Un’edizione radiosa quella del Festival Franciacorta d’Estate. “Lo vedi dal sorriso che tutti hanno sulle labbra”, mi fa notare Gigi Nembrini di Corte Fusia, maison di Coccaglio che produce vini figli del Monte Orfano. Raccogliendo le uve dai vigneti posti sia ai suoi piedi sia in uno dei punti più alti. Ha ragione Gigi. Tutti sono felici. Giovani, giovanissimi e meno giovani. Tutti baciati dal sole. Che domenica 18 giugno ha allagato lo splendido parco di Palazzo Monti della Corte di Nigoline di Corte Franca. Animato da un pubblico attento, curioso, interessato, rilassato, divertito. Entrato per il brunch picnic, per l’aperitivo, per la festa finale, oppure rimasto all day long. In piedi, seduto sui comodi divani country-chic, sdraiato sui plaid rossi in vendita all’ingresso. Per un déjeuner sur l’herbe alla maniera di Manet. Ma con calice di Franciacorta fra le dita.
Oltre cinquanta le cantine presenti. Tutte facenti parte del Consorzio (presieduto da Vittorio Moretti) e della Strada del Franciacorta, guidata dalla presidente Lucia Barzanò, patronne del Mosnel. Per un lungo banco d’assaggio che andava da Elisabetta Abrami a Villa Franciacorta, da Guido Berlucchi a Villa Crespia, da La Montina a Ugo Vezzoli. Non dimenticando una distilleria come Borgo Antico San Vitale e la sua acquavite di castagne. Per un incontro ravvicinato (e raffinato) fra la grappa franciacortina e i frutti col riccio della vicina Valle Camonica.
Insomma, territorio. Anche sulla pizza, firmata Corrado Scaglione dell’Enosteria Lipen di Triuggio. Che, accanto alla più classica Margherita, ha osato con il genius loci, proponendo un impasto di Petra 1 e “Unica” (la 5037 by Molino Quaglia) con fiordilatte, bagòss, salamino e fiocchetto di Franciacorta. “Ho preparato impasti per 1.400 pizze”, mi confida al mattino Corrado. E intanto si forma la coda davanti alla sua postazione. Risultato? Ore 20.30, pizze terminate. Un successo annunciato. Spiegato anche dalla grande professionalità di Scaglione. “Sono un giovane ragazzo di 51 anni che voleva fare il cuoco e ha scelto di diventare pizzaiolo”, spiega orgoglioso durante il laboratorio pomeridiano sul tema della pizza napoletana. Ossia quella in cui lui si è specializzato. Svelandone segreti, aneddoti e virtù. Sfatando certi falsi miti. E ricordando la vitale emozionalità del lievito madre. Perché, spesso, impastando s’impara.
Terra, terra… e acqua dolce. Pure nei piatti. Insieme a un pizzico di visionaria genialità. Vedi l’anguilla psichedelica di mister Stefano Cerveni del Due Colombe di Borgonato di Corte Franca (e pure del Vista Darsena e della Terrazza Triennale - Osteria con Vista di Milano). “Pare artificiale e invece è assolutamente naturale”, spiega Cerveni. Sì, perché l’anguilla di Monte Isola viene cotta a bassa temperatura in una centrifuga di barbabietola e aceto, per poi sposare il succo di cottura (ridotto), una cialda di riso croccante, la clorofilla di prezzemolo e le salse di peperoni gialli e rossi. Effetto ipnotico garantito. Un trompe l’œil per occhio e palato. Che scopre l’acido, il dolce, l’amaro, il sapido, ma non il piccante. Come invece farebbe intendere la pietanza a un primo sguardo.
E la tinca? Come poteva mancare? “Lei è il pollo del Lago d’Iseo”, commenta ironicamente Ennio Zanoletti dell’Hostaria Uva Rara di Monticelli Brusati, ricordando l’uso di farcire (con pangrattato, burro, grana padano e aromi vari) il buon pesce lacustre, quasi fosse un animale da cortile. Ennio, che con la tinca ripiena ci fa il ripieno: di grandi ravioli tondi dalla pasta sottilissima, conditi da burro di malga e formaggella camuna. Mentre Andrea Martinelli della Trattoria del Muliner di Clusane la trasforma in street food: stuzzichino con zoccolino di polenta. “E al ristorante la facciamo anche in versione sandwich, con la tinca all’esterno, in sostituzione del pane, e il ripieno al centro”, racconta Mauro Begni, socio di Andrea in una trattoria in costante evoluzione.
Poi, ancora lago. In versione bottarga (di lavarello), a nevicare sugli spaghetti trafilati al bronzo con spuma d’aglio e olio del Sebino by Attilio Bernacchini del ristorante Bella Iseo; a piovere su una sfoglia all’uovo ripiena su vellutata di zucchine by Fausto Peci dell’Albergo Rosa d’Iseo. Sarda fortissimamente sarda per Alessandro Cappotto di Villa Calini di Coccaglio (fritta in crosta con lattuga di mare e cialda di riso venere). E sarda di Monte Isola (Presidio Slow Food) per il Picnic sul Lago di Vittorio Fusari del meneghino Pont de Ferr e per Piercarlo Zanotti della Cucina San Francesco del Cappuccini Resort di Cologne. Che la trasforma in brunoise, per posizionarla al top di un éclair all’olio extravergine con fonduta di formaggella della Val Sabbia. Giusto a ricreare la spumosa idea della crema. Un’interpretazione salata dell’oblunga pâte à choux francese. Così come Fabrizio Albini de milanese The Stage rileggeva il krapfen, sublimandolo in una pasta fermentata preziosa e golosa di cavolo cappuccio, blu di malga, rafano e speck.
E la carne? Voilà l’indigeno manzo all’olio. Cucinato secondo i canoni classici, con polenta a corredo, da Alberto Bittu e Giuliano Zambelli della Trattoria del Gallo di Rovato, e rivisto in chiave contemporanea ed essenziale da Marco Acquaroli della Dispensa Pani e Vini di Torbiato di Adro: cotto a 62°C per 24 ore, complici aglio, prezzemolo e polenta… sì, ma in chips. Per far dialogare tenerezza (della carne, taglio cappello del prete) e massima croccantezza. Ragù di faraona (a completare un risotto al Franciacorta e tartufo estivo) invece per Beppe Maffioli del Carlo Magno di Collebeato, e pancetta di maialino laccata con ketchup di albicocche per Fabio Abbattista del LeoneFelice e del VistaLago Bistrò di Erbusco. Presentata però come un tacos… di lattuga. Da pescare e mangiare rigorosamente con le mani. Così come il panino con la salamella della Norcineria Polastri Macèlér (sempre di Torbiato) nonché le delizie casearie di Cascina La Benedetta di Ponte Cingoli. Mentre col cucchiaio si assaporava la tiepida pasta (griffata dal pisano pastificio Martelli) e fagioli cannellini, pomodorini, basilico e olio dell’orto del Terzo Paradiso targata Maurizio Rossi dell’Osteria della Villetta di Palazzolo sull’Oglio. Per una pietanza dall’allure tosco-bresciana.
A chiosa: caffè by Nespresso, of course. Fiero di presentare (sotto il sole) le nuovissime versioni on the rocks e on the go: Intenso on Ice e Leggero On Ice. Per una cold coffee experience. Piacevolmente rinfrescante al pari dei gelati by Meì di Sarnico. Proposti nei gusti lampone, mango, ananas e zenzero, limone e mentuccia e… ciliegie e bollicine. Naturalmente.
L'appuntamento ora è a settembre, per il Festival Franciacorta in Cantina.