È giovane. Ma la sua cucina è colta, seria, adulta, matura. Fatta di disciplina e sentimento, rigore e genio, testa e cuore, materia e immaginazione. Sì, un vero fuoriclasse Edoardo Fumagalli. Uno che si fa notare, pur non amando i palcoscenici. Uno che alla passione unisce una profonda preparazione. Merito degli insegnamenti di Gualtiero Marchesi, di una parentesi newyorkese da Daniel Boulud e di un periodo parigino a Le Taillevent di Alain Solivérès. E merito pure di sacrificio, caparbietà, tenacia e volontà.
Sta di fatto che Edoardo - classe 1989 e lombardo di Renate, in provincia di Monza Brianza - ne abbia già fatta di strada. Conquistando persino la guida della Locanda del Notaio, una stella Michelin a Pellio d’Intelvi, in quella terra comasca vicinissima alla Svizzera e al Lago di Lugano. E conquistando pure la possibilità di tornare a Parigi. Anzi, a Palazzo Parigi, l’hotel & grand spa milanese - griffato The Leading Hotels of the World - che lo accoglie in cucina dal 12 al 17 marzo. Per una settimana gourmand, di scena al Ristorante Gastronomico del lussuoso albergo.
Un’occasione unica per assaporare le pietanze edoardiane in una cornice unica, nutrita dalla luce e vestita di neoclassica bellezza. Un teatro ovattato, un salotto soft, perfetto per degustare i piatti poliedrici del giovane cuoco. Dotati di una colonna vertebrale fluida e flessuosa, capace di seguire il dinamico movimento degli ingredienti. “Ne uso pochi, ma ben accostati”, precisa lo chef. Che pesca il genius loci di Val d’Intelvi e dintorni, non rinunciando ad afferrare il mondo.
“Qui a Palazzo Parigi porto le pietanze che più mi rappresentano”, spiega Edoardo. La cui cifra stilistica si svela sin dagli amuse bouche. Chips di polenta taragna e al nero di seppia, per un binomio mare-montagna; meringa al peperone e crema di lime; paninetto al vapore con maionese al prezzemolo.
E ancora, taccola ripiena di senape, servita in vasetto (con tanto di terra-crumble), e sigaro di patata e zincarlìn, formaggio “transfrontaliero” tutelato come Presidio Slow Food. Ovviamente, la cenere si può mangiare.
Ad accompagnare il pane c’è poi il poker di burri da spalmare: al naturale, allo zafferano e limone, al prezzemolo e alla barbabietola. Dopotutto sono i dettagli a fare la differenza.
Fra gli antipasti? L’aristocratico cannolo di scampi con caviale, salsa dall’arancia e crème fraîche. Il mediterraneo solleticato da raffinati francesismi.
Cannolo marino presente anche nel menu degustazione - pensato per ritrarre al meglio la filosofia del giovane cuoco - insieme a un altro cavallo di battaglia: la spuma di patate con uovo di quaglia poché al tartufo, crumble al cacao, quinoa soffiata e olio all’erba cipollina. Un velluto. In cui tuffare il cucchiaio.
E per primo? Ravioli di prezzemolo, alette di cappone e salsa d’ostriche; risotto con crema di perilla e salsa al Franciacorta; oppure gnocchi di patate arrosto, morchelle al Vin Jaune e ricotta dura di pecora. Bosco. Umami. Profondità. Un piatto sofisticato, in cui i funghi spugnosi - “raccolti e conservati”, spiega Edoardo - incontrano un vino icona dello Jura francese, figlio di uve savagnin e di una lunga permanenza in botticelle.
Duo di vitellino scottato e brasato con crema di champignon per chi vuol proseguire l’iter nel bosco. Piccione per chi preferisce lasciarsi sorprendere da una portata in due tempi. Prima, piccione arrosto con foie gras, costine rosse e uva al lime, per resettare il palato fra un boccone e l’altro. Poi, raviolini ripieni delle coscette del volatile, immerse in una superba spuma al tartufo. Una delizia regale. Del resto, Fumagalli ammette: “Io amo cucinare le carni”. E si vede.
Ma in carta compare un altro signature dish: il gambero carabiniere con animelle glassate, croccante alle alghe e insalata aromatica. Un piatto-vessillo per l’Italia, visto che Edoardo lo porterà alla finalissima internazionale della S.Pellegrino Young Chef, dall’11 al 13 maggio, in occasione della Milano Food Week. “Lo stiamo perfezionando. Giusto nei particolari”, puntualizza Fumagalli, affiancato da un coach come Anthony Genovese del Pagliaccio capitolino.
Una sfida importante, che vedrà lo young chef confrontarsi con altri venti giovani provenienti da tutto il mondo. Giudicati live da sette saggi: l’ambasciatore della genialità culinaria peruviana Virgilio Martínez; la chef Margarita Forés, a capo di un impero di ristoranti nelle Filippine; l’australiano Brett Graham, due stelle al The Ledbury londinese; la dea dell’Enoteca Pinchiorri fiorentina Annie Féolde; la chef Dominique Crenn, attiva con una serie di locali a San Francisco; la slovena Ana Roš, al timone dell’Hiša Franko di Caporetto; e Paul Pairet, celebre per le sue poliedriche insegne di Shangai, fra le quali spicca il multisensoriale Ultraviolet.
È invece il pastry chef della Locanda del Notaio Damiano Bonomi a firmare i dessert: mousse allo yogurt, croccante al mais e frutta tagliata; cioccolato fumé leggermente piccante con gelato allo yogurt; e mousse al caffè con cremoso alla banana e sorbetto all’anice. Per un goloso ritratto del fine pasto.
Ad accompagnare i commensali nella scelta dei vini c’è invece il maître sommelier Mattia Colò. Sempre della stellata insegna comasca.