Parola d’ordine: contaminazione. Fra dolce e salato, sofficità e croccantezza, pasta madre e lievito compresso, pizzeria e cucina. Nel “vangelo” di Bread Religion - il “credo nel pane” siglato Molino Quaglia - l’integralismo è bandito, per lasciar spazio al dialogo tra forme, materie e idee. Come quelle che hanno espresso i proseliti e i profeti dell’arte bianca in occasione della recente edizione di Golosaria Padova. Della serie, nulla si distrugge e tutto si trasforma. E non solo in toast, focacce, panini, burger, brioche e cannoli salati, ma anche in pizze, grissini e biscottini.
E così Calogero Cafà - poco più di trent’anni, radici a Gela e piedi a Cadoneghe, nella sua movimentata La Panetteria Lab - gesticola, riflette, mescola e mette le mani in pasta. Mentre tende l’orecchio verso il nuovo. “Forse non sono un panettiere, ma cerco di sentire, ascoltare e capire la materia prima”, dichiara l’energico Calogero. Che in quello che lui definisce “panificio con cucina” - metà bottega e metà laboratorio a vista - prepara anche gastronomiche delizie come la porchetta, i tramezzini con l’aragosta, il petto d’anatra confit, l’hamburger di carne cruda e cipolla caramellata all’Amarone. Rompendo schemi e stereotipi. “Sì, una cucina d’avanguardia abbinata ai lievitati. Senza mai essere troppo perfetto. Perché alla gente piace la semplicità”, precisa Cafà. Che intanto fa la pizza… partendo da una biga preparata con la farina Panettone. Per poi aggiungere Petra 3, 9 e semola. “La massa deve spingere, altrimenti non ha resa. Praticamente deve andare in palestra”, spiega Calogero. Che dopo aver cotto l’impasto lo farcisce al top con tartare di sottofesa, caviale di melanzane tonde (tagliate al coltello e cotte con olio, sale, pepe e origano) ed extravergine Cherubino della siracusana Terraliva. In onore della “sua” Sicilia.
Viene invece da Negrar e rende omaggio ai monti della Lessinia Petra Antolini: un nome, un destino di usar nobili farine. Dopotutto lei punta in alto ed è a Pescantina, al Settimo Cielo. Nel vero senso della parola. “Quando aprii il mio locale raggiunsi la massima dimensione della felicità. Per questo volli battezzarlo con un termine che rendesse bene l’idea”, racconta Petra. Che, intanto, si muove fra ristorante, forno e spazio per l’asporto - Casa Petra, per l’appunto. “Pizzeria e cucina non stanno agli opposti. Anzi, devono dialogare continuamente”, dice la giovane dai lunghi e lisci capelli corvini. Mentre crea un impasto, al quale concorrono Petra 3 (al 90%) e Petra 9 (al 10%). E sopra? Mousse di gorgonzola di bufala; spinacini selvatici dei Lessini, cresciuti a duemila metri; filettino di pomodoro San Marzano condito e disidratato; filetto di vitello cotto a bassa temperatura e demi-glace. Senza dimenticare di preparare il dolce: sbrisolona (figlia di Petra 9) con mandorle tostate e qualche goccia di grappa all’Amarone. Per morsi ebbri di golosità.