Sono “born in the Usa”, come canterebbe Bruce Springsteen. Ma conoscono bene il Bel Paese. Grazie al contributo di Carlsberg Italia, loro distributore ufficiale nella mediterranea Penisola. E grazie pure al loro carattere spigliato, intraprendente, volitivo, cosmopolita ed estroverso. Capace di filtrare le culture per tradurle in un esperanto spumeggiante comprensibile al mondo. Sono le birre della Brooklyn Brewery, nata nel 1988 a New York e portatrice sana della “craft beer revolution" americana. Una maison visionaria, fondata nel quartiere di Williamsburg per iniziativa del giornalista Steve Hindy e del banchiere Tom Potter. Poi, nel 1994, si è unito a loro un maestro birraio come Garret Oliver: ricercatore, sperimentatore e grande viaggiatore. Risultato? La produzione di birre poliedriche, ambasciatrici dello spirito newyorkese: melting pot di etnie, lingue, stili e sapori. Birre capaci di creare un ponte fra universi culturali, perché libere, aperte e prive di stereotipi. Birre che se danzassero, ballerebbero l’hip hop.
Ecco allora le due “adottate” dall’Italia: fruibili in bottigliette (da 35,5 cl) oppure alla spina. Grazie all’innovativo sistema di spillatura DraughtMaster (senza anidride carbonica aggiunta). Voilà la Lager, iconica e autorevole, ambrata incarnazione di quella tradizione brassicola che, sul finire dell’800 - prima del Proibizionismo - eleggeva Brooklyn a uno dei centri di maggior produzione della figlia di malti e luppoli. Le cui note vengono esaltate dalla consolidata pratica del dry-hopping, che consiste nel tuffare nella birra fiori di luppolo durante l’iter di maturazione a freddo. Una birra dall’amaro elegante e dalle nuance floreali, agrumate e finemente resinose. Più intensa, decisa e complessa è invece la East India Pale Ale, di ispirazione britannica. Segni particolari? Il tono dorato, i riflessi ambrati e un amaro aromatico, non così estremo come le Ipa americane della West Coast.
In abbinamento? La amber american lager meglio si accompagna con pollo arrosto, hamburger, carni bianche e patate al forno. La seconda incontra più volentieri carni rosse, salmone, crostacei e piatti piccanti. Come quelli delle cucine messicane, indiane e thailandesi. Riconfermando la sua anima eclettica. “Io però stasera non voglio creare un food pairing ma lasciare free gli abbinamenti”, dichiara durante la presentazione milanese del duetto newyorkese Andrew Gerson, chef & head of Culinary Programming di Brooklyn Brewery. E Al Cortile prepara delizie dal respiro internazionale. “Non sono piatti fusion”, precisa Andrew, “bensì pietanze che creano connessione fra le culture”. Proprio come le birre. Tartare di manzo con purea di barbabietola, pane al basilico e cipolla agrodolce; e tartare di tonno (a cubetti) con coriandolo, kimchi, alghe, sesamo e basilico. Cui fa seguito il tris di cavoli: quello romanesco con pecorino sardo, uva passa e pinoli; quello nero (in insalata) con acciughe e vinaigrette di miso e succo di limone; e quelli di Bruxelles ai sapori vietnamiti. E con i brownie? Sarebbe perfetta la Black Chocolate Stout.
Ma per assaggiarla bisogna (almeno per ora) andare Oltreoceano.