Minuzioso e puntiglioso Massimo Minutelli lo è davvero. Soprattutto quando si tratta di carne. E lì non c’è gara: lui è un vero esperto del settore. Illuminato sulla via dei Paesi Baschi, dopo essere entrato da Etxebarri, l’asador per eccellenza, regno del maestro Victor Arguinzoniz e ora assurto addirittura al sesto posto dei World’s 50 Best Restaurants. Un modello al quale Massimo ha guardato con ammirazione, proponendo così la sua versione: La Griglia di Varrone, prima a Lucca e poi a Milano. Mutuando il nome dal cognome di Marco Terenzio, il filosofo che dissertò di allevamento e agricoltura. Insomma, a Minutelli piace distinguersi e arrivare un passo avanti agli altri. Tanto da essere stato il primo a importare in Italia il mitico e nipponico Kobe beef, termine col quale si designano solo selezionati capi eletti, provenienti dalla prefettura di Hyogo. “Ora però ho provato anche una carne di Kagoshima”, svela, mostrandomi nella cella-vetrina un bel pezzo ad alto tasso di marezzatura.
Sì, il patron di Varrone non si ferma. Cerca, ricerca e scova anche chi in Italy alleva i bovini di razza giapponese. Come Ca’ Negra, zootecnica realtà firmata dalla famiglia Borletti e posizionata nelle terre di passaggio fra Rovigo e Venezia. Un’azienda all’avanguardia, che alleva angus ma anche wagyu, manzo pregiato e delicato che appena nato pesa circa 35 chili, per giungere a 700-750 chili al momento della macellazione. Una volta raggiunta la maturazione, non prima dei 30 mesi. Il risultato? Una carne dalla tenerezza infinita e dal sapore intenso e profondo. Ma anche una carne versatile, come ben insegna mister Minutelli. Che nel suo ristorante propone in differenti tagli e preparazioni. In un vero e proprio assolo di wagyu italian style. Voilà la bresaola, che si scioglie sulla lingua (del commensale); e la lingua, che strizza l’occhio alla salsa verde. E poi il pastrami, servito nell’etereo e croccante pan de cristal (giunto direttamente da Barcellona). Ma ecco pure i crudi (e quasi nudi): il cubo di filetto, il sashimi di scamone, la battuta al coltello di sottofesa e la tartare di cuore. Per poi passare alla griglia. O meglio, alla piastra messa vicino (ma non troppo) al fuoco, affinché il wagyu si scaldi a puntino e sfili in un’orizzontale di asado, picanha, reale e ribeye. Con accompagnamento di purè di patate affumicate e ciccioli… di wagyu, naturalmente. Mentre nel calice ben ci stanno le etichette della langarola maison Elvio Cogno, oggi guidata in quel di Novello da Valter Fissore. Due esempi su tutti, la Barbera d'Alba Bricco Merli, emblema di tipicità e massima bevibilità, nonché il Barolo Cascina Nuova, raffinata espressione di vigne giovani, di soli quindici anni di età.
Massimo è attento. A tutto. Al servizio in sala, complice il bravo Tony Melillo, e al perfetto funzionamento della griglia. Vera protagonista di uno spazio che gioca con vetro, legno, pietra, ferro e fuoco. Certo, alimentato dalla quercia. Per meglio accarezzare aromaticamente la carne. Di fassona piemontese, griffata dalla macelleria Martini di Boves, nel cuneese; di black angus (americano e australiano); di rubia gallega, ossia la bella bionda galiziana, per via del suo buon grasso dal color dell’oro. E il maiale? Come potrebbe mancare. E basta provare la pluma di maiale iberico Joselito per capire che da Varrone c’è poco fumo e tanto arrosto.