“Ho voluto realizzare qualcosa che fosse capace di farsi ricordare nel tempo. Qualcosa che potesse lasciare un segno. Questo luogo me lo immagino fra mille anni, con le pietre ancora qui, intatte”, rivela Mario Bacilieri. Pasticcere, imprenditore, creatore di bellezza. Un druido dell’epoca moderna. Colto, acuto e lungimirante. Depositario di antichi e nuovi saperi. “Ma sono anche un pasticcere concreto. E nella vita ho sempre messo via il denaro per poi investirlo, costruendo e consolidando il mio futuro”. A partire dalla pasticceria. Un unicum in quel di Marchirolo. In una terra di Varese che non dista molto dal confine svizzero e dal Ceresio. Ma neppure dal Parco Regionale Campo dei Fiori e dal Parco delle Cinque Vette. Dove il verde si fa fitto, libero e selvaggio.
“Desideravo una pasticceria concettualmente diversa. A partire dal disegno. Una pasticceria bella, ma anche pratica, comoda e funzionale. In grado di razionalizzare le energie. Uno spazio che piacesse a me. Non agli architetti”, racconta Mario. Che infatti porta avanti idee, schizzi e progetto in tandem con un ingegnere. Il risultato? Un luogo sui generis, leggero e solido, vuoto e pieno, effimero e materico, contemporaneo ed eterno. Una sorta di Stonehenge del terzo millennio. In cui si incastrano perfettamente il ferro, il vetro, il legno, l’ardesia asiatica dei pavimenti e l’acciaio della possente scala a spirale. Pronta a collegare il su e il giù, il sopra e il sotto: la terrazza lounge, lo spazio al pianterreno e l’ingresso principale, cui si accede direttamente dall’ampio parcheggio. Incontrando immediatamente l’arte.
“Certo, la pasticceria è una forma d’arte e va esposta come un gioiello”, precisa Bacilieri. Che all’entrata mette i suoi pasticcini sotto le luci. Anzi, sotto i riflettori. Come se fossero danzatori su un palco, illuminati dall’occhio di bue. E affiancati dalla megalitica opera Attesa dello scultore (scomparso nel 2013 e da sempre operativo nella casa-atelier di Sesto Calende, oggi sublimata in Fondazione) Giancarlo Sangregorio. In ideale feeling col monumentale dolmen moderno che appare all’altra entrata. A livello strada statale. “Per realizzarlo ho chiamato un geologo”, racconta Mario. “Ha preso i migliori blocchi di granito bianco del Montorfano. Anche perché queste pietre dovevano essere sanissime, per fare da struttura portante”.
Pensare che Mario ha iniziato da zero. Nel senso che le fondamenta del suo dolce mondo se l’è costruite da solo. Lui, nato a Cunardo nel 1963. Da mamma Luisa e da papà Angelo. Scomparso troppo presto. Così, dopo il primo anno di perito meccanico, il lavoro lo chiama all’appello. “Già a 12 anni andavo in una pasticceria del paese a pulir padelle e a pelar mandorle. Una ad una. Ho fatto la gavetta. Quella vera. Quella nutrita di lavoro quotidiano. Quella dove rubi le ricette a chi ne sa più di te. Quella dove non ci sono né tivù né talent show”, commenta Bacilieri. Che, dopo il servizio militare in Friuli (a Casarza della Delizia) entra in una pasticceria di Varese, per poi gestire un laboratorio a Lavena Ponte Tresa, far tappa a Luino e aprire un’insegna artigianale tutta sua a Cuveglio. “Un giorno, guidando, vedo un cartello con scritto affittasi. Non ho avuto alcun dubbio. La posizione era d’angolo, contava su un parcheggio vicinissimo e alle spalle c’era la chiesa”. Tombola.
Nel 1986 alza la saracinesca. E il successo non tarda ad arrivare. “Avevo 23 anni. Avevo un sacco di energia. E avevo pure la coda fuori dal locale”. Ma lui non si adagia sugli allori. E nel 1992 si trasferisce a Laveno Mombello, per poi approdare a Marchirolo. Nello stabile accanto a dove ora ha il suo regno. Conquistato nel 2012. “Qui vi era un terreno con frutteto. Apparteneva allo zio Lorenzo. Certo, non era d’angolo, ma si affacciava direttamente sulla statale”. Così Bacilieri edifica la sua roccaforte. Tanto, zio Renzo non ha perso il suo orto. Lo ha solo spostato cento metri più in là. “In tutto questo ho sempre avuto il sostegno della mia famiglia. Di mia mamma e dei miei fratelli Stefano e Daniele. E ancora adesso dallo zio prendo i mirtilli, le patate, i fagiolini, le cipolle e il basilico”, puntualizza riconoscente Mario. La cui moglie Roberta è medico - direttore sanitario dell’ospedale di Saronno -, mentre Rachele - la figlia maggiore - si occupa di programmi televisivi e il figlio Riccardo lavora con lui: “È preciso, meticoloso e bravissimo con il cioccolato”. Basta guardare le praline lucide e colorate per capire: al miele di castagno, al rosmarino caramellato, ai frutti tropicali e menta e alla grappa Rossi d’Angera. E basta pensare alle uova di cioccolato della scorsa Pasqua, ispirate al Il Trono di Spade, ma anche a Salvador Dalí, a Vincent van Gogh e a Frida Kahlo. Complice il tocco della brava sugar artist Viola Kundert.
Intanto, Mario ordisce i lievitati. Piccoli e grandi. Come le veneziane alle albicocche di Costigliole e amaretto, o al mandarino e cannella. Messe a punto con la farina Panettone di Petra - Molino Quaglia, del cui esclusivo network Bacilieri fa parte. Ma poi ci sono i panettoni veri e propri. Anche in summer e limited edition. Come quelli con olive candite, noci pecan e amarene. Sapidità, dolcezza e acidità in straordinario equilibrio. “Sono un po’ come i Rolex. Tanto sognati e tanto rari da trovare”, commenta Mario. Che su certe questioni ha le idee precise. “Il cliente lo devi ascoltare. Sempre. Lo devi coinvolgere. Lo devi far sentire partecipe di un progetto. Devi capire quello che lui vuole. E fare dei dolci che piacciano a lui. Non a te. Ma a volte è anche utile mettere dei paletti. Creare dei desiderata. Perché anche il cliente ha bisogno di punti di riferimento. Del resto, è proprio il cliente che ti aiuta a crescere, a migliorare e ad alzare l’asticella”.
E l’asticella di Mario è decisamente alta. E a chi gli rimprovera un prezzo un po’ più elevato della norma? Lui ha la risposta pronta: “Io faccio spendere il giusto. Perché nella brioche trovi anche il fiore della terrazza. Trovi un servizio di eccellenza. Trovi venti dipendenti talentuosi che lavorano alacremente. E la qualità va pagata. Se compri un pasticcino ci devi credere in quel pasticcino”. Fatto sta che la colazione da Bacilieri si trasforma in esperienza. Un po’ per i cappuccini e per la latte art dei barman Paolo Bigi e Domenico Villari. E un po’ per le brioche e i croissant del maestro. Oltre una ventina, ogni sacrosanta mattina. Inclusi danesi (all’ananas, all’albicocca, alla mela, alla pera e cioccolato); pain au chocolat; kipferl; kranz; croissant con Petra 1, cereali e marmellata d’arance amare; e una brioche-bretzel a metà strada fra il dolce e il salato. “Inoltre, in inverno, propongo spesso creme al pistacchio e al tiramisù”, spiega il pasticcere. Che sta già pensando a una brioche lunga, capace di sommare tre gusti. “Così i clienti non diranno più che sono indecisi”.
E poi? Non mancano i macaron. E neppure i mignon. Lì tutti in fila, ben ordinati lungo il bancone. “Stiamo mettendo a punto una linea nuova. Che valorizza la frutta e le erbe aromatiche”, svela Mario. Che propone insoliti pasticcini al rosmarino e ananas, al limone e basilico e alle mele e salvia. Senza mai tradire il poker d’assi dell’insegna. Quattro opere creative (tutte gluten free) presentate in taglia small (mignon), medium (monoporzione) e large (torta). Ecco allora "Rachele" (creazione intitolata alla figlia): cuore al lampone, bavarese al cioccolato bianco Ivoire di Valrhona e biscotto croccante al cioccolato. "Iole" (dedicata alla nipote): biscuit alle mandorle e bavarese alle fragole e Champagne. "Kelly" (a ricordare una commessa colombiana che in passato ha lavorato qui): mousse al mango, inserto al cocco, cioccolato fondente Tulakalum - un monorigine del Belize - e biscotto al cacao aromatizzato al passion fruit. Nonché un must quale "Bacilieri": biscotto morbido al cioccolato, cuore di nocciola, bavarese al fondente (Extra Bitter o Equatoriale), biscotto croccante alle nocciole e glassa al Guanaja. Sempre serviti in packaging eleganti. Che portano impressa la “B” di Bacilieri. “Certo, i pasticcini non li serviamo su un vassoio. Bensì in una bella scatola da portare in dono”.
Ma in vetrina e sugli scaffali spiccano pure i bignè (persino a foggia di cigno e fenicottero rosa), la "Bignolata", le crostatine (con farina di riso) ai lamponi e crema pasticceria, e le tortine di frutta secca con croccante di riso soffiato. E ancora, i Brutti e Buoni, i Matócch, le gelatine, i biscotti da tè e i frollini. Anche decorati con la pasta di zucchero. Non trascurando lei, la torta "Luisa", un tributo alla mamma, in un incontro ravvicinato di liquirizia e cioccolato. E non dimenticando neppure loro: i cannoli siciliani-varesini. Sì, perché la ricotta di capra utilizzata è quella del caseificio Aristeo di Rancio Valcuvia. “Da loro prendiamo pure la burrata e la mozzarella che serviamo a pranzo”, commenta Mario.
Proprio così. A pranzo, la pasticceria svela infatti il suo lato alternativo. Rimanendo fedele alla filosofia degli impasti. Della serie: le sfogliatine, le brioche salate, le quiche e le focacce (con Petra 1) sono preparate in casa. Al pari degli gnocchi e delle tagliatelle. Mario ne va orgoglioso: “Si tratta di una vecchia ricetta di mia madre. Ma noi utilizziamo la farina Frolla di Petra in abbinata alla semola rimacinata di grano duro”. Un momento particolare quello del lunch. Visto che il caffè arriva accompagnato da un amaretto morbido e da una pralina. “Non puoi sempre pretendere dal cliente. Devi anche dare”, ricorda il saggio Bacilieri. Che per l’aperitivo, mette sempre a segno grandi “quadri”, pronti a mettere in scena golosità di ogni tipo. Compresi un risotto o una pasta calda.
Un visionario Mario. Uno che nella vita non ha mai mollato, sapendosi sempre adeguare al suo tempo. “La mia pasticceria si è trasformata. Si è evoluta. Negli anni Settanta tutto quello che facevi andava bene. Oggi no. Devi puntare al massimo. Alla perfezione. Tutti i gusti devono essere distinti, calibrati e bilanciati. Per questo io preferisco togliere, piuttosto che aggiungere”.
Mario. Talmente poliedrico e volitivo che nel Duemila ha persino aperto un ristorante a Varese. Conquistando una stella Michelin. “Volevo togliermi uno sfizio”. E se l’è tolto. Oggi? “Sto in laboratorio. Ma, forte di una lunga esperienza, assaggio, provo, testo, supervisiono la squadra e faccio quadrare i conti”, dichiara da vero deus ex machina Bacilieri. Attento alla sostenibilità. Vedi l’acqua a metro zero - grazie al nuovo erogatore - e vedi le new eco borracce, da acquistare e poi riempire gratuitamente. E attento pure alla solidarietà. Dal momento che è tra i fautori dell’associazione no-profit Pasticceri per la Vita, impegnata nell’organizzazione di iniziative e manifestazioni a scopo benefico. Come Signor Panettone.
Progetto prossimo venturo? “Mi piacerebbe rispolverare i dolci serviti sul mitico transatlantico Titanic, proponendoli in chiave contemporanea. Ho scoperto il bel libro di Patrizia Rossetti, La leggendaria cucina del Titanic, edito da Pietro Macchione, e vorrei meglio approfondire la parte relativa ai dessert”. Una nuova e titanica impresa per il dotto druido di Marchirolo.
E se si volesse assaggiare un gelato di gran classe? Basterebbe attraversare la strada. Et voilà la Gelateria Bacilieri. “Il nome e i muri sono i miei, ma qui la regia è tutta nelle mani di Valerio Terzaghi”, precisa patron Mario. Che sulla questione gelato passa il testimone al suo fido vassallo. Fiero di seguire la logica della naturalità. “Sto lavorando con le fibre vegetali, come quelle del baobab. Ho iniziato a utilizzarle nei gusti alla frutta. E il prossimo anno le vorrei applicare alle creme”, spiega Valerio. Che nel suo lab conta pure su un mulinetto a pietra per la macinazione della frutta secca: dalle nocciole piemontesi ai pistacchi siciliani, dalle mandorle di Noto alle noci pecan salentine. Sì, salentine. “Le prendo dall’azienda agricola Sirgole, a Cutrofiano, nel Leccese”. Le stesse che usa anche Mario per il suo panettone estivo. Mentre il mirtillo viene da Marchirolo, prugne e fichi sono a chilometro cortissimo e la noce della varietà Lara giunge da Rovigo. E in tandem con gelati e sorbetti? Le brioche col tuppo. Preparate da Mario.
A Bacilieri resta però un sogno nel cassetto: tornare alla modenese Osteria Francescana di Bottura. "Vorrei riassaporare il filetto alla Rossini secondo Massimo. La prima volta che l'ho mangiato ero così emozionato che non me lo sono goduto. Ma ricordo che era incredibile".
Foto ritratto di Mario Bacilieri by Thorsten Stobbe