Sembra nuovo. Appena uscito dalla testa e dalla matita di qualche moderno designer. Invece, pedala pedala, l’art bar & bistrot Le Biciclette ne ha già fatta di strada. Compiendo i suoi primi vent’anni. “Ventuno a febbraio, per la precisone. È un acquario come me”, puntualizza il suo papà, creatore e curatore Ugo Fava. Un visionario. Se già nel 1998 ebbe l’intuizione di inaugurare un locale “diverso”, dal respiro glocal e capace di mixare il food & beverage con la musica e la moda, la pittura e la fotografia, l’arte digitale e la street art. Un’insegna sempre in movimento. In perenne mutamento. Non tradendo mai se stessa.
Pensare che in principio gli spazi ospitavano un rivenditore di pezzi di biciclette. Sostenibile mezzo di trasporto presente in ogni dove. Appeso alle pareti, pendente dal soffitto, appoggiato ai mobili. A tal punto che i suoi raggi sono stati trasformati persino in lampade, fatte su misura. Mentre il bancone bar mantiene l’originario rivestimento in rete metallica. Un luogo vintage e contemporaneo. Morbido, rilassante e rassicurante. Come una casa. Vuoi per gli arredi in legno, vuoi per quel senso imperante di caos calmo, vuoi per quelle sedute e quei divani - vestiti artigianalmente con i jeans del personale - che replicano in ogni angolo il mood salottiero. Reso gioioso e sereno anche dalla presenza costante delle luci natalizie. Perché? “Perché a Le Biciclette è sempre festa”, replica Ugo. Fiero di uno staff attento e preparato. Interamente al maschile. Eccetto lei, la dea ex machina Silvia Anfosso. Che tutto vede e che a tutto provvede. Grazie alla sua mente manageriale e alla sua empatia caratteriale.
Un Art Bar & Bistrot ideale per il sunday brunch o per l’aperitivo. Il buffet (di assoluta qualità) allestito intorno alla vecchia bilancia non manca. E non mancano neppure i cocktail. I grandi classici per capirci, arricchiti da qualche limited edition messa a punto dal bartender Alessio Miraglio. Vedi il “Cold Brûlée”, rilettura fredda dell’arcinoto vino aromatizzato. Complici vino rosso e grappa bianca, cannella e chiodi di garofano e twist di arancia e limone. Piacevolissimo. Soprattutto after dinner. Sì, perché qui si cena. Fino a mezzanotte, dalla domenica al giovedì. Fino all’una, il venerdì e il sabato. Perfetto per chi ama far tardi, per chi esce tardi dall’ufficio, oppure semplicemente per chi vuol mangiar tardi, dopo il cinema o il teatro. Il bello? Che a disposizione ci sono tutte le pietanze elencate in carta. Senza esclusione alcuna.
Una carta semplice, trasparente e piena di virtù. Perché sa mantenere le radici nella cultura meneghina, ma sa anche guardarsi intorno, volgendo lo sguardo oltre confine. Sa rispondere a chi ha più voglia di stuzzicare che di cenare e a chi, invece, ha una fame seria. A chi preferisce star leggero e a chi desidera addentare qualcosa di corroborante. A chi sposa una filosofia green e a chi è onnivoro. Complici birre e vini al calice. Come il “Fioranello” bianco (grechetto e viognier) e il “Fioranello" rosso (da uve cabernet sauvignon) della tenuta romana di Fiorano.
Dna meneghino dunque. Sintetizzato nei mondeghili (serviti su un letto di misticanza), nel riso al salto con crema di parmigiano, nelle mini cotolette e nella costoletta di vitello alla milanese. Quella grande, con l’osso. Mentre El Gran Bürgher de Milàn tiene alto il vessillo cittadino. Un burger a chilometro cortissimo, studiato nel 2013 da un eco-cuoco quale Tommaso Fara e ormai diventato un cult. Fuori: una fragrante e tiepida michetta. Dentro un hamburger di luganega, gorgonzola foglia di verza sbollentata, cipolla tagliata fine fine (e sbiancata in acqua bollente) e crema di rafano. Una pietanza intrisa della memoria della cassoeula e del ritmo rock del cren.
Un burger gourmet. Come lo sono del resto anche i fratelli più internazionali, quali il Cheese Burger e l’Elephant Burger, il Chicken Burger e il Veggie Burger, con fave, patate, broccoli, verdure alla griglia e salsa. Per un’eco più glocal. Che si fa sentire anche in versione mini, grazie alla burger trinità: di manzo, pollo e veg.
E il fish & chips? È fatto alla perfezione. Merito di una panatura dorata e “nuvolosa”, che avvolge delicatamente i filetti di merluzzo. Corredati di patate affettate e fritte.
E ancora, il setoso hummus di ceci con verdure e sfoglie di pane croccante; le crocchette di baccalà con salsa allo yogurt homemade; e le sofficissime polpettine di melanzane. Ideali anche per un aperitivo più sostanzioso.
Salutari e nutrienti anche le Bici Bowl, decisamente wellness e dalle nuance esotiche. Pronte a rammentare l’eterna diatriba fra due campioni di pedalata: la “Bartali”, con riso rosso, salmone marinato in salsa di soia, mango, avocado e semi di lino; e la “Coppi”, con riso venere, mango, avocado, ravanelli e pomodorini di Pachino. Orgogliosi di tornare nell’insalata verde che mutua il nome dal locale, e alla cui preparazione concorrono sedano, arancia e salmone norvegese affumicato.
E se si volesse sposare l’italianità? Voilà la tartare di fassona (tagliata al coltello) condita con extravergine, cristalli di sale e insalata di campo; e la mini tartare di avocado con olio, sale, limone e mele verdi dell’Alto Adige. Proposte in taglia small e large. E ancora, il baccalà alla livornese con polenta, i ravioli di magro con burro, formaggio e salvia; e gli spaghetti di Gragnano con pomodoro San Marzano e basilico. Perfetti a mezzanotte.
Le Biciclette pedalano tutti i giorni, a partire dalle 18. E la domenica? Brunch, dalle 12 alle 16, a 25 euro.