Slitta e pelliccia. Sono i due iconici elementi alpini ad accogliere l’ospite all’ingresso del Grand Hotel Royal e Golf. Nel cuore di Courmayeur. In prima linea sulla pedonale via Roma. “Il nostro è un albergo aperto alla città. Anzi, in costante dialogo con la cittadina”, precisa Veronica Revel Chion, general manager della lussuosa struttura a cinque stelle. La più antica della Valle d’Aosta. “E questa parete rocciosa emula quella del Dente del Gigante, la celebre vetta facente parte del Massiccio del Monte Bianco. Fino a qualche tempo fa, ogni Ferragosto, alla Festa delle Guide Alpine, si dava il via a una vera e propria arrampicata lungo questo lato dell’hotel”, continua Veronica, guardando all’insù e indicando la facciata più verticale, vertiginosa e spigolosa dell’edificio. Esistente dal 1854.
Un albergo storico, dunque. Eppur contemporaneo. In stile montano? Ovvio. “Ma ci si è anche ispirati alle celebri navi di lusso. Vedi le porte interne, contraddistinte dagli oblò”, prosegue la general manager. Poi, una volta entrati nell’ampia hall è il legno a far sentire la sua presenza. Legno di rovere esausto. Che, unito a tappeti, pelli, tessuti caldi e corna di cervo rigorosamente caduche, infonde un senso di rassicurante avvolgenza. “Questo è il nostro salotto. Ma è anche il salotto culturale di Courmayeur”, continua madame Revel Chion presentando la fascinosa e dinamica Lounge. Animata da divani, poltrone, pouf, pianoforte e bancone bar. Un’oasi dove far colazione e merenda. Dove concedersi uno snack, un veloce lunch e un aperitivo di classe. Anche - quando è bel tempo - nel bucolico garden che incornicia la struttura.
Sì, perché il grand hotel è grande dentro ma pure fuori. E subito all’ingresso campeggia il parterre griffato Ferrari. Una comfort zone che in inverno sublima in après-ski. Una lounge outdoor dall’allure conviviale. Pensata per sorseggiare buone bollicine (ma non solo) con fumanti piatti di polenta e salsiccia.
Dall’altro lato, sull’intima piazza Petigax, si svela invece il parterre targato Bellavista. Altra area après-ski, con annessa torre medievale: la Tour Royale, risalente al Duecento, appartenuta ai signori Malluquin e passata (dal XV al XVIII secolo) alla famiglia D’Avise. Una torre a pianta quadrata, scandita in sette piani, suddivisi da solai in legno. Un luogo di charme, perfetto per un aperitivo esclusivo o per un private dinner. Con live cooking dedicato.
Poco più in là, la piscina riscaldata (pure in inverno), la palestra e la sauna a legna. Il tutto con vista sul Mont Blanc, naturalmente.
“Anche tutte le camere e suite si affacciano sul Massiccio del Monte Bianco o sul Mont Crammont. Nessuna guarda la strada”, puntualizza Veronica. Orgogliosa dell’albergo che dirige. Dove hanno soggiornato persino la regina Margherita di Savoia e l’illustre poeta Giosuè Carducci.
Raffinate le 86 room. Nelle quali spicca una ricercata linea cortesia: i Fitocosmetici di Montagna, dalle nuance aromatiche, firmati dal Dottor. Nicola Farmacista. Segni particolari? Sapone, shampoo e balsamo sono arricchiti da miele, timo, calendula, issopo e imperatoria. Sì, la stessa erba officinale che lo chef Paolo Griffa raccoglie e utilizza nella cucina del Petit Royal.
Un benessere olistico, da sperimentare pure nella Spa Royal. Ritmata da sauna, bagno turco, tisaneria e room per massaggi tonificanti e rigeneranti. Anche per le coppie. Complice la linea cosmetica parigina Gemology. Lozioni, detergenti, maschere, mousse, oli e sieri antiage che utilizzano gemme preziose - virtuose di oligoelementi - quali diamante e zaffiro, quarzo rosa e ambra blu, ametista e diaspro rosso, opale e rubino.
Alfieri del buon cibo si nasce
“A me la vita d’albergo piace molto. Perché l’hotel è la struttura che ti consente di esprimerti al massimo. Dal toast al piatto gourmet”, dice Andrea Alfieri, un Ambasciatore del Gusto e uno chef Chic, ormai da tempo alla guida del ristorante Grand Royal, del nuovo Bistrot e anche dell’intera l’offerta gastronomica (salata) del Lounge Bar.
Al suo fianco: la sous-chef Roberta Zulian, anch’essa finalista - come Griffa - del Bocuse d’Or Italia nel 2017. Mentre la moglie Samantha Serafini coordina la sala e Michele Toriello si occupa dei vini.
Un team coeso, pronto a lavorare alacremente e attentamente. Per servire la spettacolare sala del Grand Royal: progettata da Gio Ponti, allagata dalla luce, coronata da ariose vetrate (nonché da una terrazza panoramica) e caratterizzata da un soffitto a grandi onde. Una sala da pranzo (e da cena) in grande stile, aperta anche agli ospiti esterni. Curiosi di provare i piatti di uno chef di talento come Alfieri: classe 1974, origini milanesi e un curriculum punteggiato da esperienze alpine. Basta assaporare le sue pietanze per capire che lui la montagna la conosce, eccome. E conoscendola, sa saggiamente - ma anche coraggiosamente - giocare con i suoi cult. Rinvigoriti da una solare brezza mediterranea e cosmopolita.
La carta è poliedrica. Due menu degustazione, uno intitolato al territorio e l’altro alla stagione; e una serie di vivande che variano di giorno in giorno. Seguendo il mercato e l’estro del cuoco. Per non annoiare mai il commensale. Che nel ceviche di trota salmonata con uova di trota, avocado, frutta e verdure in agrodolce ritrova la regione valdostana, innervata da un’eco peruviana. Piccantezza minima. Piacevolissima.
E per chi ama il funghi? Zuppetta di porcini e patate, lumache in crosta di polenta, cipollotto alla brace e verdissima spugna di prezzemolo. Un bel giro nel sottobosco dalle nuance umami. Ma anche tutta la confortevole certezza di un piatto da consumare col cucchiaio. Nel calice? Il “4478 Nobleffervescence” de La Crotta di Vegneron, cooperativa agricola di Chambave. Un metodo classico figlio del pinot nero in purezza, di un unico vigneto a 750 metri d’altezza.
Più audace la scaloppa di foie gras. Sposata con il gambero di Porto Santo Spirito, pan brioche e pesche noci al Marsala. La profondità del mare unita alla fondente aristocrazia della terra.
Mare, profumo di mare anche nei ravioli agli asparagi con guazzetto di cozze e vongole, pomodori canditi e bottarga. In tandem: il Pouilly - Fumé 2015 de Ladoucette, rinomata maison della Loira. Un sauvignon elitario, dalle sfumature floreali ed erbacee, ma anche agrumate e minerali.
Poi? Un cavallo di battaglia. Non proprio di Andrea, ma della sous-chef Roberta: spaghettone Monograno Felicetti al burro di montagna, cenere (di cipolle), parmigiano reggiano riserva e crema di nocciole. Quando la classica “pasta al burro” sublima in una delizia dalla verve matura e dal carattere ben definito. Ideale se accompagnata dal rubino Mayolet (année 2016): autoctono vitigno ben interpretato dal Feudo di San Maurizio, a Sarre.
Per secondo? Un salmerino che sogna di andare in Cina: salmerino alpino in oliocottura, crema di aglio orsino, patate di montagna e pak choi. La delicatezza e il vigore. Pronti a incontrare lo “Chardonnay Cuvée Bois” 2016 by Les Crêtes: fitto, intenso, armonioso. Un vino dalla spiccata personalità, che conosce una fermentazione in barrique di rovere francese (tostate a fuoco vivo) e un affinamento sur lies.
Invece, per i discepoli della selvaggina, cervo (o cinghiale), rabarbaro, ravanelli, rape rosse e ciliegie. La forza e la gentilezza. Esaltate da un vino di nerbo come il “Magari” 2013, ossia il taglio bordolese (merlot, cabernet sauvignon e cabernet franc) secondo Ca’ Marcanda, roccaforte toscana di Angelo Gaja.
Il carrello dei dessert entra in sala. Non torte da tagliare. Bensì monoporzioni da non dividere con nessuno. Tanto finirle è semplice, vista la loro evanescente leggerezza. A crearle? La pastry chef dai natali ragusani (di Vittoria, per la precisione) Titti Traina: formazione rigorosa ad Alma, un poker di anni da Marco Sacco al Piccolo Lago di Mergozzo, un volo per Dubai e ora nel dolce reparto del grand hotel cormaiorese. Tiramisù reloaded, rocher di pesca, paris-brest alla nocciola, mousse di fragola, litchi e rosa sfilano. E l’imbarazzo della scelta sale.
Instancabile e inarrestabile Titti. Che prepara pure il pane (bianco e integrale), nonché tutta la collection del breakfast, che va in scena sempre al Grand Royal. Spaziando dalle torte alle crostate, dalle brioche alle veneziane colme di crema pasticcera, dai fagottini alle trecce, dai muffin al pan au chocolat. Animando un regale buffet che dispensa diverse varietà di miele e confetture.
Cervo, polenta e fontina
Diversa la proposta del Bistrot. Elogio gourmand alla Valle d’Aosta. Sin dalla scenografia, dove si svelano un vecchio melo e sedute incoronate da corna caduche di cervo. Tant’è che accomodarsi a tavola significa quasi lasciarsi catturare da silvane atmosfere. Il resto lo fanno i piatti forti della tradizione. Pervasi dalla moderna eleganza alfieriana. Per una cucina regionale dal respiro leggero e contemporaneo.
Quindi? Polenta, fonduta di fontina, porcini e perlage al tartufo. Ma anche la caleidoscopica trota salmonata affumicata con misticanza, frutti di bosco e pesche noci. Una pietanza arcobaleno. Ottima in combo col Ruinart Rosé, ma anche con il “Cristal” 2004 by Louis Roederer, Champagne di assoluta armonia. Un must dell’enologia.
In alternativa? Magatello di fassona con salsa tonnata, cucunci, germogli, crostini di pane e jus di vitello. “Il tonno lo cuocio con la carne. E la salsa la preparo senza maionese. Solo con rossi d’uovo, acciughe e capperi”, spiega Andrea. Che dà vita a una sauce molto più terragna che marina. Nel bicchiere: il sauvignon blanc “Vieris” 2015 delle Vie di Romans. Un friulano dal tono giallo dorato e dal temperamento deciso.
A seguire, tagliatelle wild: al pino mugo con ragù di selvaggina, mirtilli e riduzione di vino rosso. Una portata profonda, virile e tonica. Tenuta a bada dal non filtré “Le Prisonnier" by Anselmet, cave di Villeneuve. Petit rouge, cornalin, fumin e mayolet a rincorrersi senza briglie.
Poi? Potrebbe giungere lui: il risotto (il carnaroli di Riso Buono) con prezzemolo, lumache in umido e crema di seirass, latticino dalla serica texture. In pairing: il riesling grand cru “Saering” 2014 dei Domaines Schlumberger. Un alsaziano limpido e luminoso, ma dalla spalla robusta e schietta.
Andrea va. Dalla campagna alla montagna, dal mare al torrente. Pescando il salmerino o la trota. E presentandoli al burro, salvia e vino bianco. Con corredo di verdure (asparagi, porri, patate, zucchine e sedano rapa) al timo. Dialogo scorrevole con “Al Mister” 2016 (sauvignon blanc e viogner) by La Plantze, cantina guidata da Henri, figlio di Giorgio Anselmet.
Intanto, il cervo fa il suo ritorno. In civet, con l’inseparabile polenta. Il tutto servito nel padellino. “Lucente” 2014 dell’ilcinese Luce della Vite è il suo vino: summa di merlot e sangiovese fuori dai canoni.
Chiudono le ghiotte opere di Titti: frangipane ai mirtilli e meringa bruciata; torta della nonna con crema e pinoli; torta di mele, crumble e cannella. Con piccola pasticceria in processione: gelatina ai frutti rossi; sablé e cioccolatino fondente-frizzante alla fava tonka. A strizzare l’occhio: il cristallino e fragrante “Chambave Muscat Flétri” 2014 di Le Vrilles, azienda di Verrayes.
Mocetta e cocktail in salotto
Titti. Che si occupa pure di tutta la parte dolce del Lounge Bar. Allietata da tè e infusi preziosi, come l’agrumata tisana du roy. Mentre ai piatti e alle sfiziosità ci pensa Alfieri. Certo. In questo salotto dal mood contemporary alpine si può assaporare la buona cucina di Andrea accomodati sui divani. Risotto al vino rosso con mirtilli selvatici e finferli trifolati al timo; pizza con fontina, mocetta e lardo al pepe; royal hamburger, club sandwich e persino hot dog con würstel bio al vapore, maionese ai grani di senape, insalata di cavolo all’agro, cumino e mele verdi.
E per l’aperitivo? Bignè alla mousse di tonno; cialda di mais con seriass alle spezie; quiche di zucchine; salame nostrano e fontina; frollini salati e sablé alle olive e spuma di prosciutto. Felici in compagnia di un cocktail quale “Il Conte Titta”, twist sul Negroni intitolato allo storico titolare dell’hotel. Nel tumbler: bitter Martini, vermouth Antica Torino e Genepy. Il noto distillato di artemisia che in Valle d’Aosta è un vero caposaldo. Come quello della Distilleria Alpe di Hône e quello delle distillerie St.Rock di Quart. Ma ci sono pure i gin plasmati dal genius loci: Acqueverdi by La Valdôtaine (di Saint Marcel) e Gin Glacialis by Levi (sempre a Quart).
“Qui noi rendiamo onore al territorio, alla storia e al futuro. Proponiamo i grandi classici, ma pure qualche novità. Seguendo l’essenzialità e senza mai essere enciclopedici”, spiega il bartender Lorenzo Andreoni. Mentre mette a segno lo zero alcol “Summer Royal”: cedrata Tassoni, spremuta di pompelmo e lime e homemade spicy syrup. “Un signature nato da un errore. Nella preparazione ci sono scappati anice stellato, cannella, noce moscata, finocchietto e peperoncino. E allora? Li abbiamo integrati nel drink”, continua il barman. “Magari il prossimo sherbet lo faremo con le erbe autoctone”.
Delizie bestiali
Una curiosità. Nella bella lounge (o direttamente in camera) possono banchettare anche gli amici a quattro zampe. Grazie ad alcune prelibatezze pensate per loro. Vedi le polpettine di coniglio, la tartare di fassona, il riso artemide all’inglese, il merluzzo al vapore con le verdure e i biscottini ricchi di fibre e vitamine.
Adrenalina ad alta quota
Buon gusto, benessere e relax al Grand Hotel Royal e Golf. Ma anche esperienze ad alto tasso di velocità e vertigine. La Driving School - in località Entrèves - consente infatti di cimentarsi nella guida su ghiaccio, su neve, su asfalto bagnato e in notturna, grazie a una pista dotata di un impianto d’innevamento, d’irrigazione e d’illuminazione. Il tutto completato da una seconda pista di karting.
E per sentirsi in paradiso? C’è lo Skyway Monte Bianco. Non una semplice funivia che conduce a 3.466 metri. Bensì un vero e proprio modo per avvicinare l’uomo alla montagna, al cielo e agli orizzonti infiniti.
Foto di Paolo Picciotto e di Davide Dutto