Compie vent’anni di docg il Gavi, il grande bianco piemontese che nasce nella terra di mezzo fra Liguria e Lombardia. Fra mare e pianura. Su colline nutrite di ghiaie, argille, marne e arenarie. E nutrite pure di boschi di querce e robinie. Terre di mezzo. Sfiorate dal vento marino e dalla neve dell’Appennino. “Da noi si lasciano le nebbie e si scorgono i cieli”, dice Davide Ferrarese, esperto tecnico e agronomo che collabora con il consorzio di tutela. Fondato nel 1993 - dunque venticinquenne - e da sempre pronto a promuovere, esortare e sostenere il vino fuoriclasse dell’Alessandrino.
Un bianco di tempra il Gavi. Un millennial a pieno titolo. Perché se vero è che la doc l’ha ottenuta nel 1974, è solo nel 1998 che ha conquistato il grado più elevato della denominazione di origine controllata a garantita. “Una denominazione millenaria”, precisa il presidente uscente Maurizio Montobbio (a fine aprile si svolgeranno le elezioni del nuovo direttivo). Quasi a dire un millennial millenario. Un ossimoro? Semplicemente un vino contemporaneo. Antico ma sempre al passo coi tempi. Classe 972: anno a cui risale il primo documento - conservato nell’Archivio di Stato di Genova - che attesta l’affitto di vigne a cittadini gaviesi.
Un vino nato per le corti genovesi, che ancor oggi sa mantenere intatta la sua notorietà. Un nettare local, global e social. Radicato nel suo territorio di origine, certo. Ma dal profilo assolutamente internazionale (è esportato in 70 Paesi) e dall’indiscutibile voglia di fare, dire, pensare, condividere e comunicare la sua forte e marcata indentità.
Cortese @tributo
“Nelle migliori esposizioni? Noi abbiamo piantato cortese”, puntualizza mister Ferrarese. Ricordando il privilegiato posizionamento dei vigneti di Gavi. Figlio delle sole uve cortese. Coltivate su 1.510 ettari dislocati fra i 180 e 450 metri di altitudine. Un purista, insomma. Amante della sostenibilità e della precisione. Prodotto in undici comuni della denominazione: Bosio (la cittadina più a sud), Capriata d’Orba, Carrosio, Francavilla Bisio, Gavi, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia e Tassarolo.
Un tipo puntiglioso ma multitasking. Come un vero millennial. Capace di essere fermo e frizzante, spumante e riserva. Per meglio adattarsi alle differenti esigenze di consumo. Camaleontico. Senza mai tradire se stesso. Giallo paglierino se giovane. Dorato più intenso se con qualche anno alle spalle. Brillante, scalpitante, energico e vigoroso se young. Più calmo, placido e serioso se senior. Ma pur sempre di grande eleganza e finezza.
Ebbene sì, è longevo il Gavi. Lo ha dimostrato a Milano, nella prima tappa dei festeggiamenti che, nel corso del 2018, accompagneranno i suoi primi 20 anni di docg. Un’occasione speciale per il consorzio. Una retrospettiva di dieci annate, dalla 2016 alla 2007, fiera di dimostrare il perfetto tenere il tempo dell’autorevole bianco piemontese. Un flashback panoramico. Dal momento che protagonista era una magnifica dozzina di cantine del territorio. Con tanto di mini verticali all’interno della maxi verticale. Vedi “Il Nostro Gavi” (millesimi 2009 e 2008) della Tenuta La Giustiniana; la “Vigna della Rovere Verde” Gavi Riserva (2013 e 2011) by La Mesma; e il “Volo” (2013 e 2010) dell’azienda agricola Morgassi Superiore.
Le altre attrici? La vitivinicole maison La Zerba, La Ghibellina, la Tenuta San Pietro, Broglia, Il Rocchin, il Castello di Tassarolo, La Chiara, il Marchese Luca Spinola e Villa Sparina. Ed è proprio il “Monterotondo” dei fratelli Moccagatta (Massimo, Stefano e Tiziana) vendemmia 2007 a dimostrare come un Gavi di dieci anni possa ancora essere in perfetta forma. Con una spina dorsale dritta e minerale.
E comunque sia, tutta degustazione conferma le aspettative. Quel Gavi che da imberbe solletica l’olfatto fra accenni agrumati e delicate nuance floreali e fruttate, con il riposo svela il suo nerbo. Facendosi pieno, profondo, sapido e complesso. Come un vero adulto sa essere. Senza mai perdere quel respiro fresco, scattante e volitivo che ne fanno un regale bianco.
#happygavi
Festeggia i suoi primi vent’anni la docg. “Ma il Gavi ha un grande futuro perché ha grandiosi produttori”, sostiene mister Montobbio. Mentre a Milano presenta i vini dell’annata 2017 e l’etichetta celebrativa. Quella che nel 2018 veste le bottiglie istituzionali (e globetrotter) del consorzio. Vivace e coloratissima. Pronta a raccontare, fra verniciature lucide e opache, l’azzurro del mare e il verde dei vigneti, i rossi e i bianchi delle terre e l’oro prezioso del vino. Un’etichetta variopinta, che succede a quella disegnata dall’illustratore Massimo Sardi e ispirata al mosaico - conservato nella città romana di Libarna - raffigurante il mito di Licurgo e Ambrosia.
Un anno importante per il Gavi. Che dal 15 al 17 aprile si presenta al Vinitaly (Padiglione 10, stand G3-2), proiettandosi già verso la fine di maggio. Quando, dal 25 al 27, va in scena Gavi for Arts: una tre giorni in cui il Forte di Gavi e l’area archeologica di Libarna divengono crocevia di cultura, enologia e agricoltura. Con tanto di “Premio Gavi La Buona Italia” a valorizzare le tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, economica e sociale), accendendo i riflettori su quelle filiere agroalimentari italiane capaci di aver integrato arte, italian style ed enoturismo.
Bisogna invece attendere l’ultima domenica di agosto (il 26, per la precisione) per la kermesse Di Gavi in Gavi. Un format pop e rock, che invita a conoscere il bianco alessandrino vagando nel borgo, di cantina in cantina, di evento in evento. Musicale, teatrale ed enogastronomico che sia. Perché qui, fra le colline, si celano pure tante prelibatezze: dalla focaccia alla farinata, dalla torta di riso ai canestrelli, dal miele al cioccolato, passando per i formaggi, la testa in cassetta, gli amaretti, i corzetti, le lasagne con gli stùbiaròi (fagioli borlotti) e i ravioli. Che vantano persino una ricetta ad hoc: messa a punto da Carletto Bergaglio, uno speziale, fondatore dell’Ordine Obertengo dei Cavalieri del Raviolo e del Gavi. Segni particolari? Un po’ di Gavi nella sfoglia e nel ripieno, insieme a polpa di maiale, salsiccia, collo di manzo, borragine, maggiorana, uova, burro, extravergine e parmigiano reggiano. Ravioli da servire “a culo nudo”, in scodella col vino oppure col “tocco” in più. Il tipico ragù di carne.