I suoi piatti sanno raccontare mille e una storia. Sanno comunicare la fatica quotidiana di contadini e allevatori. Sanno trasmettere il calore dei masi. E fanno vedere le montagne. Gli ispettori della Guida Michelin 2018 (giunta alla sua 63esima edizione) non hanno avuto dubbi: è Norbert Niederkofler, capocordata del St. Hubertus di San Cassiano, il nuovo e nono tristellato d’Italia, all’interno dell’hotel Rosa Alpina. Un ristorante che deve il suo nome al santo protettore dei cacciatori. Ma Norbert ammette di avere alcune persone speciali che lo "sostengono". “Ringrazio mia mamma, che ha appena compiuto 90 anni. Ringrazio i miei compagni di squadra. Ringrazio mia moglie Cristina e i miei figli. E ringrazio la famiglia Pizzinini”, dichiara emozionato sul palco del Teatro Regio di Parma. Non dimenticando, nel momento topico dell’incoronazione, chi da sempre lo ha incoraggiato nella difficile ascesa all’olimpo della ristorazione.
Norbert e la montagna tristellata
“È il lavoro di una vita. Era il mio traguardo”, dice Norbert. Pronto a non fermarsi. Ma a ripartire per nuove avventure. Anche perché è lui il deus ex machina di Care’s - The ethical Chef Days, in calendario dal 14 al 17 gennaio in Alta Badia. Un appuntamento che fa focus sul recupero e la valorizzazione degli scarti. Nel proprio piccolo e su larga scala. In un’ottica di massima sostenibilità. Per altro da sempre perseguita da chef Niederkofler. Sotto il nome di Cook The Mountain, progetto che mette al centro la gastronomia montana: dolomitica e altoatesina. In una mission di filiera corta. Della serie, via libera ai soli prodotti del territorio. Ok al mirtillo rosso selvatico, alla fonduta di betulla e alla verbena odorosa, e stop agli agrumi come arance, limoni e mandarini. “Perché non sono autoctoni. Quindi quando penso una ricetta devo trovare un sostituto per creare acidità. E per questo lavoro sulla fermentazione, un’antica tecnica che è ritornata attuale e naturale”. Dunque, vicinanza come risorsa e non come limitazione. Del resto, la visionaria lungimiranza di un cuoco non si misura certo in chilometri.
Un terzetto da bis
Anzi, è proprio restando a San Cassiano che il firmamento brilla più che mai. Passa infatti da uno a due astri Michelin La Siriola, il ristorante di Ciasa Salares guidato dal ventottenne Matteo Metullio. Uno dei tre “promossi” al bis stellare. Gli fanno infatti compagnia Andrea Aprea del Vun del Park Hyatt di Milano e Alberto Faccani del Magnolia di Cesenatico. Per un cielo illuminatissimo: dalle Dolomiti al mare, passando per la città lombarda. Dove, ahimè, si spengono due stelle. Sì, perché le stelle, come le foglie, possono anche cadere. Ed è il caso di Claudio Sadler e di Carlo Cracco. Già impegnato (insieme a Lapo Elkann) nell’avventura meneghina di Garage Italia e prossimo all’apertura del suo headquarter in Galleria Vittorio Emanuele II. Meglio aspettare il trasloco, prima di sentenziare.
Da Tirolo a Telese Terme
Intanto, la bella Madonnina sorride alle novelle stelle. A Eugenio Boer e al suo Essenza; a Roberto Conti de Il Ristorante Trussardi alla Scala; a Matias Perdomo del Contraste. E allargando lo sguardo alla Lombardia, scende l’astro pure su Umberto De Martino e sul suo Florian Maison di San Paolo d’Argon; su Berton al Lago (di Como) e sul Villa Giulia di Gargnano, dove opera lo chef Maurizio Bufi. E in Piemonte? Arriva la stella ad Andrea Ribaldone, al timone dell’Osteria Arborina di La Morra, e ad Andrea Larossa di Alba. Tre new entry pure in Veneto. Che dà il benvenuto a Francesco Brutto dell’Undicesimo Vineria di Treviso, ad Alessio Longhini della Stube Gourmet di Asiago e al Glam di Venezia: affacciato su Canal Grande, posizionato all’interno del lussuoso Palazzo Venart e impreziosito dalla mano di Donato Ascani e dalla regia di Enrico Bartolini. Che raggiunge quota cinque star. Viste le due stelle al Mudec di Milano, quella al Casual di Bergamo Alta e quella alla Trattoria che porta il suo nome… nell’incanto de L’Andana maremmana. Enrico che celebra con un jovanottiano Gimme Five pure l’apertura del suo quinto ristorante, all’interno del bolognese Fico: Cinque, per l’appunto. Annunciando il debutto in libreria della sua prima autobiografia: Enrico Bartolini. Classico Contemporaneo, edito da 24 Ore Cultura.
Ma non finisce qua. Perché le nuove stelle sono in tutto ventidue. E se a Tirolo, in Alto Adige, viene laureato Manfred Kofler con la sua (e del fratello Stefan) Culinaria im Farmerkreuz, la Toscana tiene il passo e premia Antonio Sparacino del Cum Quibus di San Gimignano; Marcello Corrado dell’Osteria Perillà di Castiglione d’Orcia e Fabrizio Borraccino del Poggio Rosso di Castelnuovo Berardenga. E la città eterna? Anche Roma si accende e incorona Adriano Baldassarre del Tordomatto, Riccardo Di Giacinto dell’insegna All’Oro e Fabio Ciervo de La Terrazza. Intanto, in Abruzzo fa sentire la sua voce Davide Pezzuto del D.one, il ristorante diffuso a Montepagano (nel Teramano); e la Campania irraggia Christophe Bob de Il Refettorio di Conca dei Marini, Luigi Tramontano de La Serra di Positano e Luciano Villani de La Locanda del Borgo, oasi gourmet dell’Aquapetra Resort & Spa di Telese Terme.
Astri speciali
Ricapitolando. Sono 26 le novità, con un nuovo tre stelle, un tris di neo bistellati e 22 new entry. La curiosità? Che il 30% dei ristoranti sono guidati da giovani under 35 e che fra questi ve ne sono quattro con un’età uguale o inferiore ai 30 anni. L’Italia conta in toto 356 ristoranti stellati (306 monostellati, 41 bistellati e 9 tristellati). E poi? Ci sono i premi speciali, offerti da Lavazza, da Eberhard & Co. (maison svizzera di alta orologeria) e da Coppini Arte Olearia. E così è Alessio Longhini dell’asiaghese Stube Gourmet il “Giovane Chef Michelin 2018”. Lui, classe 1988, che - dopo un’esperienza al Met di Venezia da Corrado Fasolato e un’altra nel regno di Niederkofler - torna alle sue origini, crea il suo piccolo mondo e contamina la montagna con qualche nuance asiatica. Va invece Al Gambero di Calvisano, nel Bresciano, il riconoscimento “Qualità nel Tempo Michelin 2018”. Motivazione? Quella di essere una delle stelle più longeve del firmamento (anno di accensione 1989), alimentata dalla famiglia Gavazzi, che da quattro generazioni si confronta con la qualità assoluta. Della serie, solidità, passione e serietà. Va infine al Meo Modo di Chiusdino (nel Senese) il premio “Servizio di Sala Michelin 2018”. Il perché è presto detto: a pochi minuti dai resti dell’Abbazia di San Galgano e da una reale spada nella roccia, ci si sente come i cavalieri della Tavola Rotonda.
Si dovrà invece attendere il prossimo 26 marzo per scoprire il “Premio Speciale Chef Donna Michelin 2018”, in occasione dell’Atelier des Grandes Dames griffato Veuve Cliquot. Per il tributo tutto rosa della Rossa.