In ottobre avvenne il contrario. Gli impasti con lievito madre di Tommaso Vatti, deus ex machina dell’hostaria La Pergola di Radicondoli - in terra di Siena - sposarono i topping di Renato e Riccardo Pancini - padre e figlio - della pizzeria Al Foghèr di Arezzo. E il 22 febbraio? Si fa il gioco opposto, ossia le basi lievitate dei Pancini sposano le farciture di Vatti. Per dar vita a vere e proprie Fusioni culturali. Fatte di dialogo, incontro, scambio e confronto di saperi e sapori, idee e gesti.
Un chiasmo gustativo, capace di arricchire e di regalare nuovi spunti di riflessione. Sia a chi la pizza la fa sia a chi l’assaggia. E il menu è davvero intrigante. Servito negli accoglienti spazi dell’aretina “casa” Pancini. Per una serata che parla toscano - anche attraverso il calice - valorizzando prodotti del territorio (e non solo) e comunicando le variegate forme della pizza. Grazie a una serie di impasti messi a punto con le farine Petra di Molino Quaglia.
A dare il benvenuto? La pizza fritta, preziosa di mozzarella bufala campana dop, pacchetelle di pomodoro del piennolo e basilico. In un inchino alla tradizione partenopea. Poi, via con le tipicità autoctone. A partire dalla pizza in pala alla romana con cinghiale, lardo di cinta senese, pecorino toscano, olive della cultivar frantoio (essiccate e lasciate riposare in sale e arancia) e un filo d’extravergine dei Colli Fiesolani. Giusto a dare il tocco delicato. Un topping veracemente tradizionale e regionale, che Tommaso ha pure presentato al recente Sigep di Rimini. “Il cinghiale è un prodotto tipicamente invernale. Da godersi davanti al caminetto. Preparato alla maremmana, senza pomodoro e poi sfilettato”. Il lardo è invece quello di un’azienda biologica che alleva i maialini allo stato brado, stagionato con rosmarino, alloro, pepe e sale; mentre il pecorino incarna il savoir-faire di quei sardi che “colonizzarono” la regione negli anni Sessanta, riportando in auge la pastorizia. Per dirla in poche parole: la Toscana sulla pizza.
Per poi proseguire con un altro cult: il lampredotto - dell’oste-trippaio fiorentino Luca Cai - con salsa verde. Fiero di divenir ripieno di una pizza in padellino, sempre by Pancini. Pizza in padellino che sposa anche chianina arrosto, crema di fagioli al fiasco e tartufo fresco. E per dessert? Pizza. Farcita con crema, frutta e cioccolato. Per svelare l’anima eclettica degli impasti. Capaci di metter d’accordo dolce e salato.
Una pizzeria, Al Foghèr, aperta nel 1986 da Renato, ora affiancato dai figli Federica e Riccardo (di soli 21 anni), addetti rispettivamente alla sala e agli impasti. Sì, il giovane Riccardo è il responsabile della perfetta “lievitazione”, e fondamentale per la sua preparazione è stata la frequentazione dell’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este. Fra le pizze della carta attuale? L’Aranciuga, aromatica e colorata, pronta a rendere onore al “chilometro buono”, come ama precisare Pancini junior. Ecco dunque le arance rosse di Sicilia, le alici di menaica - antichissima tecnica di pesca che mutua il nome dalla particolare rete utilizzata -, la burrata pugliese (di un piccolo casaro barese trasferito ad Arezzo), la granella di pistacchi e le zest di arancia. Per un mélange di acidità, sapidità, morbidezza e croccantezza.
Foto di Riccardo Pancini e Tommaso Vatti al Sigep di Rimini by Enrica Guariento