C’è la Venezia brulicante di Piazza San Marco. E c’è la Venezia liquida dei canali, dei ponti, delle calli e dei Sospiri. La Venezia dotta dell’arte e la Venezia pop dei bàcari. La Venezia evanescente dei vetri di Murano e la Venezia ironica delle maschere. La Venezia Nativa di Burano, Mazzorbo e Torcello e l’ultima Venezia. Quella che si lascia alle spalle la Serenissima per guardare avanti. Aperta al mare, al mondo e al rumore delle onde. Pronte a tuffarsi nella sabbia.
Una Venezia lontana quella del Lido. Fuori dal coro, fuori dal caos, fuori dai soliti tracciati. Una Venezia quieta, solitaria, a tratti sonnolenta. Eppur travolgente. La Venezia che Gustav von Aschenbach - l’immaginario scrittore uscito dalla sottile penna di Thomas Mann - andò cercando. Scoprendo in lei quel locus amoenus ideale per amare, immaginare e trovare placidamente la morte.
Una Venezia di confine. Altra e diversa. Striscia liminale non certo marginale. Isola fra le isole. Ma un’isola a parte: lunga (12 chilometri) e stretta. L’Isola d’Oro, per via delle sue magnifiche spiagge, in equilibrio fra l’energico Adriatico e il movimento lento delle acque della Laguna. Ed è qui che l’Excelsior Venice Lido Resort esibisce al sole il suo profilo moresco. Un cinque stelle lusso voluto dal lungimirante imprenditore Nicolò Spada, commissionato all’architetto Giovanni Sardi e inaugurato il 21 luglio 1908. Con una gran soirée in perfetto stile Belle Époque. Un albergo fastoso. Anche per via del suo stretto legame con la Mostra Internazionale d’Arte Internazionale del Cinema. Che l’hotel tenne a battesimo, una sera del lontano 1932. Proprio sull’iconica terrazza. Correva l’anno del primo Frankenstein di James Whale e del film Proibito di Frank Capra. In terrazza sfilavano Greta Garbo e Clark Gable, James Cagney e John Barrymore, Joan Crawford e Boris Karloff.
Una liaison che prosegue. Visto che ancor oggi l’ariosa Terrazza Tropicana diviene passerella per attori e registi. Che sul finire dell’estate approdano all’Excelsior. Arrivando in eleganti water taxi, pronti ad attraversare la piccola darsena e ad attraccare al pontile dell’albergo. Per poi sfilare lungo un altro red carpet: quello che dall'ingresso conduce sino alla hall.
Il mare in Terrazza
Una terrace che ha conosciuto le star. E che per tutta la summer session diviene teatro di una proposta griffata da uno chef che di star ne ha ben due: Lionello Cera, patron dell’Antica Osteria Cera di Lughetto di Campagna Lupia. Così, fino al 30 settembre, a cena, Lionello firma il suo pop up restaurant en plein air: il Bistrot del Mare by Cera. Con lo chef Davide Saul Arbib a sovraintendere costantemente la cucina e Simonetta Semenzato a orchestrare la sala. Con la sensibilità che da sempre la contraddistingue.
Un bistrot. Sì, un bistrot che ha tutte le carte in regola per essere un ristorante di gran classe. Perché Lionello è così: se fa una cosa la fa al meglio. E qui dà il suo meglio. Grazie a una carta che rende omaggio alla freschezza del pescato, onorando la Laguna e il Mare Adriatico. Pur non dimenticando alcuni capisaldi della cultura culinaria veneziana. Perché? Perché il mondo deve conoscere i bigoli al torchio in succo di sarde in saor. Ancor meglio se col twist di Lio. Che ricorre a estrazioni e a tecniche contemporanee per esaltare al massimo il sapore del pesce.
Bigoli. Ma anche spaghettini. Anzi, lo spaghettino freddo con aglio, olio, peperoncino, gambero rosso al lime e salsa di zottoli. L’aristocrazia dei crostacei e la verve popolare degli zottoi, sorta di micro seppioline vagabonde. Per un antipasto che sorprende per nettezza e leggerezza. Ottimi in tandem con l’armonioso Chardonnay by Marco Felluga, maison di Gradisca d’Isonzo.
E anche il brodo di canocchie è freddo. Versato live su vongole, gambero rosa, erbe e verdure di Sant’Erasmo. L’orto di Venezia. Protagonista anche di un’altra portata, che inanella uova e verdure. Sempre in maniera estrosa.
Mentre la nature di orata si svela fra acqua di pomodoro, basilico e crosta di pane. Essenziale e minimale.
Pane che torna. Nella zuppa di pesci e molluschi della Laguna (per chi adora far con garbo la scarpetta). E in un’insalata di piovra dorata con cozze e pomodoro.
Intanto, la più esuberante e radiosa catalana di aragosta si mette in bella vista, fra crostacei e verdure. Quasi a raccontare tutto il lusso del mare.
“Con i go invece ci puoi solo fare il fumetto”, precisa Simonetta, mentre serve il risotto di go e limone. Go sta per ghiozzi, piccoli pesci lagunari che vivono là, dove il fondale è sabbioso. Sublimati in una pietanza dal gusto vertiginoso. Fiera d’incontrare un vino del sud come il Greco di Tufo degli irpini Feudi di San Gregorio.
E poi? Ci sono gli gnocchi di patate con bevarasse (lupini, somiglianti ma differenti dalle vongole), calamaretti e bussolai (i tipici biscotti veneziani).
I mezzi paccheri della Laguna sono invece una una brezza mediterranea scandita da sgombro, cozze, olive taggiasche, capperi e pomodoro.
Pomodoro che inonda anche i tortelli al parmigiano e basilico. Per chi ama rimettere per un attimo i piedi sulla terraferma.
Tanto l’acqua alta si ripropone. Nel branzino al vapore con salsa iodata al limone e patata schiacciata. E nel fritto magistrale di alici, gamberetti, calamari e scampi.
Non scordando quel che giunge giornalmente dal mercato. Quale può essere un soaso cotto sulla sua pelle con salsa di cappelunghe al prezzemolo.
Una cucina meticolosa quella di Cera. Lineare eppur abissale. Che segue il pentagramma del mare, intercettandone anche i diesis e i bemolle. E concedendosi qualche fuori programma: come la focaccia farcita, preparata con le farine Petra di Molino Quaglia. Che sempre in Veneto è.
Una cucina in armonica consecutio temporum con una pasticceria altrettanto rigorosa e puntigliosa. Che va dall’insalata di frutta e sorbetti alla piña colada con cocco, rum e ananas; dal biscotto alla nocciola con caffè e spuma calda di cioccolato al tiramisù espresso; dalla meringata di timo limone con gelato di rosmarino, fragole, rabarbaro e kirsch sino alla sfoglia con crema al mascarpone e fragole.
Chicchetti, cocktail e Champagne
E per un aperitivo in terrazza? Voilà una serie di cicchetti. Coerenti col mood Cera. Anche perché le piccole tapas veneziane sono un po’ nel dna dello chef. Figlio di Silvana e di Rino, pescatore: coloro che nel lontano 1966 aprirono a Lughetto una frasca, per proporre i pesci non venduti. Proprio sotto forma di cicchetti, accompagnati da un’ombra de vin.
Antesignano pairing che sulla terrace dell’Excelsior conosce il suo upgrade. Grazie ad alici farcite alle erbe, baccalà mantecato su polentina fritta e a finger usciti dalla mente creativa dello chef. Perfetti se sposati con un seducente Champagne Brut Rosé Chassenay d’Arce.
In alternativa? Ci sono i cocktail messi a punto dal bar manager Tony Micelotta, da ben undici anni in albergo. Pronto a officiare dietro il bancone del Blue Bar. Che si fa notare per la sua aurea vintage, per i tavolini dalle superfici in ceramica e vetro di Murano, per la teoria di foto a tutti vip e per il tocco dell’architetto-designer Ignazio Gardella.
“Nel mio lavoro? C’è poco da imparare e molto da capire”, ammette Tony. Che ha servito personaggi celebri come Claudia Cardinale, George Clooney, Jacqueline Bisset, Matt Damon, Al Pacino e Quentin Tarantino. Ma non chiedetegli nulla. Lui è riservatissimo. Meglio ordinare un drink. Un “Excelsior Spritz", per esempio: con Aperol, Campari, St. Germain (a base di fiori di sambuco) e Prosecco Superiore Valdobbiadene Extra Dry by Bellussi. Che ha dato forma anche alla linea Lido1932 (un Sylvaner, un Müller Thurgau e un Gewürtraminer): ideata in collaborazione con la Biennale di Venezia per ricordare la prima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
Ma da non perdere sono anche il “Martini Atomizer”, con vermouth Martini dry (o Noilly Prat), gin Tanquery Ten e zeste di limone di Sorrento; lo “Stinger”, con il brandy “bolognese” di Villa Zarry e la crème de menthe Bols; e il “Death in Venice”, inchino allo scrittore Mann e al regista Luchino Visconti a ritmo di strawberry liqueur, Cîroc vodka e twist di limone bio.
Di suite e colazioni (quasi) on the beach
Un hotel regale. Che ha visto il passaggio non solo dei personaggi dello spettacolo, ma pure di teste coronate, di magnati e di potenti politici. Ebbene sì, Winston Churchill ha soggiornato qui. Così come Edoardo VIII Duca di Windsor, Don Carlos di Beistegui, Barbara Hutton, Paola e Alberto di Liegi. Complici sale e saloni di assoluto fascino, che ancora adesso portano impressa l’eterna seduzione del primo Novecento. Nonostante diversi ma sempre sapienti restauri. Vedi la preziosa Sala Stucchi, scelta da Sergio Leone per girare la scena del ballo tra Robert De Niro ed Elizabeth McGovern nel film cult C’era una volta in America.
E anche la lobby è un magnifico e arioso salotto. Fiero di aprirsi sulla Corte Moresca, cortile intimo e suggestivo, nutrito di piante, fiori, archi, rivoli d’acqua e fontane. Giusto a ricordare le tipiche architetture andaluse.
Ed è proprio sulla Corte Moresca che si affacciano alcune camere. Mentre altre osservano il mare. Camere e suite: 196 in toto. Incluse le 17 nuovissime room che vanno sotto la categoria Premium: suddivise in Classic, Grand Deluxe e Presidential, liberamente ispirate agli stilemi del Gotico e del Rinascimentale. Ma in una chiave decisamente 3.0. Eccezion fatta per i phon. Audacemente rétro. “Abbiamo voluto mantenere quelli utilizzati da Sophia Loren e Brigitte Bardot per asciugarsi i capelli”, spiega il direttore sales & marketing Daniele Trombacco, facendo riferimento agli Elite a muro. Gli originali, i capostipiti dei più moderni asciugacapelli. Realizzati da un’azienda milanese nel 1975.
“Inoltre, nell’era del digitale abbiamo voluto mantenere un gesto analogico. Quello di poter scrivere una cartolina a chi si ama. La facciamo trovare già in camera. Basta inserirla nel box in legno posizionato nella hall e fatto costruire ad hoc da un falegname, e pensiamo noi alla spedizione”, continua mister Trombacco. Affiancato dal general manager Alessio Lazazzera. Mentre la gestione dell’hotel è nelle mani (dal 2016) della London & Regional Properties Group, che ha attuato un piano di ricapitalizzazione in tandem con Coima SGR, specializzata nella gestione patrimoniale di fondi d’investimento immobiliare.
Insomma, un nuovo corso. Nel pieno rispetto della memoria. Tant’è che pure l’Elimar beach bar & restaurant ha conosciuto un raffinato restyling. Uno spazio fresco e solare, capace di esibire sinuosi intarsi arabeggianti. Con tanto di area lounge allagata da divani, cuscini e poltrone in vimini. Un luogo cool ed esotico, dove assaporare la cucina mediterranea dell’executive chef Damiano Brocchini, (alla guida anche del Ristorante Tropicana). Un salotto marino, dove al mattino godere di una colazione che manda in scena il dolce e il salato, la frutta e la verdura. Non trascurando un excursus di torte, croissant e plumcake.
E poi ci sono il Pool Bar, a bordo piscina. E il Beach Bar, che offre un servizio delivery direttamente in spiaggia. Per poter ordinare uno snack e consumarlo nella capanna. Certo. Qui non vi sono ombrelloni, ma rilassanti chaise longue con patio coperto a corredo. Piccole oasi di tranquillità, distese sulla sabbia, tutte in fila, per un chilometro e mezzo. Anche perché l’Excelsior è l’unico resort della Laguna a godere di una beach privata.
Poco oltre? I campi da tennis e le 18 buche del golf club del Lido, uno dei green più antichi (anno di nascita 1928) e spettacolari d’Italia. La leggenda? Narra che fu l’americano Henry Ford a volerlo costruire sulle rovine di una fortificazione austriaca. Là, nei pressi dell’Oasi WWf Dune degli Alberoni e vicino alla bocca di porto di Malamocco. Isola nell’isola.
Per programmare il viaggio. In occasione della Biennale Arte 2019, chi prenota un soggiorno di almeno tre notti (fino al 27 ottobre) riceve due biglietti gratuiti per visitare entrambe le sedi dell'esposizione: l'Arsenale e i Giardini.
Foto dei piatti e del ritratto di Lionello by Tobia Berti