Spesso ho scritto di chef, ho parlato con gli chef, sono andata nelle cucine degli chef, ma mai mi era accaduto di mangiare accanto a uno chef. O meglio, a tavola con uno chef c’ero già stata, ma mai mentre lui stesso gustava, testava e valutava i suoi piatti. Ci voleva l’ultima edizione di Fish & Chef e l’intuizione di quel genio di Leandro Luppi (patron stellato della raffinata Vecchia Malcesine) per creare una formula in grado di sovvertire le regole. Così, per sei pranzi di seguito, i protagonisti dell’energetica rassegna gardesana - che ha condotto in riva al lago anche stellati venuti da lontano - si sono seduti à la table, fra produttori, giornalisti, ospiti illustri e gli stessi Luppi ed Elvira Trimeloni, istrionici ideatori della lacustre kermesse. Che, in versione serale (aperta a 50 commensali, per garantire un servizio al top), tornava a rispettare i canoni. Riportando il cuoco a cucinare. Mentre un collega del dream team del Garda narrava le portate.
“Raramente uno chef ha l’opportunità di assaporare il piatto che crea nella sua interezza e complessità”, spiega Leandro. “Certo, in cucina assaggia qua e là, fortuitamente, l’ingrediente, la salsa, ma mai la portata completa e composta”. Una sacrosanta verità, confermata da Vinod Sokar del Fornello da Ricci di Ceglie Messapica, stellato jeunes restaurateur nonché guest chef di un lunch e di un dinner ad altissimo tasso gourmet. “È la prima volta che mi capita di sedermi a gustare con calma le mie creazioni”, afferma Vinod con un pizzico d’esitazione (sull’esito delle pietanze). Fugata subitaneamente dall’eccellenza delle stesse. Merito della perfetta orchestrazione di Sookar, e pure dell’attiva e propositiva brigata di cucina che lo ospitava: quella dell’Aqualux Hotel Spa Suite & Terme di Bardolino, capitanata dal giovane e maturo Simone Gottardello. Autore dei fancy finger dell’incipit del pranzo: pan brioche rosolato nel burro alla banana, lonzino affumicato, crema di foie gras e crema alla banana; tartare di garronese veneta, mostarda di cipolla alla senape e gelato al grana padano; salmerino, uova di trota, crema di lamponi e olio al limone. Abbinati a un bianco aromatico e profumato come il Custoza 2016 by Le Vigne di San Pietro, maison di Sommacampagna, fra le colline moreniche del Garda; e al Lugana Brut Cà Maiol (di Desenzano del Garda), metodo classico ambasciatore del genius loci.
E post ouverture, il menu d’autore, capace di onorare le origini mauriziane di Vinod, la sua pugliese terra d’adozione e l’accogliente Garda. “Sono indù ma mangio tutto”, precisa lo chef… e la degustazione ha inizio. Trentina e tropicale, eccola la tartare di trota (affinata al miele e targata Trota Oro) con ananas in agrodolce ed emulsione di tamarindo. Mentre il salmerino alpino affumicato dialoga con il filetto di coregone al vapore, complici il violetto carciofo brindisino, la verde crema di piselli e la solare crema di canestrato alla curcuma. Mediterranei (e un po’ montani) invece i fusillotti Monograno Felicetti con aglio, olio, peperoncino, bottarga, uova di trota e polvere di lime. Per un primo piatto audace e delicato. Mentre giunge il secondo: fesone di spalla garronese veneta (rigorosamente femmina, della macelleria Sartori) cotta per tre ore al vapore, per altre tre a 125°C e per due a 135°C - in una riduzione di anice stellato, curry e cardamomo - e presentata su purea di daikon e chips di tuberi (patate viola, sedano rapa e topinambur), con suggello di extravergine gardesano (profumato alla rucola). Olio dop locale attore principale pure del soffice e goloso dessert, completato da una spuma alla vaniglia (di Mauritius), fior di latte di capra, frutti rossi e croccante di mandorle. “Cegliesi”, precisa Vinod.
In accompagnamento? Il rosa cipria Roseri, Chiaretto Valtènesi 2016 by Cà Maiol, ovvero il vino di una notte… sulle bucce di uve groppello, marzemino, sangiovese e barbera; e due etichette siglate Le Vigne di San Pietro: l’elegante Custoza Superiore Sanpietro 2015 (garganega, trebbianello, trebbiano, cortese e Manzoni bianco) e il Bardolino (corvina, rondinella e merlot) della medesima annata. A completare il tasting, un agrumato caffè by Omkafè, preparato al filtro e servito come fosse una tisana, ed Evo Fumo by Enoglam. “Volevamo una grappa morbida come un rum ma che somigliasse a un whisky torbato”, dichiara il titolare Marcello Bruschetti. Il risultato è una grappa riserva, nata dall’assemblaggio di più acquaviti di diverse annate e di varie vinacce (cabernet, glera e incrocio Manzoni), affinata per circa quattro anni in botti di ciliegio e presentata anche in versione “sigaro”. Speciale provetta in vetro per la mescita ad personam. Davvero “singolare”.