Lei cambia. Tutti i fine settimana. Seguendo il ritmo del mercato e della stagionalità. “E anche la follia del pasticcere”, puntualizza Mariano Massara, che con la moglie Sara guida una dolce insegna nella varesina Morazzone. Dove la brioche indossa una veste nuova ogni weekend. Al pari di una pietanza che varia in menu. “Sì, ho un po' rubato il concetto alla ristorazione. In modo da dar voce alla fantasia e all’entusiasmo di una produzione mai uguale a se stessa. E poi così creo attesa e curiosità nel cliente. E ho pure la possibilità di sperimentare e di andare in verticale su un ingrediente. Valorizzandolo e comunicando la nostra attenzione alla selezione della materia prima”, continua Mariano. Orgoglioso di trasformare un bel mango maturo nella salsa-farcia di un delizioso fagottino. “Preferisco dare questa forma alla mia brioche, perché custodisce e avvolge meglio ripieni importanti”, spiega l’artigiano. Che, al pari di un sarto raffinato, taglia, cuce e rifinisce le sue creature gourmand.
“Inoltre variare è una sfida. E un modo per dar forma a un’idea, a un sogno, a un suggerimento, a un viaggio. Mi piacerebbe fare una brioche dedicata al Nepal”, svela mister Massara. Che intanto, pensando all'Olanda, prepara il fagottino "Stroopwafel", con caramello mou, chantilly alla vaniglia e cialda wafel. Un ennesimo gioiello della ricca collezione di brioche. Battezzate con nomi che attingono dalla tradizione, oppure dipingono una suggestione. Ecco allora le terroir addicted, come la “Macugnaga”, con mirtilli, noci e crema leggera al mascarpone; la “Val di Non”, con mele trentine, uvetta, cannella, pinoli e noci; la “Positano”, con chantilly ai limoni di Sorrento, fragoline di bosco e biscotto alle mandorle; la “Tramonti”, con ricotta vaccina e pere abate saltate in padella con la vaniglia; e la “Vignola”, summa di crema pasticcera e ciliegie di Vignola cotte a bassa temperatura con zucchero di canna e cannella.
Ma ecco anche le più estrose. Vedi la iper mattutina “Alba in HD” (ad alta digeribilità, e non ad alta definizione come verrebbe da pensare), con crema agli agrumi di Sicilia; la solare ”Aria d’Estate”, con chantilly al limone e salsa di fragole spadellate al timo; l’autunnale “Scaco Matto” con polpa di caco, vaniglia e chantilly al mascarpone; la smeraldina “Oro Verde”, con chantilly al pistacchio e dadolata di fragole; e la rassicurante “Coccolosa”, con cremoso al cocco e vaniglia, polpa di lampone e fondo croccante.
E non mancano le riletture dei grandi cult. Vedi la brioche “Pastiera”, con crema al grano cotto, scorze d’arancia candite e mousse di ricotta profumata ai fiori d’arancio; la “Tiramisù” con crema al mascarpone e caffè espresso; la “Sacher”, con confettura d’albicocche e cioccolato Caraïbe di Valrhona; la “Monte Bianco”, con chantilly alla vaniglia e crema di castagne; e la "Mimosa”, con ananas candito e crema chantilly. Realizzata in occasione dell’8 marzo.
E poi? Ci sono le brioche inno alla memoria e all’infanzia. Come la “Ricordo”, pronta a inanellare mele, caramello e streusel, messo a punto con la farina macinata a pietra Petra 5 di Molino Quaglia. E c’è pure la signature “SeM” con noci, marron glacé, gocce di cioccolato e chantilly alla vaniglia. “La mia è una pasticceria dalla forte matrice italiana. Dal tratto forse più rustico, ma sempre connotato da una certa eleganza. Per questo propongo e difendo la brioche”, dichiara Mariano. Che per la sua soffice opera predilige le farine Nova e Petra 1, partendo da un preimpasto, utilizzando il lievito madre e lasciando lievitare il tutto per almeno 36 ore. A vantaggio di gusto e leggerezza.
Il bello? Che la capsule collection del weekend non si limita alla brioche. Ma sublima pure in torta e mignon. Così da creare una vera e propria limited edition, pensata su misura per i dì di festa. Senza contare quelle brioche che si traducono in panettoni golosi. Nel segno di una circolarità e di una sostenibilità della lavorazione.
E in settimana? Le brioche ci sono. Sempre. Quelle più classiche, scandite in oltre una dozzina di referenze. A cui si aggiunge un prodotto “nature”, particolarmente salutare. Solitamente un croissant. Al farro monococco e confettura di ciliegie; al grano arso e marmellata di arance amare; all’alga spirulina e composta di fragole; con canapa, orzo e mandorle; con farina di riso venere e marmellata di limone; con farina di segale e confettura di sambuco; con farina integrale Petra 9 e miele d’acacia; con curcuma e fragole; e con fiocchi d’avena, yogurt greco “e un tocco di rosso”, aggiunge Mariano. Che, facendo un’eccezione alla regola, elegge qualche croissant a protagonista del fine settimana. Voilà il “Saint Honoré”, il “Rubino” (con lampone e crema al cioccolato Caraïbe) e quello ai “Tre Cioccolati”, summa di Ivoire, Equatoriale al latte e Caraïbe. Declinato in una torta, divenuta un must.
Una produzione prêt-à-porter quella di Massara: classe 1969, radici a Gazzada (non lontano da Morazzone), studi al centro di formazione professionale (nel settore alberghiero) di Varese e un sacrosanto pellegrinaggio fra le pasticcerie del territorio. Per imparare l’arte, metterla da parte e tirarla fuori al momento giusto. “Nelle aziende semi industriali ho appreso la capacità di razionalizzare. Mentre nei piccoli laboratori ho respirato l’artigianalità”, racconta Mariano. Che a un certo punto del percorso incrocia Sara, commessa nella stessa pasticceria in cui lavora. “All’inizio ci odiavamo. Poi non so cosa sia successo. Qualche pianeta dev’essersi allineato”, commenta lei. Mentre lui ammette: “Ho fatto il paracadutista. Sono piuttosto inquadrato e rigoroso. Forse Sara subiva quel mio fare un po’ da caporale”. Fatto sta che i due si sposano (e hanno anche due figli: Jacopo e Thomas). Nel 2002 aprono nel centro di Morazzone una prima attività. Per poi trasferirsi nell’attuale sede nel 2007.
“La nostra pasticceria è all’interno di una casa e abbiamo voluto somigliasse a una casa”, dice Sara. Responsabile dell’amministrazione, dell’allestimento e del confezionamento. Privilegiando scatole sobrie, dai toni naturali e dai nastri in rafia. Perfettamente in linea con un’officina del dolce in stile rural chic. Fra legno di rovere sbiancato, specchi, vecchie madie e una credenza (appartenuta a una farmacia) recuperata da un rigattiere di Trieste. Grazie alla complicità dell’architetto e designer Sabina Bonfanti. “Per tracciare un progetto ad hoc, prima ci ha incontrati individualmente, poi ha incrociato i nostri desiderata”, ribadisce Massara. È nata così la pasticceria Sara e Mariano. Un’insegna semplice e autentica (con corredo di arioso dehors), che fa focus sull’identità di chi l’ha creata. Mentre l’acronimo SeM fa da logo e da brand. Incarnando il “noi siamo” (in dialetto).
“Ma non sono tutto suo. Lei lo sa bene: io sono anche della pasticceria”, commenta Mariano guardando la consorte. “Certo. Chi sceglie di essere un pasticcere sa già che lo sarà per tutta la vita. Più che un’occupazione questa è una vocazione. Un mio titolare mi ripeteva sempre: fare il pasticcere è come fare il prete. Si lavora la domenica e ci si nutre di una passione talmente completa e totalizzante da riempire l’anima”. E Mariano ama quello che fa, ama Sara e ama pure la mandorla. Quella di Noto, che lavora lui stesso, presentandola persino in versione “latte”, freddo o caldo. Per una bevanda candida e purissima. Mentre la farina di mandorle finisce nella pasta frolla. In un mélange con la macinata a pietra Petra 5. Ideale per le crostate e per i biscotti da tè.
Frolla. Un’altra fissa di Massara. Bardo e baluardo della pasticceria italiana. Frolla per le crostate quindi. E frolla per le torte da ripieno. Dove non serve un’eccessiva rigidità della base e un’esagerata mollezza della farcia, ma tutto deve risultare equilibrato. Frolla sottile e friabile per le preparazioni in “bianco” con la frutta; frolla lactose free e gluten free; frolla vegana e frolla per campioni. “Per la nazionale australiana di ciclismo. L’ho fatta un po’ più consistente, per il fatto che va trasportata in gara, nella tasca della maglia. Ovviamente l’hanno analizzata. Ed è nutrizionalmente bilanciata”, puntualizza il pasticcere. Soddisfatto di aver raggiunto il suo traguardo.
Intanto, continua a preparare superbi cannoncini. Colmi di crema pasticcera cotta a vapore. “Così rimane più compatta”, spiega il maestro. Che mette sul bancone anche il fragrante “Dolce Morazzone” (a base di frutta secca, intitolato al pittore locale Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone) e il delicato “Dolce Varese”, un cake de voyage che rilegge l’amor polenta, impastando burro chiarificato, uova, zucchero a velo, Petra 5 e farine di granturco e di nocciole. Non trascurando la pasticceria salata, soprattutto in occasione dei banqueting. “Adoro cucinare. In modo particolare il riso. Mi viene benissimo quello con l’ossobuco”, commenta Mariano. Fiero di firmare appetizer, panini, fantasiosi finger e gnocco fritto. Utilizzando sempre Nova e Petra 1. In coerente continuità col resto degli impasti.
Anzi, sono proprio queste due farine a nutrire la pizza gourmet, proposta nel nuovo locale della coppia. In tandem con Cristian Morandi (bartender) e Paola Fabbri (tecnologa alimentare). Nel segno di una visione allargata e inclusiva del mondo dell’arte bianca. Un anno e mezzo fa ha così inaugurato SeM & FeM, pasticceria & drink lab a Tradate. “È aperto tutto il giorno. Offriamo una cucina espressa. Che non richiede lunghe preparazioni ma che è comunque di qualità. Della serie, non c’è posto per il ragù che sobbolle, ma per i tortellini burro e salvia sì”, rivela Mariano. Così come protagonisti sono i cocktail, gli aperitivi e le serate a tema. Uno spazio dinamico, che ha dato forma anche a una golosità iconica, sia dell’insegna sia della cittadina: il “Dolce del corso di Tradate”, un tortino morbido, dalle nuance ammandorlate, prezioso di albicocche semi candite, Amaretto Disaronno e granella d’amaretto. A rammentare il selciato del viale alberato di corso Bernacchi. Dov’è posizionata la location.
Un’attenzione costante al territorio, confluita addirittura in associazione. Attiva nell’organizzazione di eventi e manifestazioni a scopo benefico, come "Signor Panettone". Una realtà no-profit, di cui Mariano è presidente: Pasticceri per la Vita. A sua volta evoluzione di un’altra lodevole iniziativa, al tempo coordinata da Pierluigi Brun: “Dolce in carcere”, che aveva già visto alcuni maestri della provincia varesina impegnati a dar lezione ai detenuti della Casa Circondariale di Busto Arsizio. “Pasticceri per la Vita oggi raccoglie una decina di artigiani. Per noi è un’occasione di incontro e confronto. Spesso parliamo al futuro. Ci piacerebbe realizzare un dolce rappresentativo del gruppo, mettere in calendario dei corsi e magari creare un consorzio. Perché no?”, continua Massara. Che, nel (poco) tempo libero, canta. “Siamo ancora in fase embrionale, ma stiamo formando una band. Facciamo musica anni Ottanta. È divertente. E poi l’emozione del palco è unica”. Anche per uno umile, serio e riflessivo come Mariano, abituato a stare volentieri dietro le quinte.
Foto di Thorsten Stobbe e di Mariano Massara