“Ma come possiamo bere un vino senza aver letto le Baccanti di Euripide? Dove c’è Dioniso che fa da protagonista e che ci può insegnare tutto sul vino che sorseggiamo ogni giorno”. Il monito del professor Massimo Donà arriva forte e chiaro: “Il food ha bisogno di operatori preparati. Oggi i professionisti magari sanno tutto di vinificazione e di terroir, ma non sanno nulla di cos’era il vino per i tragici greci. Non basta conoscere la produzione e l’acidità di un vino. Quelli sono saperi tecnici. Ma se ci manca il retroterra culturale; se non sappiamo come mai nella nostra tradizione giudaico-cristiana Gesù si definisce vignaiolo e definisce nei vangeli la sua Chiesa come la sua vigna; se non sappiamo perché il primo miracolo sia la trasformazione dell’acqua in vino; se non conosciamo il senso di queste straordinarie simbologie, berremo da ebeti”.
Perché cibo e vino sono molto più di cibo e vino. Sono materia. Ma sono anche immagine, immaginario, simbolo, mito, assaggio, paesaggio, religione, etica, estetica, arte, storia, letteratura, antropologia, filosofia, ermeneutica, geografia, economia. Energia e strategia. Ironia e serietà. Cielo e terra. Alimento ed elemento. “Ogni gesto dell’essere umano è un atto culturale, innanzitutto. Diceva bene l’antropologo Lévi-Strauss: la civiltà inizia quando gli esseri umani iniziano a cucinare il cibo. Dal crudo al cotto. Quando si comincia a capire che non basta prendere la bacca o prendere il frutto e metterlo in bocca, ma che ci può essere una mediazione. Che quel rapporto ci provoca e ci consente di entrare in gioco attivamente. Non come puri recettori del mondo esterno. Un mondo che, ovvio, abbiamo bisogno di inglobare e di fare nostro. Ma forse abbiamo anche bisogno di ripetere questo gesto primitivo e originario in maniera meno animale. Assecondando la cultura a cui apparteniamo. Perché in Cina si mangia in modo diverso da come si mangia in Africa, in America e in Europa”, prosegue Donà. Pensatore, musicista jazz, professore ordinario di Filosofia Teoretica e deus ex machina del Master in Filosofia del Cibo e del Vino, con il supporto del ricercatore Giacomo Petrarca.
Una sfida. Giunta alla sua quarta edizione. Un’ambiziosa sfida, che coinvolge la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in collaborazione con la redazione cucina del Corriere della Sera, il gruppo bancario Intesa Sanpaolo e l’Iswa, ossia l’Italian Signature Wine Accademy, attiva e propositiva alleanza fra le più significative aziende vinicole italiane: da Allegrini ai Feudi di San Gregorio, da Fontanafredda a Frescobaldi, da Masciarelli a Villa Sandi, sino alla siciliana Planeta. Tutto questo perché? “Perché in questi anni, in cui cibo e vino sono diventati oggetti di interesse collettivo quasi spasmodico, fra trasmissioni televisive, riviste, chef che divengono star, rockstar, più rockstar delle rockstar, mancava uno sguardo più consapevole e più alto su questo mondo straordinario”, precisa il professore.
Un master che risponde dunque alle domande profonde dell’essere. Che chiama in causa Platone, Socrate, Aristotele, Kant e Cartesio. Per affermare che mangiare non sia un mero atto “bestiale”, bensì qualcosa capace di renderci più umani di quel che già siamo. Una sfida che ha avuto sin dall’inizio il supporto di molte aziende visionarie (e anche un po’ rivoluzionarie). Come Petra - Molino Quaglia, Illy, Eataly e Ferrarelle. “Aziende che in questo progetto hanno creduto sin dall’inizio. Capendo che non era solo una sfida importante, ma necessaria per cambiare il mondo del cibo e del vino. Chiuso nel proprio gergo e invece bisognoso di aprirsi verso l’esterno”, continua magister Donà. Direttore e coordinatore di un master che conta su un co-direttore quale Angela Frenda, food editor del Corriere delle Sera.
E che conta pure su docenti del calibro di Massimo Cacciari (per cibo e politica), Andrea Tagliapietra (per la filosofia del cibo), Francesco Valagussa (per l’estetica e la filosofia delle forme simboliche), Alberto Capatti (per la storia della cucina), Luciano Ferraro (per degustare e raccontare vini e distillati), Giampaolo Gravina (per le parole enoiche), Sandro Sangiorgi (per la vite e la vinificazione), Nicola Frasson (per l’introduzione alla degustazione del vino). A cui si aggiunge il dotto apporto di chef come Andrea Berton, Niko Romito, Alessandro Borghese ed Ernst Knam, di Lucio Cavazzoni (co-founder e presidente di Goodland) e di Guido Tommasi, capitano della casa editrice che porta il suo nome. Obiettivo: formare una nuova generazione di comunicatori professionisti. “Che sappiano trasmettere un messaggio più persuasivo e convincente. Per far capire a chi deve comprare un prodotto e a chi sta cenando in un ristorante che non sta solo riempiendosi la pancia. Ma che si sta anche relazionando con una divinità, con la storia, con l’arte”, Donà docet.
Un master multitasking, aperto ai laureati in ogni disciplina. Una sezione aurea, pronta ad eleggere a segmenti il food & wine, grazie a 360 ore di lezione; 60 ore di laboratorio; 6 uscite didattiche; e 300 ore di stage all’interno di aziende del settore agroalimentare. In un sinergico dialogo fra attività didattiche e pratiche.
Le lezioni si tengono il venerdì e il sabato (dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18) presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Le domande di ammissione terminano il 24 gennaio e il master ha inizio il 14 febbraio 2020. Per informazioni e iscrizioni: segreteria.master@unisr.it e filosofia.cibovino@unisr.it
Foto del professor Massimo Donà by Thorsten Stobbe
Foto di Petra - Molino Quaglia by Enrica Guariento
Video regia di Enrica Guariento