Cavalli. Con i loro fantini. Immortalati nel folgorante movimento della corsa. Quella di cross-country, certame equestre che nel Novecento si disputava nell’ippodromo del Parco di Monza. L’artista Giovanni Bressana li ha voluti ritrarre così, nel momento stesso della competizione. Eternizzandoli su una delle ampie pareti del rinnovato Derby Grill dell’Hotel de la Ville di Monza. Quasi a raccontare, in un affresco, l’elitario passato dell’albergo e il suo determinato e coraggioso slancio verso il futuro.
Sì, perché l’esclusiva dimora ne ha di anni sulle colonne. Nata infatti nell’Ottocento come ristorante, diviene in seguito albergo: l’Eden Hotel Savoia. Eden come il paradisiaco parco di settecento ettari della Villa Reale che le sta di fronte. Savoia come omaggio alla casa sabauda che nel 1859 trasforma la reggia monzese in estiva residenza di famiglia. Poi? Nel 1958 l’arrivo del lungimirante commendator Bartolomeo Nardi, il cambio del nome e una nuova era. Oggi giunta alla quarta generazione con Francesco. Che tiene ben salde le redini, non staccando lo sguardo dal traguardo. Come i fantini del Bressana.
Bressana che impreziosisce col suo tratto raffinato pure i pannelli della veranda. Anzi, La Veranda, il neonato “giardino d’inverno” realizzato proprio in occasione delle celebrazioni del sessantesimo anniversario della gestione Nardi. Uno spazio trasparente e sorprendente, pronto a dialogare sia con l’albergo sia con la prospiciente Villa Reale, costruita su progetto dell’architetto imperiale Giuseppe Piermarini per volere di Maria Teresa d’Austria. Un ambiente sospeso La Veranda: fra il dentro e il fuori, l’indoor e l’outdoor. Naturale prosieguo del ristorante gourmet Derby Grill (da un lato) e del Derby Bar (dall’altro).
Un’area - interamente climatizzata - che non teme le stagioni, protetta com’è da vetrate e da un tetto di cristallo. Una zona eclettica e versatile, suddivisa in due parti, grazie a librerie orientali dal mood geometrico, essenziale e lineare. Così la zona collegata col Derby Bar - dal palese timbro british - assume un’allure decisamente coloniale. Fra avvolgenti sedute in rattan della maison spagnola Becara, poltrone in pelle by Paola Navone per Baxter, pavimenti in bambù indonesiano x-treme, tavoli dai piedistalli a tema, pale vietnamite e affreschi raffiguranti foglie e piante rigogliose. Come le due palme di lago, sentinelle del luogo: appartenenti alla varietà chamaerops excelsa e fiere di rimembrare i toni esotici delle dimore patrizie.
Più sofisticato e luminoso invece il continuum “esterno” del ristorante. Giocato sulle tenui sfumature del tortora e del verde salvia. Complici le sedie esili ed elegantissime della prestigiosa azienda francese Henryot & Cie. Per un salotto dal respiro modernamente green. Ideale per ospitare, tutte le domeniche, il Derby Brunch, in versione buffet all'italiana (dalle 12 alle 15, a 50 euro, caffè e acqua inclusi). Coinvolgendo anche la colonial zone della Veranda.
Monza - Napoli: insolito Derby (Grill)
Uovo di selva, patate di Oreno, finferli e taccole. Tartare di fassona, midollo scottato e carota del brasato. Ravioli in farcia di broccoli e vongole veraci, salsa di mandorle e colatura di alici. Capesante rosolate al timo, friggitelli, olive taggiasche e cialda di mais blu della Brianza. Linguine al cipollotto, crema di zucchine e formaggio di capra. Ricciola con caramello agli agrumi, ortaggi di stagione e maionese al wasabi. L’executive chef Fabio Silva integra Campania - la sua, visto che è nato a Napoli nel 1978 - Lombardia, Brianza e Monza nei suoi piatti. Non dimenticando un tocco orientale. In una sorta di perenne dialogo fra nord e sud, nebbia e sole, pomodoro e zucca, burro di malga e olio extravergine. Quello dei ragusani Frantoi Cutrera: “Frescolio” (cultivar moresca e bincolilla) in cucina; “Primo Fine Quality” à la table.
Giunge dalla Valtellina invece l’uovo di selva, figlio di galline che razzolano felici in un bosco a 600 metri di altitudine. Mentre il riso è il carnaroli della Riserva San Massimo (quella guidata da Dino Massignani), a Gropello Cairoli, nel Pavese; le carni sono della cuneese macelleria Oberto; e il mais è quello blu-violaceo dell’azienda agricola Frettoli, con sede a Cornate d’Adda. Un mais sui generis, coltivato in Brianza grazie a una collaborazione con l’Università Statale di Milano. È infatti grazie al professore Roberto Pilu e ai suoi collaboratori del Dipartimento di Scienze Agrarie che il mais morado degli Inca è stato incrociato con varietà lombarde, dando vita a un granturco ad alto tasso di antiossidanti. Che Fabio ha provato a trasformare persino in ravioli con farcia di piselli, cipollotto e melissa; e in tacos con avocado, fagioli risina di Spello e pecorino stagionato.
Ha una vulcanica fantasia Fabio. Che si muove con destrezza fra chilometro zero e chilometri di distanza. Andando a pescare là, dove i prodotti sono al massimo della qualità. Per poi valorizzarli al meglio: in preparazioni creative oppure semplicemente legate alla tradizione. Vedi il risotto con luganiga magra; la costoletta alla milanese (quella con l’osso, poco battuta e cotta lentamente nel burro chiarificato); nonché l’ossobuco di vitello in gremolata e riso carnaroli mantecato agli stimmi di zafferano. Pietanza che Fabio sa tradurre anche in versione stick. Per un finger rock che sa di tradizione, esprimendosi in modo contemporaneo.
Fabio, che oltre a far parte di Euro-Toques Italia, compare pure nel consiglio direttivo dell’associazione presieduta da Enrico Derflingher. Fabio, che nato all’ombra di Castel dell’Ovo è cresciuto al cospetto della reggia monzese, in questo affascinante albergo. Affiliato a brand esclusivi quali Small Luxury Hotels of the World e Les Collectionneurs, la realtà capitanata da Alain Ducasse che riunisce albergatori, ristoratori e viaggiatori accomunati dalla passione per il voyage. Fabio che non è solo. Al governo della sala vi sono infatti il maître d’hotel Antonio Renzulli e il restaurant manager Roberto Brioschi. Perché affabilità, affidabilità, garbo e cortesia sono ingredienti fondamentali per la ricetta della buona accoglienza. Vino incluso. Raccontato in una carta che accende i riflettori sull’Italia non trascurando i grandi Champagne: da Ayala a Bollinger, da Krug a Ruinart, da Veuve Cliquot a Marguerite Guyot, sino al Cristal di Louis Roederer.
Alla regia dei dolci sta invece il pastry chef Marco Beretta. Alle prese con gelati e sorbetti homemade, nonché con dessert rigorosamente stagionali. Ecco allora la torta di mandorle con mousse al frutto della passione e salsa alla mela golden; la millefoglie con crema al caffè, gel al caramello e gelato al fiordilatte; lo yogurt biologico di capra, “tuorlo” di fico d'India e meringhe ai mirtilli; e la crostatina al cioccolato venezuelano Sur del Lago by Domori alla ricotta e pere.
Il Derby Grill è aperto a pranzo dal lunedì al venerdì, dalle 12.30 alle 14; a cena dal lunedì al sabato, dalle 19.30 alle 22.
Library & Cocktail
Un salotto. Una libreria densa di memorie, tangibili e impalpabili. Il Derby Bar è un ambiente intimo, vellutato e ovattato. Che ora si è allungato nella Veranda, fra arredi esotici e coloniali. Un luogo di charme - aperto tutti i giorni, dalle 7 a mezzanotte - dove bere un tè, sorseggiare un drink e fare uno spuntino informale ma mai banale. “Ho pensato a piatti più semplici, preparati con ingredienti di assoluta eccellenza”, precisa Fabio. Che mette in carta il Derby Club sandwich; l’avocado toast con ravanelli e lime; il salmone marinato con alga nori, maionese al wasabi e caramello agli agrumi; e l’hamburger di manzo con salsa worcester, bacon croccante, casera dop e cipolla all’agro. Non trascurando la pizza Margherita al tegame; il riso venere spadellato con verdure e gamberi; gli spaghetti al pomodoro del piennolo vesuviano; e i fusilli Benedetto Cavalieri al ragù di vitellone e rosmarino di Montevecchia. Ideali con un calice di vino o con una birra del piccolo opificio brassicolo Carrobiolo. Che ha sede proprio a Monza.
E i cocktail? Sono messi a punto dal bartender Carlos Rosa. Che esegue i grandi classici affiancandoli a otto estrosi signature drink. Fra questi, “Not a pisco sour”, con distillato di uva, succo di limone e albume d’uovo; “Ortensia”, summa di whiskey, Aperol e Martini Rosso; e “Daddy’s Favourite”, compendio di rum Zacapa 23, menta, zucchero di canna e ginger ale. Da sposare con le “Fabio’s Perfect Tapas”. Un trittico di delizie ritmato da stick di ossobuco, hummus di ceci biologici con cialde croccanti di riso e mini panino con salmone marinato, avocado e lime.
Dedicati ai gin addicted poi i drink “Your & Tonic”: gin tonic sartoriali per i quali è possibile selezionare personalmente distillato, acqua tonica e final touch. Dalle bacche di ginepro al timo, dal pepe rosa al rosmarino, dal limone al lime, dai chiodo di garofano al cetriolo, sino all’arancia. E se le premium tonic water sono targate Fever-Tree, i gin spaziano dal delicato Tanquery 10 al sapido Monkey 47, dal floreale Hendrick’s al mediterraneo Gin Mare, dal cremoso Njord Mother Nature (intitolato a un dio vichingo della mitologia norrena) al dolce e rosato Rivo Sloe, prezioso di bacche di prugnolo raccolte a mano e prodotto sul Lago di Como. Per rendere onore al savoir-faire lombardo.
La regalità della notte
Marmi: rosa del Portogallo, nero marquinia, giallo persiano, rosso Francia, verde Alpi e Botticino. E poi specchi, stucchi, tappeti, ventagli, parquet, boiserie, libri, vasi cinesi e bauli tibetani. Le settanta camere dell’Hotel de la Ville sono piccole regge capaci di condensare armonia, arte, bellezza, sogno e viaggio. Mentre gli spazi comuni svelano argenti e porcellane, quadri e mappamondi, stampe e volumi rari. Merveilleux.