Sono trent’anni che lui li cerca, li trova e li fa conoscere. Novello esploratore di cibi rari e preziosi. Sì, Riccardo Uleri l’attività di scouting legata alle eccellenze culinarie ormai la porta avanti da tre decenni. Quando l’avventura di Longino & Cardenal è cominciata. Da un’idea di quattro amici col pallino per gli ingredienti lussuosi. Perché non importare il caviale fresco dall’Iran per rivenderlo a ristoranti e gastronomie haute couture? E allora via che si inizia, da caviale e foie gras. Per arrivare agli oltre 1.800 prodotti di oggi, con settanta partner nel mondo e 4.500 clienti serviti ogni anno. Mantenendo il quartiere generale a Pogliano Milanese, ma contando pure su due presidi come Hong Kong e Dubai. Mentre si annuncia l’avamposto newyorkese dei globe-trotter del food. Senza trascurare la quotazione in Borsa - sul listino Aim Italia - foriera di nuove frontiere di crescita.
Un successo legato a un modello di business fondato su dedizione, lungimiranza e precisione. I clienti possono infatti contare su tre consegne settimanali, di cui una nel weekend. Con la garanzia che i prodotti non siano rimasti neppure un giorno nel sito di stoccaggio. Bensì prontamente imballati e spediti. Al fine di garantire la massima freschezza in assoluta sicurezza. Una squadra energica e propositiva, capitanata da Uleri, presidente, amministratore delegato e socio di maggioranza della gustosa realtà. Sempre presente. In prima linea quando si tratta di incontrare personalmente gli artigiani. Che lui scova con il fiuto di un segugio e con l'istinto di un rabdomante. Tant'è che in una recente convention ha presentato il suo ultimo tesoretto. Pescato oltre i confini nazionali. Complici alcuni chef e pastry chef, pronti a rielaborare le originali referenze.
Quindi? Bottarga di muggine. Certo, ma non una qualsiasi. Quella greca, griffata Trikalinos. Un’azienda familiare ateniese, fondata nel 1856 e oggi portata avanti - anche con una buona dose di innovazione - da mister Zeferis. Segni distintivi? Una qualità eccelsa. Che gli ha valso un posto fra i migliori trenta prodotti al mondo nel volume La cucina reinventata. Ferran Adrià: l’uomo che ha cambiato il nostro modo di mangiare (edito da Phaidon). E in effetti questa bottarga speciale è sul serio. A partire dalla sua lavorazione. Che prevede una leggera salatura della sacca ovarica, un’attenta pressatura e un’accurata essiccatura. Per poi procedere con la copertura a base di cera d’api naturale. Che, oltre a garantirne una maggior durata, conferisce un piacevole gusto mieloso e una texture vellutata. Ne risulta un prodotto elegante e rotondo, umami ma dalla minor salinità e dalle lievi nuance di iodio e d’agrumi. Conservando un alto valore nutrizionale, grazie al suo contenuto di proteine, vitamine e grassi omega 3 e omega 6.
Una bottarga nobile, proposta in diverse declinazioni. E così, oltre alla versione classica (ma sempre fuoriclasse), ecco l’ancor più delicata “Golden Age”, caratterizzata da uno strato di cera più sottile; la bottarga in polvere e l’iconica “Psyche”. Traduzione: l’anima, il cuore, il nucleo, le uova. Cremose e seducenti. Una bottarga poliedrica. Che chef Sergio Mei ha voluto a fette, grattugiata e liquida, complici carciofi crudi e crema di finocchi. Per un’aristocratica insalata.
Dal mare all’oceano il passo è breve. Oceano Pacifico, dov’è tuffata la Nuova Zelanda e dove crescono le vongole selvagge firmate Cloudy Bay Clams, azienda nata nel 1990 e già certificata Friend of the Sea, a conferma della massima sostenibilità. Oltreché dell’alta qualità. Quelle prodotte sono infatti le wild claims, figlie delle acque incontaminate della Surf Zone. Vongole uniche e in taglia large. Basti pensare che possono arrivare ai 200 grammi l’una.
Molluschi maxi, presentati in un poker di tipologie: la clam “Diamond Shell", dalla conchiglia beige, dalla ricca polpa e dal fragrante profumo di alghe; la “Storm Shell”, imponente e profonda, al punto da esser suddivisa in due parti, ossia una lingua perlacea e un corpo dal tono ocra; la “Tua Tua”, dal sapore lieve e armonioso; e la “Moon Shell”, carnosa e intensa. Che da cotta, pare virare addirittura verso i sentori della selvaggina. Il loro ciclo di lavorazione? Prevede tecnologie avanzate ed ecologiche, nonché uno stoccaggio progettato per consentire un continuo flusso di acqua oceanica ossigenata. Consentendo alle vongole di perdere in toto la sabbia. Per poi essere trattate termicamente per pochi secondi, confezionate sottovuoto e inviate a destinazione.
Felix Lo Basso, patron del milanese ristorante stellato che porta il suo nome, le ha rilette così: con spuma di patata, riso selvaggio crunch e olio al plancton marino Veta la Palma (sempre distribuito da Longino & Cardenal); con gelatina all’arancia e caviale; cucinate al cartoccio, con limone e rosmarino, e poi corredate da un bicchierino di brodo di tonno essiccato. Umami, aromi e mare.
E il pollame? Come potrebbe mancare nel carnet di Riccardo? Voilà la volaille de Bresse, l’unico a vantare la denominazione di origine protetta e a contare su un comité interprofessionel. Poulet e poularde in questo caso targati Miéral, maison fondata nel 1919 da Claude Eugène e oggi condotta dai nipoti Valéry e Florent. Attenzione: non una farm ma un’azienda che raccoglie da altre farm, rispondenti a determinati parametri previsti dal disciplinare. Certo, perché il pollo di Bresse deve venir allevato en plein air, deve esser nutrito in modo naturale e deve appartenere alla razza pura e ruspante della gauloise blanche. Inoltre lui esibisce piume bianche, zampe blu e cresta rossa. Vestendo gli iconici colori della Francia.
Ma non finisce qui. Tra le referenze Miéral spiccano pure il pollame “Label Rouge” Prince de Dombes, cresciuto nella regione a sud di Bresse, nonché la volaille “Excellence”, ovvero faraona e anatra barbarie. Che lo chef bistellato Philippe Léveillé - del Miramonti l’Altro di Concesio, Brescia - ha sublimato in una contemporanea variazione all’arancia. Rosolando il volatile dalla parte della pelle e arricchendo il tutto con un consommé dell’anatra stessa, tè affumicato lapsang souchong e arancia. A corredo: cavolo riccio saltato in padella, gelatina e zeste d'arancia e un frame di cioccolato. “Perché a me piace così", confessa Philippe. E allora così sia.
Cioccolato. Giunto direttamente dall’Ecuador. Ecco l’altro gioiello scoperto da Riccardo Uleri. Che, cercando una realtà in grado di produrre cioccolato nel luogo stesso nel quale viene coltivato, raccolto e lavorato il cacao, l’ha trovata. A Babahoyo, nella provincia di Los Ríos: l’Hacienda San José, una vera rarità nel panorama globale. Perché incarna appieno la filosofia del “from bean to bar”, dalla fava alla tavoletta. Ma senza spostamento alcuno. Anzi, il cacao nacional arriba proviene da una singola piantagione. Un cru praticamente. Molto floreale e dalla minima acidità, perfetto per dar vita a un chocolat haute couture. Premiato, nel 2016, con il "Pepa de Oro" al World Cacao Summit.
Un’hacienda che ha voluto fondare il suo modello di produzione sulla sostenibilità ambientale e sociale. E che si presenta con differenti tipologie di cioccolato: in gocce e tavolette. Fondenti (in percentuali varie) ma anche al latte e impreziosite da noci macadamia o da grué di cacao. Un prodotto esclusivo, che un maestro quale Luigi Biasetto - della pasticceria padovana che porta il suo cognome - ha valorizzato in una millefoglie e in una mousse di grande finezza.
Quattro realtà new entry, alle quali si aggiungono una serie di estensioni di gamma. Ossia eccellenze già presenti nel bagaglio di Longino & Cardenal e che ora propongono i loro upgrade. Come la bottarga di tonno rosso del Mediterraneo Balfegó. “Ci facciamo mandare le uova e le affidiamo a un artigiano siciliano per la trasformazione”, spiega Uleri. Che inserisce nel paniere anche la linea dei “pronti” e dei “pronti di cuocere” by Giraldo. Baccalà dissalato - pescato rigorosamente all’amo nell’Oceano Atlantico -, porzionato e proposto “ready to eat” oppure in buste da tuffare nel roner (ci sono anche le gole). Ideali per tutti quei locali che hanno cucine poco spaziose. E ancora la carne di wagyu, corredata di certificato di autenticità e presentata anche sotto forma di fesa e biancostato. Due tagli non meno pregiati ma dai prezzi non esagerati. Inoltre, la micro misticanza e la teoria dei crescioni by Alpin Herbs, patrimonio aromatico coltivato con metodo biodinamico in Alto Adige; e i coloranti alimentari naturali di Tartuflanghe.
Non da ultime le delizie glocal e aperitivo oriented di Pariani, azienda astigiana specializzata in frutta secca. Anche tostata: dalle nocciole con sale dell’Himalaya alle noci macadamia con baharat (mélange di spezie di tradizione mediorentale), dagli anacardi al garam masala (mistura di spezie indiane) alle mandorle con chilli. Mentre il Burrolio svela la sua essenza veg, a base di olio di frutta secca e burro di cacao. Burrolio alla nocciola per esempio, che Ivan Milani, chef del ristorante Al Pont de Ferr di Milano, utilizza in un sorprendente risotto. Cui concorrono tartufo nero e colatura di alici. Una crema vegetale dallo spirito versatile, ideale per mantecare, soffriggere, dorare e creare impasti salati e dolci.