“Pizzeria”, recita l’insegna gialla e rossa. E accanto appare “Friggitoria”, giusto per non dimenticare gli inizi di un'avventura che prende il via nel 1993. Sempre qui, in via Anzani 3, a Milano. Pochi metri quadrati al pianterreno, pizza napoletana d’asporto e con lei arancini, crocchè, frittatine e montanare. Così nacque La Taverna, come piccola bottega “street food” anni Novanta, per volere di Antonio Iannaco, padre dell’attuale patron Davide.
Una storia di famiglia che prosegue da 25 anni. E celebra un quarto di secolo fatto di passione, pazienza e dedizione. Di partenze e di traguardi. Raggiunti passo dopo passo, grazie a una caparbietà mista a una buona dose di visionarietà. Il che significa crescere piano piano, con sapienza e fermezza. Puntando sulla qualità della materia prima e tenendo fede al crisma (e al carisma) napoletano della pizza: cornicione alto, ingredienti capaci di onorare il made in Italy, massima fragranza, impasto in equilibrio fra morbidezza e croccantezza e cottura in forno a legna. Anzi, in ben due forni a legna. Posizionati uno davanti all’altro. Al piano terra. Mentre sotto si svela la grande sala dalle volte in mattoni. Fra tovaglie a quadrettoni, icone partenopee sparse qua e là e l’onnipresente presepe. Dov’è possibile riconoscere una riproduzione in miniatura della pizzeria stessa. Che nel frattempo ha visto nascere due sorelle: L’Altra Taverna (di via Cadore) e La Taverna Gourmet (di via Maffei), l’espressione “da degustazione” di mister Iannico. Che - in un locale entrato ufficialmente a far parte dei Petra Selected Partners - dà voce all’estro creativo del resident chef Leonardo Giannico e alla sapienza del maestro pizzaiolo Vincenzo Masi.
Vincenzo che si è fatto le ossa alla Taverna, con Raffaele Capaccio, Graziano Muscari e Pietro Giordano. Ancora presente, insieme al collega Ivan Cuscè. Perché la squadra è importante, così come l’immagine, curata dall’interior designer Silvia Barbato, moglie di Davide. Che per il venticinquesimo anniversario ha in programma di stupire ospiti e fedelissimi clienti con qualche gradita sorpresa. E con un menu che inanella ben 25 pizze. Sì, tutte insieme in carta (almeno per qualche mese). Per un tuffo nella memoria. E per un percorso che va dalla campagna al mare, eleggendo impasti realizzati con le farine Petra: Special e Petra 9, l’integrale “tuttograno” di Molino Quaglia.
Fra i cult? La “Partenopea”, con fiordilatte, salsiccia e friarielli saltati con aglio e peperoncino.
E ancora, la “Totonna”: con mozzarella di bufala del caseificio Prati del Volturno, pomodorini datterini, basilico ed extravergine d’oliva.
La “Basentana”, con pomodoro San Marzano, stracciatella di Barletta e ’nduja. La cui la piccantezza viene stemperata dalla delicatezza del latticino.
La “Mediterranea”, con pomodorini gialli, provola affumicata, alici di Sciacca e origano.
E poi la “Irpina”, summa di crema di ricotta, broccoletti, provola affumicata e salsiccia napoletana.
Non dimenticando la “Vegetariana”, omaggio all’orto che predilige crema di zucca e spinacino. Complici provola affumicata e granella di mandorle armelline.
Mentre la “Gorgo” si divide fra nord e sud, pescando gorgonzola, noci, capocollo e pepe.
E la “Mortazza”? Unisce Bologna e la Sicilia, fra mortadella, fiordilatte, scaglie di provolone e granella di pistacchi.
Puglia ed Emilia sono invece linkati nella pizza “Crudo e Stracciatella”: un prosciutto di Parma (di 18 mesi) il primo e una delizia di Barletta la seconda.
Prosciutto di Parma che torna, insieme al parmigiano reggiano e alla rucola, in un’altra pizza must quale la “Taverna”.
E se “Margherita” e “Marinara” non mancano certo all’appello, nella lista si fanno notare pure le “Sfiziose”, con il bordo ripieno di ricotta. Per un sapore senza confini.
Una curiosità: nella serata dei festeggiamenti, la torta di compleanno, griffata Ernst Knam, aveva la forma di pizza. Naturalmente.