Gabriele Sorice, alla guida della pizzeria Acunzo 1964 di Napoli
Gabriele Sorice: pizza, pasta e Pulcinella
Di gesso, legno, marmo, terracotta, porcellana. Mentre danza, suona, canta. Lui è rappresentato in mille modi. E non manca mai. Men che meno nell’artigianato presepiale di San Gregorio Armeno. Figura laica quasi sacra, Pulcinella è molto più di una maschera carnevalesca. È un’icona, un simbolo, una metonimia, una parte per il tutto. Un personaggio-emblema, capace di concentrare la veracità, l’energia e l’esuberanza di Napoli. “Quando la creammo nel lontano 1969 non potevano che battezzarla Pulcinella. Fummo i primi a proporla. Un vero azzardo”, spiega Gabriele Sorice, mentre racconta la genesi di una pizza che coraggiosamente e audacemente abbina pizza e pasta. Certo, carboidrato su carboidrato. Due must partenopei. “È nata un po’ per caso. All’epoca avanzavano sempre alcune porzioni di primi piatti. Così si pensò di unire le due cose. Dando vita a una rilettura ancor più succulenta della classica pasta al forno”, continua Gabriele. Ancora orgoglioso della Pulcinella: summa vulcanica di impasto e pasta. I mezzanelli, conditi con ragù, prosciutto, funghi trifolati, fiordilatte dei Monti Lattari, crema di ricotta, parmigiano e uovo sodo sbriciolato. Un vero cult di Acunzo 1964. Insegna che spicca in via Cimarosa, nel cuore collinare ed esclusivo del Vomero.
La danza della pizza Pulcinella
“Inizialmente, l’idea del doppio carboidrato spaventava un po’. Ma poi questa pizza è diventata gettonatissima. E anche oggi è molto richiesta. Anche perché si è andato via via migliorando anche l’equilibrio fra gli ingredienti. E pure l’impasto è evoluto, abbracciando lunghe maturazioni e massima digeribilità”, continua il giovane pizzaiolo (annata 1988). Terza generazione alle redini del locale. Aperto agli inizi degli anni Sessanta da Raffaele Acunzo, poi passato nelle mani della figlia Caterina e del marito Michele, e oggi portato avanti con sapienza dal loro figlio Gabriele. Affiancato dal socio Guido Grosso.
Gabriele Sorice con papà Michele e la sorella Alessandra
Il calzone con la scarola riccia
La pizza Qui rido io 2010
“Le pizze con la pasta le servo in un piatto in acciaio. Mentre le altre le presento su vetro trasparente”, continua Sorice. Fiero anche della Fusilli 1970, preziosa di sugo ai funghi, fiordilatte, peperoni, piselli, pancetta, crema di ricotta, parmigiano reggiano 24 mesi e pepe; nonché della Qui rido io 2010, omaggio agli spaghetti alla Nerano, in versione linguine. Virtuose di zucchine, mozzarella di bufala, crema di ricotta, pomodorini, pancetta e parmigiano. Alla base? Sempre un impasto tondeggiante e dal cornicione pronunciato, messo a punto partendo da una biga e utilizzando Petra 3. “La mia però è una napoletana più lenta. Perché la cuocio a temperature meno elevate e per un po’ più di tempo”, precisa l’artigiano. Che per l’estate mette in carta anche una delizia a tutta ricotta di fuscella, fiori di zucca spadellati, provolone del monaco, zeste di limone e speck croccante. “Al centro poi posiziono un fiore di zucca ripieno e fritto. Così da proporlo in doppia cottura”.
Variazione di montanarine
La sapiente cottura nel forno a legna
La Genovese: la carne viene cotta a lungo con la cipolla rossa di Tropea
Sì, da Acunzo amano il ton sur ton. Senza mai risultare ridondanti, pleonastici e rococò. Neppure nel caso dei crocchè di patate, dei supplì di riso e dei calzoni, altro cavallo di battaglia dell’insegna. Con ricotta, cicoli e fiiordilatte; con scarola riccia, provola, olive e capperi di Salina; e con prosciutto cotto, salame napoletano e pummarola - San Marzano - ’n ’coppa. “Poi da settembre vorrei mettere in pista anche la pizza in teglia e quella in padellino. Ho acquistato un forno Moretti e vorrei spingermi molto di più sui lievitati. Solo ai dolci per il momento non metto mano. Devo aggiornarmi e fare dei corsi. Ma in futuro punto anche a quelli”.
La pizzeria Acunzo 1964 ha riaperto a Napoli.
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