La pizza? È acqua e farina. È fermentazione, maturazione, lievitazione. È genio e regolatezza. È sapienza e conoscenza. È ascolto, rispetto, confronto. È riflessione, studio, ricerca, pazienza. È il coraggio delle idee e l’audacia di impastarle. È tecnica e passione. È memoria e rivoluzione. È saggezza e intraprendenza. È precisione e decisione di cambiare strada. È esperienza, relazione, condivisione, contaminazione. È cultura, cottura, farcitura. È campagna e mare. Territorio e immaginario.
La pizza è generosità, sensibilità, contemporaneità e umanità. È il piatto-logo della nuova edizione - la quattordicesima - di Identità Golose, in programma al MiCo di Milano dal 3 al 5 marzo. Sì, lo scatto simbolo di quest’anno, firmato sempre da Francesca Brambilla e Serena Serrani, immortala la pizza. Anzi, una pizza divisa in due. Una del nord e una del sud. Veneto e Campania uniti, nell’intento di comunicare il grande savoir-faire italiano. A destra, l’Aria di pane di Renato Bosco, patron del veronese Saporè. Che qui si esprime in un soffice girotondo di pancetta, burrata, crescione vene cress e crema di fagioli giàlet, Presidio Slow Food della Val Belluna. A sinistra, La Scarpetta (con pomodori, scaglie di grana e basilico) firmata Franco Pepe, il guru della caiatina Pepe in Grani.
Ed è proprio all’ultimo piano del palazzetto di vico San Giovanni Battista che Franco ha inaugurato Authentica, una sala intima e riservata - con forno dedicato - dove meditare, ascoltare, creare e parlare. Direttamente con gli ospiti. Uno spazio esclusivo, dove esprimere al massimo il rapporto con l’altro e il fattore umano. Che è poi il tema centrale del prossimo congresso internazionale.
Noi intanto, al recente Sigep di Rimini, abbiamo incontrato Renato. Che lunedì 5 marzo salirà sul palco di Identità: in sala Blu 2, nella session dedicata a pane e pizza, messa a punto in collaborazione con Petra - Molino Quaglia. “Nei confronti della mia brigata? Mi sento come un papà con i suoi figli”, dice il pizza-ricercatore. Che, come attore degli Ambasciatori del Gusto, ha incontrato pure gli studenti del quarto anno di specializzazione dell’Istituto Alberghiero di Amatrice (ospitato provvisoriamente nel nucleo industriale di Rieti) per dare il via al progetto “Fare Formazione”. “Il contatto con i giovani è per me sempre motivo di crescita professionale. Ho trovato in questi ragazzi molta curiosità, voglia di capire e un grande cuore. Un terreno davvero fertile per motivarli e appassionarli a un mondo, quello della lievitazione, ricco di stimoli”.
Il brunch secondo Bosco
Un universo immenso quello della lievitazione. Che gravita intorno alla pizza, certo. Ma che vanta innumerevoli intepretazioni. “Perché il pizzaiolo è diventato anche chi prepara la colazione”, commenta Bosco. Che presenta così la sua idea di brunch. Partendo dal pane in cassetta. Elevato a toast. “Nasce da un concetto sviluppato all’interno del molino. Dove tengo il corso ‘Un tocco di salato’. Che insegna a declinare in varie forme e cotture un unico impasto”, spiega Renato. Facendo riferimento ai panini cotti al vapore, ai mini hamburger, al club sandwich, ai tramezzini e al toast. Preparato con Allegra (farina di grano tenero tipo “0”) oppure con la complicità di Bonsemì. “Perché mi piace sentire il tostato all’interno del toast”. Perfetto per essere accompagnato da yogurt e frutta secca. Per un apporto nutrizionale completo.
Ma il brunch non è completo se al salato non viene accostato il dolce. Voilà biscotti di nuova generazione. Un vero debutto. Messi a punto con la neonata farina Hazelgrain: summa di una variante di Petra 5 e la farina di nocciole - parzialmente disoleata - di Pariani, la maison torinese specializzata nella produzione di oli da frutta secca. Il risultato è sorprendente. “Perché la frolla è friabile, ha il sapore di nocciola e si taglia perfettamente. Cosa che non accadrebbe se all’interno ci fosse la nocciola intera”. Della serie, soluzioni innovative per una pasticceria umana, italiana e contemporanea.
Foto di Renato Bosco al Sigep di Rimini by Enrica Guariento
Foto di Franco Pepe by Damiano Errico