Onirica. Immaginifica. Surreale. In bilico fra simbolico e reale. Ma sempre capace di veicolare un messaggio speciale. Così è la tavola: sincretismo di gesto, azione, alimentazione, condivisione, esplorazione, pensiero, linguaggio e dimensione esperienziale. E così è The Surreal Table: un’esposizione che fino al 18 maggio conduce il visitatore in un universo fatto di forme, contenitori, contenuti e significati. Pronti a rimandare a un rituale perennemente contemporaneo: quello del nutrirsi. Una mostra multidisciplinare, che mixa arte, vino e design, curata da Davide Fabio Colaci e ospitata a Palazzo Durini (nell’omonima via, al civico 24), sede milanese del Gruppo Vinicolo Santa Margherita. Che conta una decina di tenute in tutta Italia e che spesso ama rivestire il ruolo di mecenate. A favore del più moderno genio creativo.
Ecco dunque cinque progetti inediti, abbinati ad altrettanti vini della “casa madre” e accompagnati - in occasione dell’evento di inaugurazione - da una manciata di piatti del bistellato Enrico Bartolini. Due le scene della rappresentazione: la prima, animata da un tavolo specchiante sul quale sfilano i prototipi dei designer e i nettari che li hanno ispirati nell’indagine creativa: la seconda, allestita nelle Sale delle Udienze progettate da Francesco Maria Richini a metà del Seicento, fra tende riflettenti dai toni ramati, neon e soffitti decorati. Giusto a proporre un’ambientazione dal respiro surrealista.
Si comincia dall’aperitivo. O meglio, dal Summer on a Solitary Beach by Studio Lido (Ilaria Innocenti e Giorgio Laboratore): un vassoio-piscina circolare e una coppa per olive a foggia di trampolino. Con tanto di scaletta. Le olive si tuffano idealmente in acqua. Nuotando fra le superfici martellate del peltro. Quasi onde metalliche vibranti e leggere. Mentre nel calice finisce lui, il “52” Valdobbiadene Prosecco Superiore, che mutua il nome dall’anno in cui Santa Margherita inizia - con visionaria lungimiranza - a spumantizzare le uve glera, provenienti dalla generosa area vitata della Marca Trevigiana. Per dar vita a un nettare brillante, fresco, fragrante, floreale e fruttato. Ideale per l’happy hour. Tant’è che chef Enrico ricrea l’oliva. Utilizzando tartare di tonno e vermouth.
Con Rhyton Collection Analogia Project (Andrea Mancuso ed Emilia Serra) indaga invece il regno degli antichi boccali da libagione. Trasformandoli in figure mitologiche e zoomorfe, trasparenti e intriganti, forgiate dai maestri soffiatori di Murano: una lumaca, un riccio, una coda di delfino, una zampa di gallina e un ariete dalle curvilinee corna. Animali beneauguranti, oggetti propiziatori del sacro rito del bere il vino. Che in questo caso è il Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Refrontolo, minerale e vibrante figlio di vitati pendii ripidi e scoscesi. Fiero di duettare con il gambero marinato al pompelmo con mandorle e caffè di Enrico.
E poi? C’è Eligo (Alberto Nespoli e Domenico Rocca), che ridisegna in prospettiva italiana La Tulipaniera, un tempo nobile protagonista delle tavole di banchetti e cerimonie. Una tulipaniera in preziosa e candida ceramica atestina, scandita da parti autonome e sovrapponibili, pronta a ospitare… pane e tulipani. Un oggetto di classe, ritmato da tre elementi sferici, decorati da pattern liberamente ispirati alle architetture di Filippo Brunelleschi, Piero Portaluppi e Gio Ponti. Un’opera artistica che fa di purezza cromatica e levità virtù. Perfetta da sposare a un vino icona di Santa Margherita: l’altoatesino Pinot Grigio Impronta del Fondatore, ossia Gaetano Marzotto. Un bianco pieno, intenso, profumato, sapido e croccante, ottenuto da uve dalla buccia ramata. Ottimo in abbinata alla patata soffice, uovo e uova di mister Bartolini.
Intanto, con Pipe Dream, Zaven (Enrica Cavarzan e Marco Zavagno) sublima il desco in paesaggio. Percorso da sinuosi moduli in ceramica blu ad uso ludico-decorativo. Alzatine, portauova, secchielli per bottiglie che si compongono e scompongono, divenendo frammenti di un discorso funzionale, conviviale e relazionale della tavola. Elementi ondivaghi, come l’Adige. Segmenti nati per essere legati fra loro. Come i vitigni che vanno a formare il Luna dei Feldi, mosaico di ben quattro tipologie di uve differenti, vinificate separatamente e poi assemblate. E così, la morbidezza dello chardonnay incontra il nerbo floreale e minerale del pinot bianco; e le note erbacee e balsamiche del müller thurgau sposano l’aromaticità spiccata del gewürztraminer. Per un’etichetta dall’armonia perfetta. Come armonioso è il cannolo di mais farcito con salmone selvaggio Loch Fyne e guacamole.
Infine, con Amphora e tappi, Flatwig Studio (Erica Agogliati e Francesca Avian) rielabora l’archetipo dell’anfora a tre anse per la conservazione e il trasporto del vino. Ne nasce un decanter dai triplici manici satinati, dimentico della ceramica e fiero di incarnarsi nella trasparenza voluttuosa del vetro. Un decanter che si correda di quattro tappi - in terracotta, in lamina di rame, in vetro e in acciaio inox - a ricordare l’apertura della bottiglia, l’atto del versare, la pazienza del lasciar decantare e l’incipit del convivio. Per onorare l’intero cerimoniale del degustare... il Malbech Impronta del Fondatore (sì con l’acca finale, come mi fa ben notare Alessandro Marzotto), figlio di una varietà non certo indigena del Veneto orientale, ma foriera di un nettare rosso e vigoroso, scattante e incalzante, dalle sfumature speziate e dai tannini setosi. Ideale con i ravioli di barbabietola, radicchio e acciughe del Cantabrico di chef Bartolini.
L’esposizione è visitabile fino al 18 maggio. Per informazioni: rsvp@santamargherita.com