Camicia. Giacca. Senza cravatta. Con assoluto stile. Perché il carisma non ha bisogno di fronzoli. Entra Barack Obama e tutti stanno in silenzio. Entra in sala Future e il pubblico si alza in piedi applaudendo.
A Seeds & Chips, il summit internazionale sull’innovazione in campo alimentare - un adrenalinico concentrato di spunti, propositi e progetti - il 44esimo presidente degli Stati Uniti è atteso. E lui non disattende le promesse. Perché seppur unisca, separi, faccia discutere e parlare, sempre Obama è. Diviso, come tutti, fra presente e futuro, realtà e fattibilità. Anche se non vive più alla Casa Bianca. “Ora cerco di capire come funziona la macchina del caffè, sto concludendo il mio terzo libro e ho più tempo da dedicare alla formazione di una nuova generazione di leader e di attivisti globali. Sì, spesso si ignora quanto idealismo e ottimismo vi sia nei giovani. Che troppo spesso non vengono ascoltati. Quando invece sono i più sensibili al cambiamento”. Ha le idee chiare Barack. Pure sul termine leadership. “Sovente viene scambiato con quello di potere. Al contrario, la vera leadership è il poter insegnare agli altri come farsi sentire”.
Intanto, lui fa risuonare nel microfono la sua voce calma e decisa. A imboccarlo con una sfilata di domande? Quello che per sei lunghi anni è stato il suo chef e consigliere: Sam Kass, che seppur uscito dalla White House persegue il suo impegno sociale nel settore nutrizionale. “Sam era diventato uno di famiglia”, ricorda Barack. “Cucinava per noi e con noi, insegnandoci a mangiare bene. Ha rivoluzionato la politica alimentare americana. Insieme abbiamo ridotto l’obesità, promuovendo un cibo più sano e salutare. E quando le famiglie vantano una corretta nutrizione, migliora tutto. Persino la prestazione sul lavoro”.
Obama però non dimentica certo il ruolo fondamentale svolto dalla moglie Michelle. “Lei ha affrontato la problematica del cibo da genitore, da madre, non da politica. Per questo è stata ascoltata”. Ed è stato importante. “Perché bisogna cambiare il sistema alimentare per contrastare il cambiamento climatico. Al quale nessuno rimarrà immune”, dichiara mister President. Nato alle Hawaii (nel 1961), vissuto per un certo periodo in Indonesia ed eletto presidente degli Usa il 4 novembre del 2008. “Io amo l’oceano, ma molte città sono vicine agli oceani. E il rapido ed eccessivo innalzamento dei mari potrebbe far emergere un gravissimo problema”. Ma l’ex leader si palesa ottimista e propositivo. “Yes we can” rimane il suo motto, al quale aggiunge una buona dose di saggezza. “Se guardiamo il futuro non c’è nulla che non possiamo fare. Se l’uomo ha rovinato il mondo può anche migliorarlo. Non si deve mai dire che è troppo tardi”.
Anzi. “La storia non si muove mai in linea retta, ma a un certo punto va verso la direzione della giustizia”. Da qui la fiducia nella scienza, nella tecnologia, nell’energia pulita, nella medicina sempre più personalizzata e nelle nuove frontiere dell’agricoltura. Quella di avanguardia - capace di usare meno acqua - e di precisione - in grado di sfruttare i satelliti per fare le giuste previsioni. L’importante? Che l’esasperata meccanizzazione non tolga posti di lavoro. “Che non dà solo soldi, ma anche dignità e status. E ciascuno ha diritto alle meraviglie del mondo”.
Si discute di massimi sistemi, di politica globale e di sostenibilità alimentare. Obama può dividere o sintonizzare l’opinione pubblica sulla stessa lunghezza d’onda. Ma una cosa è certa: rimane un grande uomo. Che adora le bistecche. “Io non sono vegetariano”, ammette, “ma rispetto i vegetariani”. Resta un uomo sensibile al cibo e al messaggio che può trasmettere. Resta un uomo capace di lasciarsi emozionare dall’Ultima Cena leonardesca. E anche di cambiare. “Grazie alla presidenza sono diventato meno timoroso. Ho capito che è possibile fare un errore, che si può sbagliare davanti a tutti. E questo è liberatorio”. Un uomo libero, insomma. Persino da quella bella bolla isolante che comporta l'essere leader del Pianeta. “Non potevo neppure bere un caffè in libertà. Ora, invece, riesco ad andare ovunque. A patto che faccia un selfie ogni due passi”.
Anche questo significa essere uomini del terzo millennio.