Lui è come una tela di Caravaggio. Trama cupa, oscura, fosca, tenebrosa, augusta, autorevole, penetrante. Poi, d’un tratto, la luce. Che tutto vira a meraviglia. Luce: brillante e sorprendente, tesa e godibile. L’Amarone della Valpolicella “Torre del Falasco” è intimamente caravaggesco in quel suo mostrarsi intenso, serioso e austero, eppur così illuminato da una limpidezza, un’eleganza e una freschezza uniche. Forse un poco rugginoso e polveroso nei millesimi più giovani, ma decisamente setoso, rotondo, morbido, polposo e succulento se con qualche annata alle spalle.
Un nettare di rango, coerente e costante nella sua energia verticale e tridimensionale. In cui l’acidità sposa note fruttate, balsamiche e tostate. “Un vino caratterizzato più dalla finezza e dalla piacevolezza che non dalla potenza”, precisa Luigi Turco, presidente della Cantina Valpantena Verona, che firma questo suadente Amarone, facente parte della linea top. Fiera di mutuare il nome da un brigante. Che nel Seicento usava nascondersi in una piccola torre posizionata nella frazione di Stallavena.
Un vino indubbiamente ambasciatore della filosofia di eccellenza portata avanti da questa cantina sociale nata nel 1958 e radicata nel cuore della Valpantena, fra Verona e i Monti Lessini. Anzi, per la precisione: a sud dei Lessini, tra la Valpolicella e la Val Squaranto, in un territorio rurale nutrito di sole e di una ricca biodiversità ambientale. Così come un emblema di armonia nella diversità è questa realtà cooperativa che attualmente conta 250 aziende agricole associate, per un totale di 780 ettari di vigneti coltivati. E non finisce qua. Dal luglio 2003 al già ricco paniere si sono aggiunte 110 maison olearie, per una dote di 200 ettari di oliveto. Il risultato? Quello di aver creato il più importante polo oleovinicolo della zona. Non tradendo mai la qualità.
Anzi, facendo proprio della tensione alla qualità un motore trainante. Unitamente a saggezza, memoria, tradizione, sostenibilità e continua evoluzione. Il che significa macchinari e tecnologie all’avanguardia, che consentono di plasmare la materia prima in maniera poco invasiva. E concedendo alle mani il giusto contributo. Sì perché le uve, prima di divenire Amarone e Recioto, sono raccolte rigorosamente a mano, messe nelle cassette e concesse al tempo dell’appassimento per almeno quattro mesi.
Una cooperativa illuminata e visionaria. Che produce innumerevoli etichette, certo - dal Valpolicella Superiore al Ripasso, dal Bardolino al Soave, dal Custoza al Lugana, sino al Lessini Durello metodo classico - ma che non smette mai di cercare. E si sa, chi cerca trova. E lei, in un piccolo vigneto della Valdonega, ha rinvenuto una varietà autoctona a bacca rossa sinora sconosciuta e battezzata “elmo”. Un’uva dagli acini scuri e dai grappoli spargoli che non pare vantare alcun rapporto di parentela con altre tipologie locali, se non una lontana somiglianza con l’austriaco vitigno wildbacher, diffuso in Stiria e coltivato in minima parte nel Trevigiano. Elmo che, nelle intenzioni della Cantina Valpantena, andrà ad alimentare un vigneto sperimentale.
Una realtà oggettiva e bevibilissima è invece la nuovissima linea della cantina. Che, nel celebrare il suo sessantesimo anniversario, lancia una nuova “limited edition”, perché realizzata solo nelle migliori annate. Il suo nome? Brolo dei Giusti: un Amarone della Valpolicella docg e un Valpolicella Superiore doc figli di tre vigneti “gestiti direttamente da parte dell’azienda cooperativa”, puntualizza Luca Degani, enologo e direttore della cantina sociale. Una sorta di azienda nell’azienda, insomma. Un’appendice. Una suite pensata per produrre due vini esclusivi e fuoriclasse. Il tutto in due vigneti piccoli (di 3 e 2 ettari e mezzo) e in un appezzamento più grande di 13 ettari. Un vero e proprio brolo - corrispondente al clos francese e facente riferimento a un campo protetto da siepi, ulivi e marogne, i caratteristici muretti a secco del territorio.
Ecco dunque spiegato il perché di “Brolo”. E i Giusti chi sono? I religiosi e i nobili che un tempo conducevano i vigneti, ma sopratutto i contadini. Ed è proprio un agricoltore quello ritratto sulle bottiglie. Rigorosamente seduto su una marogna, a contemplare il suo operato alla fine di una giornata di lavoro. Un tributo all’operatività di chi produce. Nell’assoluto rispetto della natura.
Attenzione: bottiglie serigrafate, non etichettate, e suggellate da ceralacca. Per rimanere integre a lungo termine. Un occhio diretto al futuro quello della Cantina Valpantena, che presenta la vendemmia 2011 dell’Amarone (prodotto in 8mila esemplari) e la 2013 del Valpolicella Superiore (prodotto in 12mila pezzi). Un nettare rosso vivo e acceso quest’ultimo (ottenuto da un 75% di corvina veronese, 15% di corvinone e 10% di rondinella), dai netti profumi di frutti rossi e spezie e dal complesso bouquet floreal-fruttato. Tono più fitto e brillante invece per l’Amarone, che svela al palato la sua personalità decisa ed esplosiva.
Due veri diamanti della cantina associativa. Valorizzati, nel loro ufficiale ingresso in società, da una menu griffato da Giancarlo Perbellini della bistellata Casa Perbellini di Verona (e da poco giunto anche a Milano, in via Moscova, con il bistrot Locanda Perbellini). Pietanze pensate su misura per due “debuttanti” non certo allo sbaraglio. Voilà la serie dei finger: burro e acciuga caramellata; finanziera di mandorla, yuzu, crema di carote e maionese alla soia; tartelletta di mais morado e gorgonzola; e croccante d’alga, maionese al wasabi e guacamole. Per enfatizzare e valorizzare anche la potenzialità internazionale delle due nuove etichette.
E ancora: tartare di manzo, pistacchio, pomodoro e maionese alla senape; spuma di ceci, burrata e mandarino; nonché uno dei must perbelliniani quale lo scampo dorato con zabaione di Garganega, mela verde e cavolfiore. Terra, mare, orto, campagna a rincorrersi negli assaggi: broccoli, caprino affumicato e acciuga; sogliola bollita, crema di capperi, prezzemolo e maionese alla Worcester; risotto mantecato all’Amarone, zucca e nocciola. Per poi proseguire con le carni. Guanciale di maialino iberico alla birra, purè al lievito madre, rafano e cavolo cappuccio; nonché porca l’oca, ossia pancia di maiale in duetto con foie gras, complici senape, menta sabbiata e aceto balsamico. E per dessert? Meringata, millefoglie e caleidoscopica piccola pasticceria.
La linea Brolo dei Giusti è distribuita in Italia da Rinaldi. Ma è pure acquistabile nei sei punti vendita della cantina: a Quinto di Valpantena, a San Giovanni Lupatoto, a Verona - Borgo Milano, a Buttapietra, a Lazise e ad Almè, in provincia di Bergamo. Per essere profeti anche fuori patria.