Celebra. La passione, la pazienza, la perseveranza. Nel credere nella famiglia, nel genius loci e in un metodo. Che poi è un rituale, un modo di pensare e di fare vino: il Franciacorta. Dapprima doc (nel 1967) e finalmente docg (nel 1995). Celebra. Una partenza e una serie di risultati raggiunti. Con sacrificio, determinazione e puntiglio. Celebra. Anni trascorsi nella stessa casa, che ha le radici affondate in suoli morenici, fertili e generosi. A Monticelli Brusati, nell’estremo nord est della terra franciacortina, La Montina celebra un nuovo nato. Restando sempre lì, a ridosso della boscosa Val Mugnina. E inseguendo il Lago d’Iseo.
Settantadue ettari vitati in toto (di cui 14 di proprietà), dislocati in sette comuni della Franciacorta. Per un puzzle di terroir diversi. A fondarla, il 28 aprile 1987, i tre fratelli Bozza: Vittorio, Gian Carlo e Alberto. Anche se è nel 1982 che le tenute vengono acquistate. Inclusa la seicentesca casa padronale - oggi Villa Baiana - appartenuta a Benedetto Montini, avo di Paolo VI, assurto a santo, grazie alla recentissima canonizzazione. Un cognome importante, da cui il toponimo La Montina, rimasto inalterato. E rimasto costantemente legato alla Chiesa, visto che qui ci furono pure le monache dorotee, dalle quali i Bozza acquisirono la proprietà.
Un senso di devozione che ha lasciato persino un segno: la statua - ricavata da un unico tronco di castagno - di Papa Montini, posizionata nella cantina di quasi 7.500 metri quadrati. Completamente interrata nella collina e assolutamente aperta al pubblico. Da sempre. Anche nel weekend. In un percorso che si snoda fra bottiglie, botti e pupitre. Non dimenticando tasting e passaggio nel wine shop, nonché la visita a Villa Baiana e alla sala delle esposizioni temporanee del Museo d’Arte Contemporanea Remo Bianco. Fra gli hightlights? Il torchio verticale marmonier: una pressa disegnata e realizzata da artigiani bresciani (nel 1999) fiera di richiamare il concetto di pigiatura soffice.
Ed è proprio grazie alla delicatissima spremitura delle uve (chardonnay e pinot nero) attraverso questo speciale torchio che nasce “Quor 2910”. L’ultimo “figlio” della Montina. Che celebra il tempo, l’attesa e la sorpresa. Di ritrovare fra i cassetti le lettere di Fioravante Antonio (per tutti nonno Fiore) indirizzate a Vittoria Gaia (nonna Gina). Carteggi pieni d’amore, e pure di qualche errore: “Ho tanta voglia di abbracciarti. Te e i nostri amati figli, siete sempre nel mio quor”. Un Franciacorta che fa un passaggio in legno e che riposa sui lieviti per ben 2.910 giorni. Ossia 95 mesi. Ovvero otto anni. Un extra brut di nerbo, dorato, intenso, avvolgente, sapido e suadente al palato. Mentre al naso rivela nuance di frutta tropicale, agrumi e vaniglia. Un nettare strutturato, eppur fresco e brillante. Come la sua etichetta perlacea, che rivela al cuore una scritta “a mano”, a ricordare la calligrafia di nonno Fiore. I cui nipoti Michele e Daniele, rispettivamente export & marketing manager e sales area manager, contribuiscono al buon andamento aziendale.
Una tensione alla freschezza che è un po’ la cifra stilistica della Montina. Orgogliosa di regalare Franciacorta longevi, tenaci e temerari. Che non perdono smalto con l’andar del tempo. Mantenendo mineralità e acidità. “È il coraggio di saper aspettare”, commenta il sommelier Nicola Bonera durante una degustazione speciale. Che ha eletto ad attrici due tipologie - il Satèn e il Brut Millesimato -, ciascuna di due annate diverse (2002 e 2004) e di due differenti sboccature: una recente, il che significa molti anni sui lieviti; e una datata, il che si traduce in molti anni in bottiglia (e meno mesi sui lieviti). Per un totale di otto vini assaggiati, ma sempre capaci di far goal. Sia nella versione agé sia in quella di “giovane” sboccatura.
Brut Millesimato dunque. Prodotto esclusivamente nelle annate e dai vigneti migliori. Un fuoriclasse (chardonnay al 70% e pinot nero al 30%), pieno, profondo, caratterizzato da qualche nota tostata. Boisé, come il color legno che lo avvolge. Allagando l’etichetta, il collarino e la capsula, che vede reiterata la “M”. Come su tutte le altre etichette, ispirate ai colori della natura. Per un mood green che non dimentica un tocco glamour.
Un Brut Millesimato 2011 perfetto in abbinamento a un risotto con porcini e robiola ai due latti. Preparato nelle cucine di Villa Baiana, utilizzando il riso dell’azienda agricola Salera, che vanta risaie a Garlasco (nel Pavese) e una sede a Martinengo (nella Bergamasca).
Mentre il Satèn si distingue per l’abito verde delicato. A evocare l’eleganza e la raffinatezza dello chardonnay in purezza. Per un moonlight mood.
Colore verde, come l’erba, invece per l’Extra Brut, secco, immediato e scattante. Ottenuto da chardonnay (al 75%) e pinot nero (al 25%). Al naso fiori d’agrumi e frutta. Ideale per l’aperitivo.
E ideale pure con un manzo affumicato e scaglie di bagòss (tipico di Bagolino, nel Bresciano), oppure con un semplice filetto di vitello su letto di spinaci, per chi ama i piatti di terra. In alternativa, con un cremoso di patate, gambero rosso di Mazara del Vallo ed extravergine per chi predilige il mare.
E il Brut (non millesimato)? Svela un tono aranciato, vigoroso e solare come la personalità che lo identifica. Una cuvée radiosa e briosa, espressione dello chardonnay (all’85%) e del pinot nero (al 15%), fra note floreali e sentori di frutta fresca.
E poi c’è il Rosé Demi Sec. Lilla e leggiadro, figlio del pinot nero (al 60%) dello chardonnay (al 40%). Un Franciacorta seducente, come un mazzo di rose.
Ottimo con i formaggi o con un dessert stagionale quale il Monte Bianco. Rivisitato un po’.
Senza dimenticare il Rosé Millesimato Extra Brut, vendemmia 2010: pinot nero all’85% e chardonnay al 15%. Spuma soffice, sentori di frutti di bosco, forza ed energia per questa bottiglia trasparente. Come l’acqua. Anche se si sa, la classe qui non sta certo nell'acqua.
E poi c’è la Riserva Villa Baiana Pas Dosé, vendemmia 2008. Etichetta nera e abissale per questo Franciacorta di lungo corso (sui lieviti). In equilibrio fra chardonnay e pinot nero. Un vino importante. Per piatti importanti.
Ma attenzione. Della collezione fanno pure parte il “Bianco Palanca” e il “Rosso dei Dossi” (cabernet sauvignon e merlot). Due fermi, che non restano indietro.
Infine lui, il pregiato “Selezione Montecolo". Un pezzo raro e prezioso. Creato per celebrare il trentennale dell’azienda, lo scorso anno. Prodotto in sole magnum e in limited edition: 520 esemplari. Nella sua anima: due vendemmie e due vitigni. Della serie, il 15% di pinot nero del 2009 e il restante chardonnay del 2010. L’esclusività in bottiglia. Che porta sempre impressa nel vetro la tiara papale.