Il bacalà va sottovetro
Le sue giardiniere sartoriali sono un must. Belle, buone e seducenti. Morgan Pasqual e la moglie Luciana hanno destagionalizzato e decontestualizzato un prodotto troppo spesso relegato alle feste e al bollito. E ora tocca al bacalà - rigorosamente con una “c”, come vicentina confraternita docet - finire sotto vetro. “Da gustare tiepido, con la polenta, con le patate bollite e, perché no, con il riso basmati”, suggerisce Morgan. Che lascia in ammollo lo stoccafisso per poi cuocerlo a vapore e insaporirlo con carote, sedano e cipolle in agrodolce. Va poi a una spezia come la curcuma il compito di regalare tono e colore; ai ceci di dar la croccantezza; e a olive taggiasche e capperi di Pantelleria di conferire la giusta sapidità. E ad allagare il tutto? Olio extravergine e olio di semi. Intanto Morgan mette in vasetto pure la salicornia e le ovette di quaglia, insieme ai pioppini o alle verdure. Per un aperitivo alternativo. E intanto pensa a un decalogo per l’utilizzo dei liquidi di governo. Perché delle giardiniere (buone) non si butta via niente.
La trasparente essenza del pomodoro
“Con lo scarto? Noi facciamo la passata di pomodoro”. Proprio così, Andy ed Ezio Casagrande guardano il rosso ortaggio da una diversa prospettiva. E creano in primis l’acqua di pomodoro. Limpidissima e cristallina. Ideale per preparare il risotto oppure per finir di cuocere la pasta. Affinché meglio rilasci tutto l’amido e crei una densa cremina. “Ma è ottima pure nei cocktail e diviene persino sorbetto”, spiega Ezio, che con Andy condivide la passione per la falegnameria. Mentre il loro orto, pardon Ilmiorto, dà buoni frutti: a Mareno di Piave, Treviso. Dove nascono anche l’aceto all’acqua di pomodoro e l’aceto di acqua di pomodoro, ancora più deciso. Perfetto per condire con grinta l’insalata. E poi? Con ciò che rimane fanno la passata di pomodoro e il gazpacho. Non dimenticando il peperone. Per il quale vale lo stesso ragionamento. Acqua di peperone anzitutto, poi… il resto. Come la salsa agrodolce di peperoni rossi e gialli e il ketchup. “Abbiamo più idee che tempo”, ammettono. Ma sono bravissimi a concentrare le loro risorse naturali.
Figli dei fior(d)i
La sua “i” ricorda il ramo di un abete stilizzato. Ma pure la lisca di un pesce. La sua mission? Quella di far conoscere al mondo i veri sapori della cultura scandinava. Così è Nordiska: un brand ma anche un progetto ambizioso. Nel pieno rispetto di tradizione, sostenibilità e artigianalità. E le sue tre tipologie di salmoni di fiordo confermano la massima qualità. Due affumicati con un legno delicato come l’alnus (comunemente noto come ontano): a 26°C per 36 ore il primo, a 90°C per 8-9 ore il secondo, in modo da risultare cotto. Mentre il terzo viene marinato per sette giorni in erbe e aneto. Un trio dalle consistenze uniche e dai sapori indubbiamente nordici. A cui ci si abitua velocemente. Persino le aringhe svelano un perfetto feeling col palato: la Inglagd, lasciata in salamoia per otto giorni con chiodi di garofano, ginepro e alloro; e la Brantevik, che conosce la complicità di cipolle dolci e aneto. E il Kalix Löjrom? È il re dei caviali svedesi. Figlio del coregone della baia di Kalix e tutelato come dop dall’Unione Europea. A cui si aggiungono la crema al burro, la salsa Skagen (a base di maionese speziata, granchio e gamberetti) e quella Laxsas, una senape dolce all’aneto. Per un tuffo into the wild.
Siamo alla frutta? No, alla pasta
Mirtilli, ribes e lamponi. Sì, ma nella pasta. Nei paccherini, precisamente. Firmati Rustichella d’Abruzzo, pastificio di Pianella, in provincia di Pescara, che ne inventa sempre di nuove. Come le referenze colorate e fruttate della collezione “Semola e Sapori”. Traduzione: paccherini prodotti con il 70% di semola di grano duro abruzzese e il 30% di purea biologica di frutti rossi. Aromatizzati naturalmente, senza aggiunta di conservanti. Per una pasta già buona così. Oppure da leggere in chiave pop, con una vigorosa carbonara di zucchine - nonché in versione gourmet. Come fa lo stellato Enrico Bartolini. Che impreziosisce con erbe, noci di macadamia e lumachine di mare i violacei paccherini. Orgogliosi pure di incontrare zafferano, asparagi, pecorino e centrifuga di porcini grazie a William Zonfa dell'aquilana Magione Papale. Paccherini camaleontici, pronti pure a divenire verdi, gialli, rossi e rosa antico. Grazie alla presenza di kiwi, ananas, melagrana, pesca e albicocca. Per un arcobaleno gustoso. Da condire in modo curioso.
Bacche da bere e vegetal chips
Naturali, certo. Ma anche iconici, ironici e originali. Sul tappo portano scritto: “Ehi scuotimi un po’!”, invitando il consumatore ad agitare ben bene la polpa. Mentre in etichetta esibiscono messaggi simpatici e salutari. Come “Mi bevo l’orto”, “Svitamine a gogo” e “A qualcuno piace aspro”, sintesi di 73 ribes neri, 10 bacche di olivello spinoso e 1 mela. Sono i succhi targati Biobacche Toscane, aretina e giovane azienda che propone un benessere da bere. Incarnato in ricette golose e bilanciate, il cui leitmotiv è quello di unire frutta (dalla mela ai mirtilli, passando per fragole e ribes rossi e neri) e verdure (dal sedano al rabarbaro e dal finocchio alla carota) alle bacche di goji e di olivello spinoso. I cosiddetti super frutti: antiossidanti, energizzanti e super vitaminici. Per un carico di di vitalità. Il bello? Che L’estrazione avviene a freddo e la pastorizzazione sottovuoto. Per la massima purezza. Complice la non aggiunta di zuccheri e conservanti. Succhi perfetti da soli o come base di cocktail, magari accompagnati dalle Vegetal Chips: healty snack di verdure “krokanti”, essiccate a bassa temperatura, senza l’aggiunta di olio. Così pomodori, zucchine e peperoni mantengono intatti i loro valori nutrizionali. Perfetti per uno spuntino vegan e veloce, vista anche la presenza di mini cracker di grano khorasan italiano, senza lievito. Per morsi che fanno crunch.
Il riccio che va via liscio
È antico, ha buccia sottile, esibisce caratteristiche solcature e vanta una “spalla” verde. Virtù per molto tempo considerate “difetti”. Per questo venne dimenticato. Ma ora il pomodoro riccio di Parma è tornato. In un pack di vetro dalla silhouette cilindrica e moderna. Anche grazie a Rural, progetto di biodiversità agricola alimentato da una quarantina di piccole e autentiche aziende, distribuite nelle campagne di Emilia e Toscana. Un pomodoro riccio sublimato in una passata liscia e vellutata, in vendita nel Rural Market, la bottega-quartier generale del gruppo agreste, posizionata proprio nel cuore di Parma. Dove trovare anche le mostarde di pera nobile, anguria bianca e mela cotogna; le confetture d’uva termarina; il vino Fortana del Taro e il prosciutto crudo di maiale nero by Rosa dell’Angelo. E a Rivalta di Lesignano de’ Bagni c’è pure la “stalla della salvezza”, che raccoglie le ultime vacche di razza bianca Val Padana, di grigia dell’Appennino, nonché bardigiana e ottonese, da cui si ricavano formaggi monorazza stagionati in grotta. Tanto non ci si può sbagliare. Il logo è un scattante trattorino arancione.
La rossa di Rotonda
Pare un pomodoro. Ma un pomodoro non è. Lei si chiama infatti melanzana rossa di Rotonda, tutelata da un consorzio e siglata da una dop. Visto che la sua produzione affonda le radici in terra potentina, nel Parco Nazionale del Pollino. Segni particolari? Un colore arancio tendente al rosso vivo e lucido, una forma tondeggiante, una polpa bianca e carnosa, un profumo intenso e fruttato, che ricorda il fico d’India, nonché un sapore deciso e un piacevole retrogusto amarognolo. Alessandro Fracassi, patron di ’Ino, quella sottolio firmata (Il Pollino a Tavola) l’ha pure suggerita in un panino, in tandem con un filettino di maiale. Senza dimenticare la la bella rossa ha pure fratelli white. Dop pure loro: i fagioli bianchi di Rotonda, dall’elevato contenuto proteico.
L’evo degli dei
Trae ispirazione dal passato. Ma è modernissimo. Rispetta la memoria. Ma guarda dritto avanti. È l’olio extravergine Pujje: Puglia nell’antico dialetto tarantino. Infatti è proprio dalla Murgia Tarantina, un tempo culla della Magna Grecia, che giunge questo evo vocato agli dei. Anzi a una ninfa marina, Anfitrite, e a una dea della terra, Rea. Più delicato, soave, leggero, amabile, gentile e di bianco vestito Anfitrite, multivarietale di leccino, frantoio, cima di Melfi e coratina. Più intenso, deciso, forte, vigoroso e di nero ornato Rea, summa di coratina, picholine e nociara. Entrambi protetti dalla luce, grazie a una bottiglia in vetro spessorato, verniciato e serigrafato. Un evo sofisticato, trendy e sartoriale. Che si può persino riciclare. Per diventare una lampada, un vaso per i fiori, oppure un dosatore per il sapone. E ora ci sono anche le bottigliette in taglia small da 50 ml. Perfette per la valigia e la borsetta. Un extravergine lussuoso, utilizzato pure dalla Pregiata Forneria Lenti di Grottaglie per creare biscotti, friselline, taralli dolci e un panettone alle olive candite.
Focacce da maestro
Non chiamatela panettone. Si offenderebbe. Un po’ perché lei è femmina e poi perché vanta una presenza di materia grassa inferiore all’11,3%. Così è la focaccia artigianale della Pasticceria Tabiano di Claudio Gatti: una che si fa notare, pur senza indossare orpelli. Soprattutto nell’ultima versione - sempre sofficissima - che ammette esclusivamente zuccheri naturali, integrali e biologici. Dieci in tutto: zucchero di canna biologico, zucchero muscovado, sciroppo di agave, miele, sciroppo di acero, melassa, zucchero di cocco, malto di riso, zucchero cristallino di uva e malto d'orzo. In due declinazioni: al cioccolato, il Blond Orelys di Valrhona, dolcificato con solo zucchero muscovado; e con uvetta, arancia e cedro, canditi con zucchero di canna biologico. Una golosità light e bright (grazie all’etichetta chiara e trasparente) che ha molte sorelle. Persino quella intitolata a Giuseppe Verdi, preziosa di sciroppo di Lambrusco, chiodi di garofano, cannella, noce moscata e pepe nero. Un omaggio al Cigno di Busseto e alle care terre di Parma. Che prosegue nelle tortine dedicate al maestro emiliano: Il Trovatore, con amarene e crumble al cacao; l’Aida, all’energico zabaione; La Traviata, alla violetta; e il Nabucco, al caramello. Non dimenticando i Dolci della Via Francigena, ispirati alle abitudini alimentari degli antichi pellegrini.
Radici d’Abruzzo
Acute e furbe le pecore. Che s’accorsero per prime dei benefici effetti del leccare le erbe amare di genziana. Soprattutto dopo un lauto brucare e pascolare. E bravo il pastore che ben notò lo strano e reiterato rito del gregge, fermo e chino sulle piante salutari. Così almeno narra una nenia in dialetto abruzzese. Che prontamente la maison teramana Scuppoz ha recuperato, creando un liquore bucolicissimo e attualissimo: la Genziana delle Pecore, con tanto di etichetta dalla “lanuta” texture. Un blend tre radici di genziana, di tre diverse cultivar, raccolte a duemila metri. Per un elisir di lunga vita… e breve digestione.
L'appuntamento è ora per Roma Golosa, kermesse sempre firmata dal Gastronauta Davide Paolini. Che conquisterà la Capitale dal 2 al 4 dicembre, negli spazi del Guido Reni District.