Non c’è yin senza yang. Sole senza luna. Luce senza ombra. Giorno senza notte. Bianco senza nero. “Per le nostre pizze volevamo proporre due impasti differenti, ben distinti, quasi agli opposti. Uno più chiaro e uno più integrale”, spiega Andrea Villani, deus ex machina, insieme al socio Redi Shijaku, di Mani in Pasta, insegna che a Milano vanta già tre baluardi. In via Padova (il capostipite), in via Pisacane e in viale Monza. L’ultimo nato. E pure il più grande: cinquecento metri quadrati. Gli stessi che un tempo ospitavano una banca.
Ed è proprio qui, in uno spazio industrial style dal respiro cosmopolita, che ha debuttato ufficialmente il nuovo impasto “Bianco Petra”, messo a punto grazie alla consulenza del tecnico Marco Canevari. Un impasto a doppia lievitazione e ad alta idratazione, che elegge a protagonista la farina macinata a pietra Petra 3 di Molino Quaglia. “Raggiungere l’obiettivo non è stato semplice. Non basta mixare le farine, occorre studiare le temperature e le tempistiche”, precisa Andrea. Pienamente soddisfatto del risultato: che si avvicina all’impasto classico napoletano, mantenendo una forte personalità. Data da un cornicione ben alveolato e da una velata e piacevole croccantezza.
Una base “bianca”. Ma pur sempre non eccessivamente bianca, perché figlia di una farina di tipo "1", poco raffinata. Per una pizza leggera, digeribile e sostenibile. Così come lo è del resto la base più integrale, ormai un cult di Mani in Pasta: la “3 Farine”, combo di Petra 9 - la “tuttograno” del molino estense -, Unica e semola rimacinata. Complici il lievito madre nonché 72 ore di maturazione e lievitazione.
Il bello? Quello di poter selezionare l’impasto prediletto. Per sentirsi più “white” o più “noir”. Un’opzione valida in tutti e tre i locali. Anzi, in quelli di via Padova e via Pisacane ci si può persino costruire la pizza ad hoc. Scegliendo gli ingredienti direttamente dalla carta. Mentre in viale Monza - che conta 200 coperti - le pizze prendono già la loro duplice strada: tradizionali o gourmet. Servite in un ambiente eclettico, capace di miscelare sapientemente muri ruvidi e resine lisce, ferro battuto e vetro trasparente, legno grezzo e graffiti graffianti. Vedi il murale griffato Diego Mariani, che fa vibrare la zona più romantica del locale, dove cenare sotto un cielo trapunto di stelle. “Qui un tempo c’era il caveau della banca”, puntualizza Redi.
“Invece in questa sala le luci possono addirittura essere regolate a seconda dell’orario. Per creare un’atmosfera più vivace o più calda e avvolgente”, spiega Andrea, indicando la zona a sinistra dell’ingresso. Mentre a destra appare l'ariosa lounge, che ben si presta anche a eventi e a momenti di presentazione. Intanto, nel bel mezzo campeggia la maxi teca-fucina operativa, con laboratorio, cucina e forno. Fra mani che impastano e comande che arrivano. Una sorta di centro di controllo, che tutto vede e che tutto fa vedere. Affacciandosi anche sul lato più celato del locale, animato da vecchie madie e divanetti modernissimi.
Un luogo denso d’estro e bellezza. Merito di Redi e pure di Andrea, il cui curriculum inanella studi superiori al liceo artistico, formazione all’Accademia di Belle Arti di Brera e un impiego come grafico creativo in un’agenzia di pubblicità. Poi? La svolta. E la catartica avventura di Mani in Pasta, che esibisce un logo che è anche logos, pensiero, filosofia: circolare, manuale, a spirale. A sottolineare la manifattura artigiana che permea l’idea di fondo dell’insegna. Che, non a caso, fa parte dell’esclusivo circuito dei Petra Selected Partners. Network che premia l’eccellenza nell’arte bianca.
Basta assaggiare le pizze per comprenderne l’alta qualità. A partire da “La Rossa”, summa di polpa di pomodoro San Marzano, acciughe di Cetara, origano, olive taggiasche, chips di grana e olio extravergine. Per poi passare alla “Rucola e Pomodorini”, preziosa di rucola selvatica e alla “Vegetariana”, la green di famiglia, con fiordilatte del Caseificio Fratelli Nobili, le zucchine e le melanzane grigliate, i pomodorini datterini del Salento scottati e il pesto di basilico fresco. Il consiglio? Di personalizzare le pizze (in questo caso “tradizionali”), aggiungendo al centro una treccia di bufala, una burrata o un po’ di stracciatella.
Pesto di pistacchio di Bronte invece per la pizza gourmet che chiama all’appello fiordilatte dell’Agro Pontino, mortadella, pomodorini confit e basilico. Per un incontro ravvicinato fra Emilia, Lazio e Sicilia.
E per chi ama i fiori di zucca? Due le pizze che li incoronano: una dai toni più delicati, con bacon rosolato, fiordilatte e ricotta agropontine e cristalli di pomodori secchi; e una dagli accenti più decisi e profondi, con acciughe del Cantabrico, crema di radicchio e nodini di bufala filati a mano.
Non dimenticando la “Crudo e Stracciatella”, lieve e determinata, ricca di prosciutto di Parma 24 mesi Ferrari, stracciatella pugliese e granella di nocciole.
Pizze. Ma non solo. Da Mani in Pasta vi sono anche lo gnocco fritto con i salumi, la costoletta di vitello alla milanese, le patate fritte (con la buccia) e gli hamburger. Anche in declinazione “Dirty”: summa di 180 grammi di carne di manzo italiano, spinacino, doppio cheddar, cipolla rossa di Tropea caramellata e salsa di datterino giallo. E ancora, la pasta fatta in casa, trafilata al bronzo, proposta in variegati formati e in versione carbonara o con i pomodorini freschi. Il tutto servito in conviviali padellini.
E nel calice? Vino. Ma anche birre. Le chiare e le scure del Birrificio Milano, con sede proprio in the city: in via Zante, all’interno di uno degli edifici che appartennero alle Officine Aeronautiche Caproni di Taliedo. Un birrificio a basso impatto ambientale: che sfrutta la luce naturale, che utilizza container riconfigurabili e di recupero, che non spreca energia elettrica e che produce birre rigorosamente artigianali. Come “La Virata”, blanche profumata e beverina; “La Veloce”, bionda dorata dei sentori erbacei e dalla spiccata luppolatura; la “Amelia E”, equilibrata e dal perlage finissimo; e la “Mezza S”, rinfrescante e dalle nuance agrumate, ideata su misura per Mani in Pasta. E poi le scure, più strutturate e complesse: dalla “Vola Basso” a “La Picchiata”, da “La Gran Volta” sino alla scotch ale “Otto Cubano”, ad alta fermentazione, non filtrata, non pastorizzata e dall’aroma di whisky torbato e tabacco.
Un suggerimento: leggere sempre le lavagne. Lì sono elencate le pizze fuori carta. Per non perdersi le special guest, come quella con gambero e guanciale o come la “Vegan”, con erbette, vellutata di fave, datterini, chips di patate viola e granella di nocciole. E tutti i martedì (in viale Monza), “Cena Cantata”, con musica live.
Foto della serata di presentazione dell’impasto Bianco Petra by Cristiana Romano