel caso di un buon riscontro; e una maggiorazione del 10% (che va interamente al personale) nell'ipotesi di un ottimo voto. Cosa cambia rispetto alla sorella pizzeria? Che qui il menu è un mosaico di più dish. Anzi, di più fish. Una sorta degustazione marina step by step. Un continuo gettare l’ancora per pescare prelibatezze varie, messe a punto dalla chef di origini sarde Marina Congiu. Il tutto senza alcuna confusione, come l’insegna potrebbe suggerire. Bensì con ordine e disciplina, visto che le pietanze vengono servite una alla volta. Complice il pane, realizzato con le farine macinate a pietra di Molino Quaglia e cotto nel forno della pizzeria. Giusto per far la scarpetta.
Ecco allora che la cena (dalle 20 alle 24) può venir scandita da 10 o da 15 portate (rispettivamente a 40 e a 60 euro); l’aperitivo (dalle 18 alle 20) da 6 assaggi (a 20 euro); e il pranzo (dalle 12 alle 15) da 4 antipasti e un primo (a 14 euro). Il bello? È che ogni piattino include il relativo shottino. Per un vero e proprio pairing con le birre (5 cl alla volta) o con i vini (da 3 cl ciascuno). Qualche esempio (tenendo conto che tutto può variare a seconda dell’offerta del mercato)? Gambero viola di Sanremo con melanzane arrosto e pomodori secchi; pesce spada crudo all’arancia; sarde a beccafico; polpo arrosto con ’nduja e straccetti di mozzarella di bufala; fiore di zucca ripieno di alici, capperi e fiordilatte; triglia di scoglio con salsa al mango; capasanta con pistacchi di Bronte e frutta secca; impepata di cozze; astice alla catalana con frutta di stagione; scampetto e ananas e dentice al forno con papaya. Per dar voce a tutti i volti del mare: crudo, cotto, alla mediterranea e pure con qualche tocco esotico. Le birre in abbinata sono quelle del birrificio (di proprietà) BQ, tutte in sfilata alla spina. Dalla blanche “Cleopatra” alla dubbel “Valchiria”, dalla bionda “Afrodite” alla rye ale “Tutankhamon", dalla weisse “Einstein” alla golden ale “Gengis Khan”. E per chi ama il sidro? Ci sono anche quelli, made in Südtirol, Lussemburgo e Francia.
Rubitt globe-trotter
“Ogni ofelé al fa el so mesté”, mi ripeteva sempre mia nonna, citando un antico adagio milanese. A ribadire che ogni pasticcere (e artigiano in accezione larga) deve fare quello che sa fare (piuttosto che cimentarsi in altri mestieri). E Stefania e Grazia - mamma e figlia - il loro lavoro lo sanno fare benissimo. Proprio all'Ofelé, una bakery che sa molto di home. Nel senso che ci si sente a casa in uno spazio concepito come una casa. Con i quadri e le vecchie stampe, i divanetti e i cuscini, e tanti tavolini dove accomodarsi dalle 7 alle 17 (la domenica), sino alle 18 (il venerdì e il sabato) e fino a mezzanotte tutti i martedì, mercoledì e giovedì. E qui sta la novità, oltre al fatto che l’insegna si sia spostata al civico 2 di via Savona (mantenendo i locali originari e dedicandoli interamente al laboratorio). Insomma, un nuovo salotto e una nuova proposta serale: che va a tutti rubitt. Piccole coccole golose che si traducono in un aperitivo, oppure, moltiplicandosi, divengono una cena vera e propria. Tanto tutto è sempre fresco e preparato espresso. Fondendo sapori nostrani, milanesi e italiani con suggestioni più globali, accalappiate qua e là, fra un viaggio e l’altro.
Voilà il mini burger di barbabietola, servito in un panino ai semi; le alette (e le coscette) di pollo laccate con miele d’acacia e salsa di soia; i momo dal respiro nepalese ma dal ripieno di verdure o carne. E ancora, i pancake salati: col pesto nell’impasto e topping al salmone, avocado e spinaci freschi; oppure al nero di seppia con crema di ceci e polpo alla griglia. Non dimenticando zuppette ai legumi e cereali, corredate di pane di segale. In tandem? Bollicine italiane e qualche drink. “Stiamo creando sei cocktail, capaci di seguire la nostra impronta”, spiega Stefania. Il che significa utilizzo di ingredienti come zenzero, spezie e sciroppo d’acero. Che va ad allagare anche i pancake del mattino, presentati pure con la frutta o la marmellata. Per una colazione vigorosa, che non dimentica croissant, cookies, muffin, plumcake e bagel.
Bagel - ma con ripieno al tonno, al pollo o in versione veggie con spinacini, hummus, zucchine grigliate, pomodori secchi e capperi - che tornano a pranzo. Insieme ai pancake: alle erbe e pancetta; con bresaola, brie e olio tartufato; alle uova, acciughe, salsa di ricotta, panna acida e patate. Sì, nell’impasto. Da poter richiedere anche con farine diverse: integrale, di grano saraceno e di ceci. E nel weekend? Via libera al brunch. Ma attenzione, niente buffet. Si ordina alla carta, anche specialità quali il muffin di pane tostato con bacon e uovo all’occhio di bue; il “Power Breakfast”, che inanella pane tostato, spinaci cotti, polpette di carne, patate al forno, bacon, uova e salsa olandese; o il “Double decker toast”, tre strati di pane tostato con pollo, bacon, lattuga, pomodori, salsa worchester. Ma, in tal caso, dalle portate little si passa a porzioni decisamente big.
Leggeri ma super
Sembrano sottili, esili ed evanescenti. E invece? Nascondono i superpoteri. Un po’ come Batman, Superman e l’Uomo Ragno, che pur muovendosi con destrezza e abilità sfoderano l’illimitata capacità di arrivare laddove gli altri non riescono ad arrivare. Accade così anche per i “veli”, le iconiche sfoglie, leggere come una farfalla, brevettate da Plato Chic Superfood, insegna milanese (in via Cesare Battisti 2) vocata ai tutti quei cibi dal quid in più. Perché preziosi di vitamine, minerali, fibre e antiossidanti, utili a mantenere in salute l’organismo. Come i “veli”, dolci e salati: a base di farina di grano saraceno (virtuosa di proteine, fibre e flavonoidi), farina di riso integrale, latte di soia e uova i primi; ritmati da farina di grano saraceno, farina di riso integrale, farina di carrube e farina di semi di carrube i secondi. Per impasti privi di lievito e glutine. Da farcire con ingredienti powerful. Come portentose (e nutrizionalmente equilibrate) sono tutte le proposte in menu. Vedi le tagliatelle di moringa - una pianta indiana che regala foglie, fiori, frutti e radici ricchi di vitamina C, calcio ferro e potassio - condite con fagiolini, ragù crudo di manzo e polvere alla pizzaiola. E vedi anche il lo spiedo di salmone al lemongrass con riso venere alle verdure, fonduta di sedano rapa e curry.
Dunque, via libera a spezie, semi, germogli, alghe e frutta secca. Anche e soprattutto nei veli, morbidi e finissimi “tacos" da mordere in pochi bocconi, facendo il pieno di energia. Da provare? Quelli con gamberi, pomodori (cotti e crudi) e lamelle di mandorle; con manzo speziato, pak choi, crema al sesamo e mirtilli; con quaglia, spinaci saltati e semi di lino; e con verdure crude, germogli di stagione, tufu e maionese di soia. Un velo veg chiamato “L’Arcimboldo”. E in declinazione dessert? Ecco il “Sorrento”, con noci e marmellata d’arance; “Il Moro”, con crema gianduia homemade e frutti di bosco; e “Omaggio a Milano”, con uvetta, pinoli, mela cotogna, zenzero, polvere di cannella e crema pasticcera allo zafferano. Che, messo in infusione nel gin, finisce in un cocktail. Anzi, in un super cocktail, che svela pure estratto di mela verde, sedano e zenzero. E per chi ama l’acqua? C’è quella profumata ai mirtilli, rosmarino e lime.
Una proposta fuori dal coro quella di Plato. Il cui termine rimanda istintivamente al piatto e intellettualmente al filosofo greco Platone e al suo mito della caverna. In un palese monito a una maggiore consapevolezza di se stessi, del mondo e del cibo di cui ci si nutre. Un ristorante (aperto dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 22.30) dall’identità precisa, che porta la firma dell’imprenditrice napoletana Mariangela Affinita. Il progetto architettonico è invece targato CLS Architetti. Un omaggio all’Italia, fra storia e respiro contemporaneo, marmi e boiserie, vedute piranesiane e carte da parati a opus incertum, pavimenti in cotto etrusco nero posato a lisca di pesce e posate che riprendono il tono brunito dell’ottone. Mentre il blu, vellutato e confortevole, fa da sfondo allo scenario.