“Non amiamo definirlo in base al numero dei mesi. Preferiamo descriverlo con alcuni aggettivi. Senza rincorse e senza ansie da performance”. Così Federico Fernus racconta la filosofia slow di Gusto Parmigiano, risto-shop meneghino interamente dedicato al parmigiano reggiano. Seguendo il mantra del “buono, sano, emiliano”. E valorizzando al massimo questo formaggio eclettico e versatile: che vanta nove secoli di storia, che viene ancora prodotto secondo l’antica ricetta messa a punto dai monaci benedettini e cistercensi della Pianura Padana, e che narra un territorio scandito da Parma, Modena, Reggio Emilia, Bologna (sinistra Reno) e Mantova (destra Po). Della serie, confini di lavorazione ben precisi ma spirito da globetrotter.
E così Fernus, un master in Food & Wine alla Bologna Business School, una profonda conoscenza della materia e nelle mani la direzione di questo spazio di ristorazione e vendita in piena via Moscova, adora suddividere il parmigiano in tre tipologie: da pasteggio, maturo e stravecchio. E non solo. Perché lui varia anche a seconda della provenienza. E dell’erba di cui si nutrono le mucche. “Quello di pianura è più stabile nel tempo. Profuma di fieno e di erba medica. Mentre quelli di collina e di montagna sono più soggetti a variazioni. Basti pensare che nelle zone collinari sono state scoperte 63 essenze differenti”, puntualizza l’attento Federico.
E poi? C’è la variante vacca, naturalmente. “La frisona dà un latte perfettamente bilanciato fra sapidità e dolcezza. Quello di bruna alpina è invece aromatico e dal retrogusto quasi tostato. La vacca rossa regala poi un latte grasso, burroso, più concentrato, mentre quello di bianca modenese, razza tutelata come Presidio Slow Food, è elegante e sapido. Ideale per dar forma a un parmigiano esclusivo”, spiega, facendo riferimento al Caseificio Rosola di Zocca.
Intanto, è anche grazie a una storica realtà quale la Latteria Sociale di Roncadella che Gusto Parmigiano ha preso vita. Un casello particolare, che produce parmigiano dal 1922. “Ed è pure l’unico ad avere una casara: Marisa Verzelloni. Che per capire la temperatura del latte non usa il termometro, ma il braccio”, svela orgoglioso Federico. Che ricorda gli altri partner del progetto risto-bottega: l’Antica Acetaia Dodi di Albinea, con il suo oro noir di famiglia; e il Podere Giardino, vitivinicola azienda bio di Reggio Emilia. Che presenta il suo vivace e dinamico Lambrusco Rosé “Suoli Cataldi”, figlio in purezza di uve lambrusco marani raccolte a mano. Proposto anche al calice, insieme ad altri “cugini”. Vedi il metodo classico “Il Mattaglio" di Cantina della Volta, summa di chardonnay e pinot nero; la Malvasia Colli di Parma doc by Monte delle Vigne, un metodo charmat floreale e fruttato; e “Il Graparossa della Tradizione” by Tenuta Pederzana, maison di Castelvetro.
Autentici nettari emiliani. Ideali per accompagnare l’aperitivo oppure una cenetta smart. Ritmata in due atti. Un tagliere freddo e uno caldo. Sul primo: scaglie di parmigiano, giardiniera di verdure in agrodolce - come quella della Cascina Pizzavacca - e salumi. Anche questi selezionati con cura assoluta: dalla spalla cruda al salame artigianale, dal prosciutto di Parma alla coppa piacentina. Non dimenticando la mortadella: quella classica Presidio Slow Food e la “Simona, più saporita, firmate dalla bolognese Artigianquality.
E sul secondo tagliere? Un ghiotto tris di emilianissimi primi. Tagliatelle con porro alla brace, asparagi, piselli e burro della Latteria Sociale di Roncadella.
Tortelli verdi, ripieni di spinaci, bietole e ricotta delle vacche rosse.
E garganelli del salumiere, con carpaccio di verdure primaverili, parmigiano rapè e ragù di gambuccio. Pescato direttamente dal banco, dove gli affettati, il parmigiano e il suo “quinto quarto” (ossia burro, panna, ricotta, croste e tosone) si possono acquistare e portare a casa. E non solo loro. Perché fra gli scaffali spiccano anche confetture, salse, conserve, sottoli e delizie pensate per costruire un’esperienza intorno al parmigiano. Che non è mai solo.
Anzi, soprattutto a pranzo, diviene protagonista di piatti capaci di stare in equilibrio fra tradizione e creazione. Grazie a un vulcanico chef ambassador come Federico D’Amato, figlio di quel Gianni D’Amato del Rigoletto di Reggiolo, ora al comando del Caffè Arti e Mestieri di Reggio Emilia. E grazie pure alla mano “armata”… di talento del giovane chef resident Lorenzo Degl’Innocenti.
In carta, dunque, l’erbazzone contemporaneo, sofficissimo e avvolto da pasta kataifi; la frittata al parmigiano con le zucchine e il loro fiore; e la tacchinella tonnata con capperi dissalati, insalatina riccia e parmigiano reggiano da pasteggio. Mentre è quello maturo a entrare nella ricetta del “Cheese Parmigiano-Reggiano Burger”, insieme a bietole e ketchup di mela campanina, nonché in quella del filetto di maialino con "parmigiano di melanzane". Sì, non è un refuso, ma una rilettura della parmigiana, in cui la melanzana tonda viene cotta in padella con salsa di pomodoro e abbondante formaggio grattugiato e poi passata al setaccio. Per raggiungere una cremosa texture.
Il tutto servito in uno spazio informale - la cui genesi architettonica è stata seguita da Diego Cisi dello studio Archiplan di Mantova -, in cui il legno canaletto delle teche dialoga col marmo bardiglio del banco, fra luci capaci di illuminare discretamente l’ambiente. Corredato di un dehors con una trentina di coperti.
E se la verticale di parmigiano non manca, non manca neppure una cheesecake che lo esalta nel dessert. Mentre la spuma di latte di vacche rosse incontra croccante, fragole e aceto “Riserva di Famiglia” dell’Antica Acetaia Dodi. E per finire? Da una crew così specializzata - che conta pure su Riccardo Toschi, ingegnere gestionale e parmigiano lover - neppure il caffè poteva sfuggire all’emilizzazione. Voilà Torrcaffè, torrefazione di Bibbiano, fiera di tostare i chicchi con legna di quercia nera, unita al faggio bianco delle colline reggiane.
Gusto Parmigiano è aperto il lunedì, dalle 10 alle 19; dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 22; e il sabato, dalle 10 alle 20.