È poliedrica la pasticceria. Camaleontica come il flusso dell’esistenza. Perché lei sa cambiare, adattandosi ai differenti momenti del vivere quotidiano. Sa diventare colazione, snack e merenda. Dopopranzo e dopocena. Sa essere umile e vanitosa, pop e rock. E talvolta pure jazz. Sa far la primadonna. Ma sa pure fare un passo indietro, per lasciar spazio al resto.
È colta la pasticceria. Sinestesia di dolce e salato, liscio e ruvido, soffice e croccante, silenzio e musica. Lei è essenzialità e virtuosismo, genio e rigore, linearità e circolarità. Fare e pensare. Un’equilibrista nata: giocosa, seriosa, materica, onirica, riflessiva e spensierata. Sintesi dell’umanità di chi ci mette mani, mente, cuore e materie prime. Ma anche dell’umanità di chi ne fruisce la bontà.
Sì, la pasticceria è del pasticcere. Ma pure di tutti quegli artigiani, allevatori, contadini che collaborano al fine ultimo dell’eccellenza. Perché la pasticceria è idea. Ma pure materia. Che deve essere ottima e genuina. Per rispettare la salute e il benessere di chi, quel dessert, lo deve consumare.
Tutta questione di filiera. Di uomini e di terre, di radici e di nuovi orizzonti. Di origini e di traguardi. Perché per sapere dove andare, bisogna saper da dove partire. Bisogna conoscere la provenienza: di un cereale, di un frutto, di una tipologia di cacao. Bisogna fermarsi e cercare di capire, prima di correre.
Lunedì 5 marzo, nella sala Blu 1 di Identità Golose, ci si ferma. E si riflette sulla Pasticceria Italiana Contemporanea. Il primo start, per un modo profondo di ragionare sul dolce. Tanto, gli attori protagonisti ci sono tutti: otto celebri pastry chef, da laboratorio e da alta ristorazione, in un continuo zigzagare fra memorie, tradizioni, evoluzioni, territori vicini e frontiere lontane. Un’intera giornata di congresso per meditare e costruire fondamenta nuove, nel segno della diversità, della personalità e della condivisione. Perché il “Fattore Umano” rimane sempre l’ingrediente basilare.
Ad accompagnare il pastry day? L’expertise di due grandi realtà come Petra - Molino Quaglia, che in quel di Vighizzolo d’Este macina cereali originari e progetti originali, realizzando farine rivoluzionarie; e come Valrhona e la sua École du Grand Chocolat. Noi gli otto pasticceri li abbiamo sentiti. E loro ci hanno fatto interessanti rivelazioni.
Corrado Assenza: l'uomo, l'inverno e la Sicilia
“Appartengono ai grani originari quei grani che hanno una nascita datata… non si sa quando. Che esistono dalla notte dei tempi. Da quando appare l’uomo, da quando l’uomo è diventato un contadino, da quando ha scoperto nel cereale un interesse per la propria alimentazione, da quando ha cominciato a elaborare un pensiero materiale per farlo diventare un suo alimento”, docet Corrado Assenza, capitano coraggioso del Caffè Sicilia di Noto, uno dei Petra Selected Partners.
Corrado che va dritto alla terra e al grano per raccontare paesaggi e uomini saggi. Aprendo la giornata con la sua “assenziale” e infinita saggezza. Cuturro quindi: grano duro della varietà rossello - dall’intrinseca dolcezza - messo in ammollo in acqua fredda, cotto a vapore, spezzato e arricchito di miele di fiori d’arancio ed emulsione di mandorla di Noto della varietà romana. “Una preparazione povera di zuccheri aggiunti, ma ricca di sali minerali, di proteine e di vitamine. Una ricchezza per la nostra dieta”, commenta Corrado.
Corrado che declina al futuro il cuturro, eleggendolo a uno dei protagonisti del dessert “Guardaaaaa la Sicilia!!!”, perché è con la lente dell’uomo isolano che lui insegna a osservare l’inverno siciliano. Dunque? Via libera alle mille sfumature regionali. Crema al doppio fiordilatte e pistacchio di Bronte dop. Pasta sfoglia alla ricotta ovina, messa a punto con Petra 9 (la “tuttograno” integrale di casa Quaglia) e Petra Evolutiva, la farina simbolo di diversità, figlia di un miscuglio di semi coltivati biologicamente in Sicilia e nata dal felice incontro con gli agricoltori dell’associazione Simenza - cumpagnìa siciliana sementi contadine, presieduta da Giuseppe Li Rosi. Per proseguire con la crema inglese al gin The Botanist (espressione wild dell’isola di Islay, “la regina delle Ebridi”) e timo. Nonché con la marmellata di pompelmo rosa della piccola tenuta agricola di famiglia. Dopotutto: “I frutti tipici e mitologici siciliani dell’inverno sono gli agrumi”.
Frutta, frutta frutta. Che ritorna. Insieme al cioccolato. Per dar forma a una variazione sul tema sussurrante: “Vieni con me”. Mano nella mano con una crema allo zafferano - complice l’aromatico Mielarò del Caffè Sicilia - e con un soffice al cioccolato preparato con Petra Evolutiva, extravergine Furgentini (di Modica) e venezuelano Araguani di Valrhona. Che entra pure in altre parti del dessert: uno zabaione e una crema al doppio fiordilatte. Dove compare il Marsala Superiore Oro semi-secco “Vigna la Miccia” di Marco De Bartoli. Un grillo in purezza, affinato per più di cinque anni in botti di rovere. Non dimenticando qualche goccia di alchermes e confetture extra di gelsi neri, di pesche, di fichi d’India e pezzetti di rabarbaro sciroppato. Sicily inside.
L’Everyday - Everytime di Massimo Pica
Il panettone si consuma tutto l’anno. E pure ogni giorno e in ogni momento del giorno. Grazie alla Christmas Revolution targata Massimo Pica: una pasticceria a Milano (in via Ozanam) - facente parte dei Petra Selected Partners - e anche una scuola di pasticceria che porta il suo cognome. Sì, la Pica Pastry School: fra corsi, ricerca, innovazione e alta formazione. Ed è provando e riprovando che Pica ha dato vita a un avanguardista panettone "Everyday": monoporzione, da realizzare senza l’utilizzo del pirottino e da consumare a colazione, a merenda, oppure dopo un pasto. Come se facesse parte della viennoiserie. Un modo davvero nuovo di intendere il lievitato delle festività, che entra pienamente a far parte della quotidianità. Nell’impasto? Lievito naturale e farina Panettone Petra. E poi, Les Perles di cioccolato fondente Valrhona, pasta d’arancia amara e marroni. A vestirlo: una glassa al cioccolato Guanaja, mariage di grand cru.
E dopo il panettone che strizza l’occhio alla brioche? Tocca al croissant "Quinto canto". A incarnare nella forma a spirale il vorticoso girone dei lussuriosi del Canto V dell'Inferno dantesco. A rimembrare la natura lussuosa e voluttuosa della pasticceria. E a ricordare il nome di un'insegna che fra qualche mese aprirà a Bologna, e di cui Pica sta curando la parte dolce. Insomma, un croissant seducente. Realizzato con la farina Panettone e la 6390 (indicata per la pasta sfoglia) by Petra. Ma non solo. Fra gli ingredienti non mancano il cacao - per ottenere sfumature cromatiche -, la pasta di mandorle, l’arancia candita e i bastoncini Batons Petits Pains Valrhona. Per un ripieno goloso e intrigante.
Il desiderio di Andrea Tortora
De-sidera. Lontano dalle stelle. Nel senso di avvertire la mancanza degli astri e dei segni augurali. Dunque? Appetire a un qualcosa che non si ha. Questa l’etimologia della parola “desiderio”. Lui, Andrea Tortora, le tre stelle le ha già conquistate: insieme a Norbert Niederkofler, al St. Hubertus di San Cassiano, in Alta Badia. Ma non per questo smette di sognare. E di desiderare. Sempre con la lente d’ingrandimento.
No, no. Niente ego. È persino fuori moda. L’ingrandimento va nel senso di un desiderio democratico. Che esige verità, autenticità e un’organizzazione fluida. Così sostiene Frédéric Laloux - autore del libro Reinventing Organizations. Facendo focus sull’importanza dell’autonomia, raggiungibile grazie a una leadership diffusa, distribuita e decentrata. Capace di adattarsi ai repentini cambiamenti.
A Tortora piace questa visione. E la fa sua nell’Apple Strudel, rilettura contemporanea della tradizione, riproducibile in completa autonomia dal suo team. Un dolce iconico, che persino nell’aspetto par rassicurare: non v’è dubbio, somiglia a una mela e le mele ci sono. O meglio, una composta di mele golden al forno, posizionata fra due frolle, a cui seguono crema pasticcera, crumble alla cannella e salsa alla vaniglia di Tahiti.
Ma il desiderio è pure nutrito dal pieno rispetto della personalità di ciascun componente della squadra. Perché solo valorizzando le singole identità, esaltando i pregi di ognuno, lavorando sui difetti, condividendo un obiettivo comune e risolvendo insieme i conflitti che si raggiunge un traguardo.
Accade così anche nel "Saraceno & Mirtilli Rossi". Comuni ingredienti della linzer torte, che fanno un giro in Giappone - dove col grano saraceno preparano i soba - ritornando in Alto Adige con un buon bagaglio culturale: gelato al grano saraceno, composta di mirtilli rossi, crema al cioccolato, burro nocciola e filetti di mandorle.
E ancora. Il desiderio non ha una fine. Anzi, matura e si fa adulto, illimitato, evoluto.
Al pari della "Torta di Pane". Che prende impulso dal bread - perché il “pane è oro”, ricorda maestro Bottura - per esprimere il suo potenziale creativo, divenendo un’energica colazione. Tartellette di frolla: a base di pane grattugiato, uova, zucchero e farina. Ripieno: a base di pane raffermo, latte, amaretti, ritagli di pan di Spagna, cacao, uvetta, scorze d’arancia candite, crème fraîche e confettura d’albicocca. L’elogio del recupero e del riciclo.
Infine la bellezza. Sì, il desiderio è anche bellezza. Estetica, certo. Ma anche la bellezza di poter consumare un dolce non solo al ristorante. Ma sempre. Sotto la griffe AT Patissier, nasce allora l’Uovo di Colomba - qui nella limited edition Gianduja & Albicocca. Una sorta di rinascita e di resurrezione del lievitato più tipico della Pasqua. Ma anche una sintesi dei due dolci-simboli pasquali. Una colomba che dall’uovo mutua la forma, incorporando anche il cioccolato: il Gianduja Noisette noir di Valrhona (più il pralinato alla nocciola). Complici? Farina, uova, zucchero, pasta naturale d’arancia, albicocche candite intere, miele d’acacia, mandorle e nocciole del Piemonte.
Per il resto? Lievito madre, niente conservanti e una splendida scatola in latta a preservarne i profumi. Uno scrigno dai toni arcobaleno, che porta impressa un’immagine del noto illustratore Gio Pastori.
Lucca Cantarin: gli 8 bocconi e l’infinità del gusto
Per lui è una questione di precisione. È un tipo puntiglioso Lucca - sì, con doppia “c” mi raccomando. Un membro dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, e anche patron di Marisa, la pasticceria di famiglia. Facente parte dei Petra Selected Partners, ad Arsego di San Giorgio delle Pertiche, in provincia di Padova. “Lo abbiamo inaugurato quindici anni fa, ma ora siamo in fase evolutiva”, svela Lucca Cantarin. “Nascerà presto una pasticceria Marisa 4.0, con laboratorio a vista. Un open space. Per lavorare meglio, per fare qualità, per il massimo contatto col pubblico e per una totale trasparenza. Visiva e tattile”. Il pasticcere lo racconta al Sigep di Rimini, mentre guarda avanti, osservando i cereali originari e realizzando un frollino salato. Da aperitivo. “Percorrere sempre la stessa strada mi annoia”, dice Lucca. E allora ecco un aromatico frollino da happy hour. Complici parmigiano, Petra 5 ed erba cipollina. Quadrato. Ma declinabile in diverse forme e sapori.
Intanto, a Identità Golose arriva con un carico di bontà. Un biscotto da due bocconi e una brioche da otto. “Perché otto è la cifra perfetta, è il giorno in cui mi sono sposato, è il numero fortunato di mia moglie Nicoletta e, messo in orizzontale, indica l'infinito”, commenta Lucca. “Si tratta di un prodotto innovativo, che segna un percorso inedito per quanto riguarda la storia della colazione all’italiana”. Una brioche sfogliata, messa a punto con Petra 1110 biologica, mele golden - tagliate a fettine, lasciate macerare in miele d’acacia e vaniglia e cotte nel burro - e crema pasticcera allo zafferano. Segni particolari? La presenza anche di una frolla, summa di Petra 5, cioccolato Majari di Valrhona - dal nord del Madagascar - e sale di Maldon.
Una frolla noir, che naturalmente diviene pure biscotto - da mangiare in un paio di morsi - oppure si trasforma in uno streusel da passeggio. Sempre questione di precisione. E di praticità.
Simone Finazzi: piovono meteoriti e palle di neve
Essere il pasticcere del tristellato ristorante Da Vittorio, a Brusaporto, è un onere, oltreché un onore. Ma Simone Finazzi sa prendere tutto con serietà e con la giusta ironia. Dopotutto sono anni che frequenta le cucine dei fratelli Cerea: Chicco, Bobo, Francesco, Rossella e Barbara. La dea ex machina del Caffè 1880, a Bergamo Alta. E pure la sua dea, visto che l’ha sposata. E così, fra moglie e cognati, il bravissimo Finazzi ha trovato la sua strada. Che conduce dritto al dessert. Quello che sta in carta, che viene dopo la degustazione di un certo numero di piatti e che quindi deve essere in linea con quel che viene prima, per non creare alcuna rottura o idiosincrasia. Oppure quello in taglia small della piccola pasticceria, che deve suggellare con classe un pasto. E pure quello in taglia large, per le ricorrenze e le occasioni da ricordare.
Sul palcoscenico del congresso? Va alla ricerca del sacro graal dell’essenzialità, dialogando con lo spazio (cosmico) e col tempo (atmosferico). E giocando con palle di neve e "Meteoriti". Dolcetti-snack da sgranocchiare. Frolle irregolari, quasi nere rocce golose, a base di uova, burro, zucchero, cacao, farina di nocciole homemade e Petra 5. Il tutto rivestito da cioccolato fondente e Noisette Noir, il gianduja secondo Valrhona.
E la "Palla di Neve"? Giunge pure lei, pronta a sciogliersi nel piatto e a regalare un’immacolata dolcezza. Alla quale concorrono una cake a base di farina di mandorle e candido cioccolato Opalys; una spuma al limone e lime; una confettura di lamponi e amarene; un gelato allo yogurt e una meringa. L’assoluta purezza in un dessert.
Carmen, la Santa Rosa e il cioccolato che va nell’orto
Nacquero agli inizi del Settecento. Per mano delle monache domenicane che abitavano l’allora Monastero Santa Rosa di Conca dei Marini, in provincia di Salerno. Nacquero per recuperare un impasto lievitato. Una sorta di operazione anti-spreco ante-litteram. E divennero delle celebrità. Sì, le sfogliatelle Santa Rosa furono e rimangono un must in Costiera Amalfitana. Vuoi per il loro ripieno di crema, vuoi per le amarene, vuoi per la loro foggia pronta a rimembrare la conchiglia e il cappuccio monacale. Della serie, il convento e il mare. L’un l’altro uniti. Ancor oggi, che il convento si è trasformato - dopo un accuratissimo restauro - in un boutique hotel dal fascino unico, sintesi di lusso e semplicità, con tanto di ristorante stellato - Il Refettorio, guidato dallo chef Christoph Bob - e sfogliatelle Santa Rosa sfornate ogni mattina per colazione.
Perché i tempi cambiano, ma le cose buone restano. E si fissano in testa. Anche a Carmen Vecchione, pasticceria irpina, tenace e caparbia. Come quell’albergo che domina la rupe solitaria. Carmen, che ad Avellino conduce Dolciarte, insegna Petra Selected Partner. Carmen, che sale sulla ribalta di Identità con la rilettura evolutiva della sfogliatella: il "Raviolo di Santa Rosa" - già salito sul podio più alto nell'ultima e sesta edizione del concorso Santarosa Pastry Cup. Un raviolo chiuso, ripieno della rilettura della classica farcitura della sfogliatella, che inanella semola, zucchero, ricotta, crema pasticcera alla vaniglia, cannella, cubetti d’arancia e amarena candita. Un raviolo cotto in acqua e sale e poi servito in un brodo-succo di arancia, yuzu e camomilla. Mentre una dorata pasta fillo - preparata con Petra 1 e presentata a lato - sortisce l’effetto crunch.
Ma Carmen accende i riflettori anche sul biscotto finanziere. Il financier, per dirla alla francese. Preparato con farina di farro monococco bio by Petra, mandorle e nocciole tostate; spalmato con una composta di carote, arancia e lime; e impreziosito da una mousse alla vaniglia di Tahiti e Opalys di Valrhona. E sopra? Soffici ciuffi: di ganache montata al cioccolato al latte Jivara e sedano (la parte più white del gambo), e di namelaka bianca spruzzata al basilico. Lime crispy a completare “Il cioccolato nell’orto”: un dessert borderline fra dolce e salato. Vegetale, sofisticato e raffinato. Che però sa ben tenere i piedi per terra.
Un dolce che molto somiglia a madame Vecchione. “Faccio questo lavoro solo ed esclusivamente per il suo fattore umano. Per il rapporto con i clienti, i collaboratori e i colleghi. Altrimenti tornerei a fare la commercialista”.
Mentre - al recente Sigep - realizza un plumcake con ricotta (senza lattosio), olio di semi e mele annurche. Da assaporare così, per la merenda, oppure inzuppata con una bagna alcolica.
Gian Luca Forino: un pasticcere on the road
Il suo locale a Roma? Si chiama La Portineria. Nessuna finestra, nessuna vetrina, mille porte. Recuperate, riciclate, riutilizzate. Pronte ad aprirsi alla condivisione, alla convivialità e alla contaminazione. Ma pronte pure a spalancarsi su nuovi mondi. Sì, perché Gian Luca Forino, 28 anni, chocolate taster - all’International Chocolate Institute and Cacao Tasting - e sulle spalle un’infinità di premi - fra cui l’oro al Campionato Mondiale di Pasticceria Juniores 2013 - è un inguaribile globetrotter. Un pasticcere in viaggio. Che dai viaggi sa trarre ispirazione. Per tradurla in dolcezza. È così che un ricordo di riso e mango lui lo sa trasformare in golosità. È così che una colazione in India diviene un biscotto a base di arachidi in cui si rincorrono banane spadellate, mousse al cioccolato al latte, spezie e tè nero. Ed è così che sulla ribalta di Identità presenta le sue merende. “Sono i dolci che mangiavo da piccolo nel pomeriggio. Ma visti sotto nuove forme, profumi e consistenze. La memoria con la valigia. Arricchita dai miei vagabondaggi e dai miei bagagli culturali”, precisa il giovane ed energico Gian Luca.
Voilà "Dolomitika". Uno strudel, certo. Alpino nello spirito, global nel respiro. Alla base, una pasta frolla al farro monococco bio (e italiano) di Petra, ricco di proteine, ferro e fibre, ma povero di glutine. Una tarte dal gusto deciso e ancestrale, la cui rusticità viene stemperata dalla vaniglia. Mentre il ripieno svela tocchetti di mele saltate con burro, cannella, uvetta, succo di limone e olio essenziale di pino cembro. Giusto a rimandare alla montagna. Ritratta pure negli spuntoni cremosi, accomunati dalla presenza dello sciroppo d’acero: uno al cioccolato bianco Waina di Valrhona, fra nuance di latte e vaniglia bourbon; l’altro al Caramélia, fra accenni di caramello e burro salato. Uno strudel che da mitteleuropeo si fa international.
E poi? Arriva "La Sacher Solidale". “Insieme a molti altri noti pasticceri sarò testimone della campagna Ail, l’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, con i miei dolci al cioccolato”, dichiara Forino. Rivelando una sacher dal fortissimo fattore umano. Una torta messa a punto con Petra 1, polvere di mandorle, uova, zucchero, extravergine, cacao e cioccolato Macaé di Valrhona, un brasiliano della qualità forastero. A completare: un oblò-gelée di albicocca. Ma non solo. C’è pure un crumble a base di Petra 9, la “tuttograno” della famiglia Quaglia, e Bonsemì, miscela di farina e semi. “Per dare la nota grezza e sabbiosa”, spiega il pasticcere. Che finisce la sua creazione con un cremoso Dana. Retaggio di un viaggio in Giordania. “Dana significa perla. La perla della Giordania è Petra. E Petra è il nome di questa farina”. Il sillogismo non fa una piega. E si incarna in un setoso concentrato di cardamomo, caffè, limone e olio d’oliva. “Del resto il caffè si beve anche a merenda. Così come si può sorseggiare un infuso al cardamomo”.
Un cremoso Dana che Gian Luca ha proposto pure nell’ultima edizione del Sigep di Rimini. In abbinata a una madeleine al pistacchio. “Non sarò Klimt ma nei miei dolci vorrei essere riconoscibile”. Di certo la personalità non gli manca.
Le Meraviglie dei Morandin
Padre e figlia. Rolando e Francesca. Lui, il guru dei lievitati, il maestro dei maestri. Un’istituzione. “Mi piace insegnare. Cerco di aiutare molto i giovani a crescere”, ammette. E lei, Francesca, ha preso da lui. Divenendo una vera specialista del settore, con tanto di laurea in scienze e tecnologie alimentari e un brevetto depositato: un lievito madre senza glutine. Insieme? Creano meraviglie. Come quelle pensate per il palco del congresso. “Lavorare con due teste è meglio. Ci divertiamo e sviluppiamo tante idee”, dice Francesca. Convinta che la differenza generazionale sia un valore (e non un gap). “E poi Rolando è il mio mentore, il mio maestro. E pure grande papà e un grande nonno”. Insomma, questione di dna e di sana aria familiare. Da respirare, per creare mirabilia. Ecco dunque "La meraviglia sfogliata. “Si tratta di un lievitato particolare”, puntualizzano i Morandin, fieri della loro delizia alquanto laboriosa e deliziosa. A rincorrersi: un impasto serale - realizzato con la farina Panettone di Petra e il lievito madre; un impasto del mattino - complici altra farina e crema pasticcera - e un’emulsione a base di burro di cacao, tuorli, zucchero, miele, bacche di vaniglia e pasta d’arancia candita. Ma non finisce qua. Perché alla fine arriva il tocco pink: un burro “colorato” con fragola liofilizzata, incorporato in ogni pastello. A vestire il tutto? Una glassa realizzata con il vellutato e vanigliato Ivoire di Valrhona e una cascata di riccioli rosa messi a punto con Inspiration Fraise. Intenso e gourmand.
L'altra, invece, è "La meraviglia di frolla". Una crostata moderna. Un’interazione di quattro frolle, quattro ripieni e quattro cioccolati. Leitmotiv? Burro, zucchero, uova, vaniglia e cannella. Mentre cambiano le farine. Per la prima frolla: Petra 9, farina di grano saraceno germinato e Pralinato à l’Ancienne fruttato alle mandorle e alle nocciole di Valrhona. Per la seconda: farina di farro monococco bio e cioccolato fondente Guanaja. Per la terza: Glutinò - la gluten free by Petra - e Inspiration Fraise. Per la quarta: Petra 9, farina di grano saraceno germinato, Bonsemì e una farcitura all’insegna di Inspiration Passion Fruit. Un dolce provocatorio. In cui l’attenzione e la relazione (di ingredienti ed elementi) sono fondamentali. Del resto, come sostiene Rolando, parafrasando Pierre Hermé: “Nell’uomo non esiste la perfezione, ma la precisione”.
Meticolosità. Che significa pure un lievito lasciato a bagno, a galleggiare nell’acqua. Un metodo dolce. “Perché l’acqua è ricca di ossigeno - così il lievito respira - ha un ph neutro ed è fonte di vita. Una vera alleata”, spiegano i Morandin. Che fra le loro meraviglie creano pure le Quattro Stagioni, un panettone da consumare tutto l’anno. Saggezza della dolcezza.
Foto di Andrea Tortora by Daniel Töchterle
Foto di Simone Finazzi by Fabrizio Pato Donati
Foto di Corrado Assenza, Carmen Vecchione, Gian Luca Forino, Rolando e Francesca Morandin by Enrica Guariento