E dopo la pizza da degustazione, è in atto una nuova rivoluzione. Ma questa volta protagonista è il pane. Che da quotidiano, abituale, consueto e routinario diviene straordinario. Come? Indossando un bollino giallo. Segno indelebile di una garanzia... certificata bio. Per un prodotto dalla forte personalità. Anzi, con la carta di identità in bella mostra, radioso suggello d’eccellenza.
Un’illuminismo artigianale che, ancora una volta, parte dalla provincia padovana. Da Vighizzolo d’Este per la precisione, visto che è proprio Molino Quaglia il fautore “di un movimento virtuoso. Un’iniziativa di verità nei confronti del consumatore”, come dichiara Paolo Massobrio ("Personaggio dell'Anno" secondo il sondaggio di Italia a Tavola e recentemente insignito del Prix Multimedia da parte dell'Académie Internationale de la Gastronomie) sul palco dell'ultima edizione di Golosaria Padova. Dove il progetto Panepetra Bio ha fatto il suo debutto ufficiale. “Un progetto etico che nasce da un preciso modo di sentire”, spiega Chiara Quaglia, amministratore delegato dell’azienda. “Noi non ci consideriamo trasformatori di commodity, bensì interpreti di prodotti di alta qualità. Il nostro obiettivo è quello di mettere a disposizione di chi ci sceglie un pane portavoce di significati profondi. Quelli del rispetto per l’ambiente, la salute e le tradizioni”.
“Bio non equivale a migliore”, precisa Piero Gabrieli, direttore marketing del molino. “Vero è, però, che se sposiamo un modo di pensare bio, sposiamo anche un mondo di valori”. Da qui un bollino giallo in grado di condensare un messaggio ricco di senso. Perché bio è una mission, una riflessione, una visione che abbraccia coltivazione del grano, lavorazione, produzione e distribuzione della farina, nonché realizzazione finale del pane. Un’intera filiera, che va dal campo alla tavola, al fine di assicurare un prodotto buono, pulito, chiaro, trasparente e sostenibile. Infatti, il grano biologico cresce in terreni non lontani dal molino. Così come alle province di Padova, Rovigo e Venezia appartengono i sei panifici che hanno già aderito al progetto. Ossia, quelli che ci mettono la faccia, il cuore e pure la giusta formula. Come nel caso di Massimo Quaglia, titolare di Pane Quaglia a Sant’Urbano, a pochi chilometri dalla maison che porta il suo stesso cognome (ma attenzione, non li lega nessun grado di parentela). “Sono davvero orgoglioso di aver contribuito a mettere a punto le preparazioni. Una decina per il pane, più una per i biscotti e una per le torte”, racconta Massimo. Che ha dato una mano anche a elaborare e a codificare un modus operandi bio oriented. Per una serie di ricette capaci di valorizzare le bio farine del molino: la 1110, la 1111 e la 1119 (rispettivamente di tipo “0”, “1” e integrale) a cui si aggiungono la 1331 (di grano tenero germinato tipo “1”) e quella di farro monococco.
“Dobbiamo imparare a distinguerci”, aggiunge Davide Sivieri del Panificio Porzionato di Porto Viro, in provincia di Rovigo, nel bel mezzo del Polesine. “E dobbiamo farlo anche mettendo a punto grissini e affini, per ampliare l’offerta e renderla più intrigante. Dopotutto il lavoro del panificatore è nobilitante, appagante ed elegante. Siamo fornai pieni di energia, non di sonno”, aggiunge Davide. E Chiara Quaglia gli dà ragione: “Certo, non si deve mai pensare di subire il mercato. E con forza, coraggio e professionalità questi fornai lo hanno dimostrato, accettando la provocazione e mettendosi in gioco. Spero che tanti altri scelgano di aderire all’iniziativa. Non voglio che il mondo si trasformi in bio. Ma mi aspetto che cresca la sensibilità degli operatori del settore”.
Intanto, i lavori procedono. Anche grazie al tandem con un distributore illuminato come Sandro Benetti, pronto a incoraggiare gli artigiani persino sull’aspetto della comunicazione. Perché il pane bisogna saperlo fare ma pure ben raccontare. “E poi non ci si deve sentire concorrenti, ma parte di una stessa squadra. Perché insieme si fa qualità e si vince”, docet saggiamente Massimo Quaglia. E il team sta crescendo in sintonia. Tant’è che fra i sei moschettieri certificati bio ci sono pure Paolo Tono del panificio-pasticceria Dolce Camilla della padovana Ponte San Nicolò; Cesarino Fiamingo dell’omonimo panificio-pasticceria-bar di Fiesso D’Artico, in terra Serenissima; nonché Silvano e Michele Freo, padre e figlio, titolari di due (diversi) panifici in Padova city. “Sono quarant’anni che ho il panificio ma ora ho deciso di dare una svolta. Sono sicuro che questo sia il percorso corretto. Bisogna stare più vicini al consumatore, offrire maggiori garanzie”. dichiara Silvano. Papà di Michele, giovane e determinato, che dopo aver lavorato nel locale di famiglia ha ben pensato di percorrere la sua strada. Aprendo in via degli Zabarella, la più gourmet della città del Santo. “Ho frequentato il liceo artistico, poi mi sono appassionato agli impasti e ho iniziato con mio padre”, confessa . “Alla fine? Ho deciso di proseguire da solo, facendo tesoro degli errori e sfruttando al massimo la mia curiosità”. E anche personalità, visto che Freo junior è pure il sarto di alcuni pani serviti nella vicina Gourmetteria (basta provare gli hamburger per capirne la fragranza). “È capitato che mi chiedessero persino panini verdi, rossi e neri”, svela il versatile fornaio. Che anche nell’allestimento della vetrina fa attenzione al cromatismo dell’esposizione.
“Se le pizzerie sono riuscite a diventare luoghi dalla spiccata identità, ora va ai panifici il compito di fare il salto verso l'alto. Trasformandosi in spazi esperienziali”, suggerisce Paolo Massobrio.
La bakery revolution è iniziata.